All’VIII Congresso Internazionale di Chimica Applicata, che si tenne a New York e Washington nel 1912, Giacomo Ciamician faceva parte del ristretto gruppo di relatori invitati a rappresentare le nazioni delle quattro lingue ufficiali: francese, tedesco, italiano e inglese. Con un discorso pronunciato in italiano dal titolo "La fotochimica dell'avvenire", sostenne che il sole poteva costituire una valida alternativa energetica al carbone. Ciamician denunciò la “crescente avidità e spensierata prodigalità" con cui si ricorreva al carbone, il combustibile, a rischio di esaurimento, sul quale l'umanità aveva fondato il proprio sviluppo fino a quel momento. L'argomento gli particolarmente era congeniale, perché proprio a Ciamician si debbono le prime indagini sistematiche sull’azione chimica della luce. Il relatore delineò ipotesi ardite, avanzando proposte che sembrarono sogni. Ciamician si domandò se l'energia solare fossile fosse la sola che potesse giovare alla civiltà moderna e se invece non si dovesse ricorrere ad altre fonti di energia. Secondo i calcoli di Ciamician, un chilometro quadrato di superficie tropicale riceveva, per sei ore di insolazione, una quantità di calore equivalente a quella prodotta dalla combustione di 1000 tonnellate di carbone. Per rimediare a questo enorme spreco, Ciamician propose di aumentare prima di tutto la produzione di materia organica vegetale, migliorare le rese delle industrie di trasformazione ed estendere l’impiego dei materiali di origine vegetale. In secondo luogo, suggerì di trasformare le piante in combustibile gassoso. Disse infatti : “La messe, seccata al sole, dovrebbe venire convertita integralmente nel modo più perfetto in combustibile gassoso, avendo cura di fissare durante questa operazione l’ammoniaca (ad es. col sistema Mond) per restituirla poi al terreno quale concime azotato, assieme a tutte le sostanze minerali delle ceneri”. In terzo luogo, sempre secondo Ciamician, occorreva valorizzare la capacità delle piante di produrre sostanze preziose per l’industria (alcaloidi, glucosidi, essenze, gomme e coloranti) che, altrimenti, dovevano essere ricavate per sintesi dai derivati del catrame. D’altronde, non mancò di osservare che: “Negli ultimi tempi alcune industrie organiche si sono sviluppate rigogliosamente all’infuori dell’anello benzolico del catrame”. Poi, citando i risultati ottenuti nel suo laboratorio di Bologna, ricordò che “si può intervenire direttamente nella vita delle piante e modificare in un certo senso i processi chimici che in esse si compiono”. L’ultima prospettiva che indicò riguardava la fotochimica industriale. Secondo Ciamician il problema principale dal punto di vista tecnico era quello di fissare con opportune reazioni fotochimiche l’energia solare. Occorreva imitare il processo di assimilazione delle piante e immaginare pile a base di processi fotochimici. Riferendosi anche alle sue ricerche, immaginava applicazioni industriali degli effetti chimici della luce (polimerizzazioni, isomerizzazioni, idrolisi, ossido-riduzioni ecc…). Nella sua geografia fotochimica, Ciamician riservava alle zone temperate i processi basati sulle piante e ai deserti le applicazioni della fotochimica industriale, in apposite “colonie industriali” con serre e tubi trasparenti. Terminò il suo intervento con un messaggio di speranza, sostenendo che sulla terra, "v’è largamente posto per tutto e per tutti…quando le colture sieno debitamente perfezionate ed intensificate ed adattate razionalmente alla condizioni del clima e del suolo". Affidarsi alla fotochimica voleva dire, secondo lui, costruire una società più tranquilla, meno frettolosa e più felice. Qualcuno considerò il discorso di Ciamician immaginoso e poetico, ma agli americani, notoriamente pragmatici, la poesia non poteva bastare. Non mancarono interviste e lettere di congratulazioni ma, insieme a queste, ci furono richieste di informazioni su quali brevetti avesse già presi per far funzionare “un’officina ...

Sogni e brevetti - La Fotochimica di Ciamician e gli americani

TADDIA, MARCO
2012

Abstract

All’VIII Congresso Internazionale di Chimica Applicata, che si tenne a New York e Washington nel 1912, Giacomo Ciamician faceva parte del ristretto gruppo di relatori invitati a rappresentare le nazioni delle quattro lingue ufficiali: francese, tedesco, italiano e inglese. Con un discorso pronunciato in italiano dal titolo "La fotochimica dell'avvenire", sostenne che il sole poteva costituire una valida alternativa energetica al carbone. Ciamician denunciò la “crescente avidità e spensierata prodigalità" con cui si ricorreva al carbone, il combustibile, a rischio di esaurimento, sul quale l'umanità aveva fondato il proprio sviluppo fino a quel momento. L'argomento gli particolarmente era congeniale, perché proprio a Ciamician si debbono le prime indagini sistematiche sull’azione chimica della luce. Il relatore delineò ipotesi ardite, avanzando proposte che sembrarono sogni. Ciamician si domandò se l'energia solare fossile fosse la sola che potesse giovare alla civiltà moderna e se invece non si dovesse ricorrere ad altre fonti di energia. Secondo i calcoli di Ciamician, un chilometro quadrato di superficie tropicale riceveva, per sei ore di insolazione, una quantità di calore equivalente a quella prodotta dalla combustione di 1000 tonnellate di carbone. Per rimediare a questo enorme spreco, Ciamician propose di aumentare prima di tutto la produzione di materia organica vegetale, migliorare le rese delle industrie di trasformazione ed estendere l’impiego dei materiali di origine vegetale. In secondo luogo, suggerì di trasformare le piante in combustibile gassoso. Disse infatti : “La messe, seccata al sole, dovrebbe venire convertita integralmente nel modo più perfetto in combustibile gassoso, avendo cura di fissare durante questa operazione l’ammoniaca (ad es. col sistema Mond) per restituirla poi al terreno quale concime azotato, assieme a tutte le sostanze minerali delle ceneri”. In terzo luogo, sempre secondo Ciamician, occorreva valorizzare la capacità delle piante di produrre sostanze preziose per l’industria (alcaloidi, glucosidi, essenze, gomme e coloranti) che, altrimenti, dovevano essere ricavate per sintesi dai derivati del catrame. D’altronde, non mancò di osservare che: “Negli ultimi tempi alcune industrie organiche si sono sviluppate rigogliosamente all’infuori dell’anello benzolico del catrame”. Poi, citando i risultati ottenuti nel suo laboratorio di Bologna, ricordò che “si può intervenire direttamente nella vita delle piante e modificare in un certo senso i processi chimici che in esse si compiono”. L’ultima prospettiva che indicò riguardava la fotochimica industriale. Secondo Ciamician il problema principale dal punto di vista tecnico era quello di fissare con opportune reazioni fotochimiche l’energia solare. Occorreva imitare il processo di assimilazione delle piante e immaginare pile a base di processi fotochimici. Riferendosi anche alle sue ricerche, immaginava applicazioni industriali degli effetti chimici della luce (polimerizzazioni, isomerizzazioni, idrolisi, ossido-riduzioni ecc…). Nella sua geografia fotochimica, Ciamician riservava alle zone temperate i processi basati sulle piante e ai deserti le applicazioni della fotochimica industriale, in apposite “colonie industriali” con serre e tubi trasparenti. Terminò il suo intervento con un messaggio di speranza, sostenendo che sulla terra, "v’è largamente posto per tutto e per tutti…quando le colture sieno debitamente perfezionate ed intensificate ed adattate razionalmente alla condizioni del clima e del suolo". Affidarsi alla fotochimica voleva dire, secondo lui, costruire una società più tranquilla, meno frettolosa e più felice. Qualcuno considerò il discorso di Ciamician immaginoso e poetico, ma agli americani, notoriamente pragmatici, la poesia non poteva bastare. Non mancarono interviste e lettere di congratulazioni ma, insieme a queste, ci furono richieste di informazioni su quali brevetti avesse già presi per far funzionare “un’officina ...
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/126399
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact