Il saggio si propone di considerare, attraverso un’attenta analisi della discussione sull’"intensio et remissio formarum" sviluppatasi nei dei testi di filosofia naturale prodotti all’università di Bologna nella seconda metà del secolo XIV, il rapporto tra le dottrine filosofiche e le strutture linguistiche più o meno riconosciute e ammesse dagli autori presi in esame. Il saggio muove da una esposizione dei presupposti della discussione sull’intesione delle forme nei testi di autori come Ockham, Duns Scoto e Buridano e ne mette in luce le diverse opzioni sul piano della filosofia del linguaggio. Elementi di simile sofisticazione semantica sono difficilmente rintracciabili nei testi della tradizione universitaria bolognese, tuttavia vi si possono discernere alcune opzioni teoriche di fondo e alcune linee di tendenza affatto generali entro cui pare articolarsi l’intera discussione. Il saggio considera, in particolare, le sottili variazioni concettuali della nozione di "distantia qualitativa" e le loro implicazioni linguistiche nei testi di Giovanni da Casale, Mesino de’ Codronchi, Giacomo da Forlì e Biagio Pelacani, ma soprattutto insiste sull’analisi della compatibilità dei contrari negli autori presi in esame. La posizione prevalente presuppone una dottrina semantica terministica di tipo referenzialistico, tuttavia non mancano analisi alternative, per esempio nell’opera di Angelo da Fossombrone, che mettono in evidenza una graduale mutazione del paradigma metodologico e concettuale terministico.
Intensione delle forme e strutture linguistiche negli scritti bolognesi di filosofia naturale del secolo XIV
BUZZETTI, DINO
2004
Abstract
Il saggio si propone di considerare, attraverso un’attenta analisi della discussione sull’"intensio et remissio formarum" sviluppatasi nei dei testi di filosofia naturale prodotti all’università di Bologna nella seconda metà del secolo XIV, il rapporto tra le dottrine filosofiche e le strutture linguistiche più o meno riconosciute e ammesse dagli autori presi in esame. Il saggio muove da una esposizione dei presupposti della discussione sull’intesione delle forme nei testi di autori come Ockham, Duns Scoto e Buridano e ne mette in luce le diverse opzioni sul piano della filosofia del linguaggio. Elementi di simile sofisticazione semantica sono difficilmente rintracciabili nei testi della tradizione universitaria bolognese, tuttavia vi si possono discernere alcune opzioni teoriche di fondo e alcune linee di tendenza affatto generali entro cui pare articolarsi l’intera discussione. Il saggio considera, in particolare, le sottili variazioni concettuali della nozione di "distantia qualitativa" e le loro implicazioni linguistiche nei testi di Giovanni da Casale, Mesino de’ Codronchi, Giacomo da Forlì e Biagio Pelacani, ma soprattutto insiste sull’analisi della compatibilità dei contrari negli autori presi in esame. La posizione prevalente presuppone una dottrina semantica terministica di tipo referenzialistico, tuttavia non mancano analisi alternative, per esempio nell’opera di Angelo da Fossombrone, che mettono in evidenza una graduale mutazione del paradigma metodologico e concettuale terministico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.