Nel pragmatico e scettico animo inglese, esiste una forte vena di attrazione per i “paesi del sole”, così liberi, chiassosi e teatrali. A questa suggestione non si sottrasse Ernest William Beckett, Lord Grimthorpe, introverso dandy tardovittoriano, innamorato del sole e nutrito di cultura romantica, che nel 1904 acquistò a Ravello, sulla penisola sorrentina, un podere già appartenente alla famiglia degli Acconciagioco, con l’intenzione di costruirvi una signorile dimora sul golfo di Amalfi. Ne sarebbe uscita probabilmente una raffinata e gelida villa eclettica o liberty se Lord Grimthorpe non avesse preso al proprio servizio come cameriere, in grado da fargli da “interfaccia” con la popolazione locale, Nicola Mansi, figlio di un muratore di Ravello emigrato in Inghilterra per fare il sarto. Con istrionica abilità degna della migliore tradizione napoletana, il Mansi riuscì a convincere Lord Grimthorpe che la villa sarebbe venuta meglio se si fosse affidato non tanto ad un celebre architetto, bensì alle semplici ma appassionate maestranze locali, coordinate da lui stesso, ben lieto di tornare ad esercitare l’arte paterna. Fu così che Grimthorpe poté concretizzare il proprio sogno mediterraneo, isolandosi dal mondo e guarendo da una grave forma depressiva in cui era precipitato a seguito della perdita dell’amatissima giovane moglie. Per 15 anni l’appassionato aristocratico e l’estemporaneo muratore si abbandonarono con felice ed infantile entusiasmo al gioco dei ricordi storici, dei riferimenti stilistici, dei revival delle varie epoche, dando forma ad un “luogo di delizie” unico nel suo genere e decisamente affascinante: Villa Cimbrone. A questo complesso, costituito da un edificio principale e dal suo parco secolare di circa 6 ettari, fu dato un nome che si legasse a “cimbronium”, termine che in epoca romana indicava un vasto podere di lussureggiante vegetazione ove venivano ricavati pregiati legnami. Il nuovo complesso crebbe a tappe con una serie di “episodi” architettonici formalmente e concettualmente autonomi. Il fascino di Villa Cimbrone non risiede nell’impianto generale, del tutto disorganico, e neppure nel valore delle singole componenti, ma nell’atmosfera romantica creata dalle molteplici parti architettoniche e paesistiche accostate in maniera irrituale ma sensibile, dove si mescolano con disinvoltura forme medievali e barocche, suggestioni normanne ed arabeggianti, citazioni latine e tempietti neobizantini. Condizionato in parte da alcune preesistenze precedenti, il Mansi realizzò il Giardino organizzandolo in vari percorsi che si diramano dall’asse principale che attraversa la proprietà da nord a sud. Uno degli “episodi” più interessanti è la Cripta. Neogotico è il Chiostrino d’ingresso in stile arabo-siculo-normanno. I perni architettonici del Giardino, disposto lungo le balze del monte a strapiombo sul mare, sono il Viale dell’Immenso ed il Terrazzo dell’Infinito. Il primo, coperto nella parte iniziale da un enorme glicine, è affiancato da ricchi piccoli giardini, con ortensie, piante esotiche (fra cui una Nolina revoluta di 150 anni), vasi settecenteschi e statue bronzee raffiguranti guerrieri greci. Giunti al Tempio di Cerere si raggiunge la famosa ed impareggiabile Terrazza dell’Infinito ( “La Porta del Sole”), un balcone naturale adorno di busti che si affaccia sulla variegata e multicolore Costa d’Amalfi, con i suoi limoneti e le casette abbarbicate, quasi sospese sul mare scintillante.

M.G.Bellardi (2012). Villa Cimbrone a Ravello. FLORTECNICA, 7/8, I-VI.

Villa Cimbrone a Ravello

BELLARDI, MARIA GRAZIA
2012

Abstract

Nel pragmatico e scettico animo inglese, esiste una forte vena di attrazione per i “paesi del sole”, così liberi, chiassosi e teatrali. A questa suggestione non si sottrasse Ernest William Beckett, Lord Grimthorpe, introverso dandy tardovittoriano, innamorato del sole e nutrito di cultura romantica, che nel 1904 acquistò a Ravello, sulla penisola sorrentina, un podere già appartenente alla famiglia degli Acconciagioco, con l’intenzione di costruirvi una signorile dimora sul golfo di Amalfi. Ne sarebbe uscita probabilmente una raffinata e gelida villa eclettica o liberty se Lord Grimthorpe non avesse preso al proprio servizio come cameriere, in grado da fargli da “interfaccia” con la popolazione locale, Nicola Mansi, figlio di un muratore di Ravello emigrato in Inghilterra per fare il sarto. Con istrionica abilità degna della migliore tradizione napoletana, il Mansi riuscì a convincere Lord Grimthorpe che la villa sarebbe venuta meglio se si fosse affidato non tanto ad un celebre architetto, bensì alle semplici ma appassionate maestranze locali, coordinate da lui stesso, ben lieto di tornare ad esercitare l’arte paterna. Fu così che Grimthorpe poté concretizzare il proprio sogno mediterraneo, isolandosi dal mondo e guarendo da una grave forma depressiva in cui era precipitato a seguito della perdita dell’amatissima giovane moglie. Per 15 anni l’appassionato aristocratico e l’estemporaneo muratore si abbandonarono con felice ed infantile entusiasmo al gioco dei ricordi storici, dei riferimenti stilistici, dei revival delle varie epoche, dando forma ad un “luogo di delizie” unico nel suo genere e decisamente affascinante: Villa Cimbrone. A questo complesso, costituito da un edificio principale e dal suo parco secolare di circa 6 ettari, fu dato un nome che si legasse a “cimbronium”, termine che in epoca romana indicava un vasto podere di lussureggiante vegetazione ove venivano ricavati pregiati legnami. Il nuovo complesso crebbe a tappe con una serie di “episodi” architettonici formalmente e concettualmente autonomi. Il fascino di Villa Cimbrone non risiede nell’impianto generale, del tutto disorganico, e neppure nel valore delle singole componenti, ma nell’atmosfera romantica creata dalle molteplici parti architettoniche e paesistiche accostate in maniera irrituale ma sensibile, dove si mescolano con disinvoltura forme medievali e barocche, suggestioni normanne ed arabeggianti, citazioni latine e tempietti neobizantini. Condizionato in parte da alcune preesistenze precedenti, il Mansi realizzò il Giardino organizzandolo in vari percorsi che si diramano dall’asse principale che attraversa la proprietà da nord a sud. Uno degli “episodi” più interessanti è la Cripta. Neogotico è il Chiostrino d’ingresso in stile arabo-siculo-normanno. I perni architettonici del Giardino, disposto lungo le balze del monte a strapiombo sul mare, sono il Viale dell’Immenso ed il Terrazzo dell’Infinito. Il primo, coperto nella parte iniziale da un enorme glicine, è affiancato da ricchi piccoli giardini, con ortensie, piante esotiche (fra cui una Nolina revoluta di 150 anni), vasi settecenteschi e statue bronzee raffiguranti guerrieri greci. Giunti al Tempio di Cerere si raggiunge la famosa ed impareggiabile Terrazza dell’Infinito ( “La Porta del Sole”), un balcone naturale adorno di busti che si affaccia sulla variegata e multicolore Costa d’Amalfi, con i suoi limoneti e le casette abbarbicate, quasi sospese sul mare scintillante.
2012
M.G.Bellardi (2012). Villa Cimbrone a Ravello. FLORTECNICA, 7/8, I-VI.
M.G.Bellardi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/125809
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