L’ipertensione arteriosa polmonare (IAP) è una severa condizione clinica caratterizzata dal punto di vista emodinamico da valori di pressione arteriosa polmonare media ≥25 mmHg e da normali valori di pressione di incuneamento polmonare (≤15 mmHg). Nella IAP l’aumento della pressione polmonare è dovuto a un processo patologico intrinseco della circolazione polmonare caratterizzato da un marcato rimodellamento proliferativo/ostruttivo della parete vascolare dei vasi polmonari di resistenza. L’aumento delle resistenze vascolari polmonari e il conseguente incremento del carico di lavoro sistolico del ventricolo destro conducono in tempi variabili allo scompenso cardiaco destro; tuttora, nonostante i riconosciuti progressi in ambito terapeutico, la prognosi della malattia è estremamente severa e non esiste una cura. Dal punto di vista clinico, la IAP comprende un gruppo di condizioni patologiche eterogenee: la forma idiopatica, la forma ereditaria e la IAP indotta dall’assunzione di farmaci o tossine rappresentano le tre condizioni nelle quali il disordine proliferativo della circolazione polmonare si manifesta in modo isolato, ovvero in assenza di altre patologie predisponenti; vi sono poi le forme di IAP associate ad altre condizioni cliniche come le malattie del tessuto connettivo, l’infezione da HIV, l’ipertensione portale, le cardiopatie congenite con shunt sistemico-polmonare, la schistosomiasi e le anemie emolitiche croniche. La IAP può presentarsi in tutte le decadi con un’età media al momento della diagnosi di circa 50 anni. I dati epidemiologici dimostrano una chiara influenza del genere femminile sullo sviluppo e sull’espressione fenotipica della IAP. La prevalenza del genere femminile è particolarmente evidente nelle forme di IAP “isolata” mentre nelle forme associate ad altre condizioni cliniche il rapporto femmine/maschi risulta fortemente influenzato dalle caratteristiche epidemiologiche della specifica patologia di base. Gli esatti meccanismi patogenetici responsabili dell’aumento dell’incidenza di IAP nel genere femminile non sono noti: le principali ipotesi attribuiscono un ruolo agli ormoni sessuali (estrogeni), ai meccanismi autoimmunitari e alla presenza di determinanti genetici legati al cromosoma X che possono favorire l’espressione fenotipica della malattia. La presentazione clinica della IAP ha caratteristiche simili nei due sessi, anche se l’età di esordio tende a essere più precoce nelle femmine. Per quanto riguarda gli aspetti prognostici, è stata documentata una correlazione tra genere maschile e rischio più elevato di mortalità: anche questo aspetto potrebbe essere legato all’influenza degli ormoni sessuali femminili che, nonostante possano favorire la patogenesi della IAP, sembrerebbero anche influenzarne favorevolmente il decorso e, in particolare, la risposta ai trattamenti (fenomeno noto come “estrogen paradox”). Il ruolo degli ormoni sessuali sullo sviluppo e sull’espressione fenotipica della IAP è sottolineato dai numerosi report in letteratura che riportano l’esordio della malattia durante la gravidanza e dalla descrizione di soggetti portatori della mutazione del gene BMPR2, responsabile della IAP familiare, che hanno sviluppato la malattia dopo un breve periodo di terapia ormonale sostitutiva. In realtà, mancano prove conclusive che dimostrino la correlazione certa tra ormoni femminili e IAP. Anche il legame tra gravidanza e sviluppo di IAP è tuttora poco chiaro; nonostante ciò, le alterazioni emodinamiche che accompagnano la gravidanza, e principalmente il travaglio e il parto, risultano scarsamente tollerate dalle donne affette da IAP e ciò giustifica la significativa incidenza di deterioramento clinico e l’elevata mortalità materna e fetale che caratterizzano soprattutto le fasi più avanzate della gravidanza quando si realizza il massimo aumento della volemia e della portata cardiaca. Per tale ragione, le attuali linee guida internazionali raccomandano che le pazienti affette da IAP evitino la gravidanza e, qualora si verificasse tale evenienza, suggeriscono di considerarne l’interruzione il più tempestivamente possibile. Se la IAP viene diagnosticata nelle fasi avanzate della gravidanza, è indispensabile uno stretto monitoraggio della paziente ed è preferibile programmare un parto elettivo con lo scopo di favorire la collaborazione tra diversi specialisti (ginecologi e ostetrici, anestesisti e specialisti dedicati alla IAP). Il ruolo dei farmaci contraccettivi orali per la prevenzione delle gravidanze, così come il ruolo della terapia sostitutiva ormonale postmenopausale, è tuttora controverso in quanto, anche se sussiste il sospetto di un legame patogenetico con la IAP, un’associazione formale, basata su studi caso-controllo, non è mai stata documentata.
Manes A, Palazzini M, Dardi F, D'Adamo A, Rinaldi A, Galie' N (2012). Genere femminile e ipertensione arteriosa polmonare: una relazione complessa Female gender and pulmonary arterial hypertension: a complex relationship. GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA, 13, 448-460 [10.1714/1073.11764].
Genere femminile e ipertensione arteriosa polmonare: una relazione complessa Female gender and pulmonary arterial hypertension: a complex relationship
MANES, ALESSANDRA;PALAZZINI, MASSIMILIANO;DARDI, FABIO;RINALDI, ANDREA;GALIE', NAZZARENO
2012
Abstract
L’ipertensione arteriosa polmonare (IAP) è una severa condizione clinica caratterizzata dal punto di vista emodinamico da valori di pressione arteriosa polmonare media ≥25 mmHg e da normali valori di pressione di incuneamento polmonare (≤15 mmHg). Nella IAP l’aumento della pressione polmonare è dovuto a un processo patologico intrinseco della circolazione polmonare caratterizzato da un marcato rimodellamento proliferativo/ostruttivo della parete vascolare dei vasi polmonari di resistenza. L’aumento delle resistenze vascolari polmonari e il conseguente incremento del carico di lavoro sistolico del ventricolo destro conducono in tempi variabili allo scompenso cardiaco destro; tuttora, nonostante i riconosciuti progressi in ambito terapeutico, la prognosi della malattia è estremamente severa e non esiste una cura. Dal punto di vista clinico, la IAP comprende un gruppo di condizioni patologiche eterogenee: la forma idiopatica, la forma ereditaria e la IAP indotta dall’assunzione di farmaci o tossine rappresentano le tre condizioni nelle quali il disordine proliferativo della circolazione polmonare si manifesta in modo isolato, ovvero in assenza di altre patologie predisponenti; vi sono poi le forme di IAP associate ad altre condizioni cliniche come le malattie del tessuto connettivo, l’infezione da HIV, l’ipertensione portale, le cardiopatie congenite con shunt sistemico-polmonare, la schistosomiasi e le anemie emolitiche croniche. La IAP può presentarsi in tutte le decadi con un’età media al momento della diagnosi di circa 50 anni. I dati epidemiologici dimostrano una chiara influenza del genere femminile sullo sviluppo e sull’espressione fenotipica della IAP. La prevalenza del genere femminile è particolarmente evidente nelle forme di IAP “isolata” mentre nelle forme associate ad altre condizioni cliniche il rapporto femmine/maschi risulta fortemente influenzato dalle caratteristiche epidemiologiche della specifica patologia di base. Gli esatti meccanismi patogenetici responsabili dell’aumento dell’incidenza di IAP nel genere femminile non sono noti: le principali ipotesi attribuiscono un ruolo agli ormoni sessuali (estrogeni), ai meccanismi autoimmunitari e alla presenza di determinanti genetici legati al cromosoma X che possono favorire l’espressione fenotipica della malattia. La presentazione clinica della IAP ha caratteristiche simili nei due sessi, anche se l’età di esordio tende a essere più precoce nelle femmine. Per quanto riguarda gli aspetti prognostici, è stata documentata una correlazione tra genere maschile e rischio più elevato di mortalità: anche questo aspetto potrebbe essere legato all’influenza degli ormoni sessuali femminili che, nonostante possano favorire la patogenesi della IAP, sembrerebbero anche influenzarne favorevolmente il decorso e, in particolare, la risposta ai trattamenti (fenomeno noto come “estrogen paradox”). Il ruolo degli ormoni sessuali sullo sviluppo e sull’espressione fenotipica della IAP è sottolineato dai numerosi report in letteratura che riportano l’esordio della malattia durante la gravidanza e dalla descrizione di soggetti portatori della mutazione del gene BMPR2, responsabile della IAP familiare, che hanno sviluppato la malattia dopo un breve periodo di terapia ormonale sostitutiva. In realtà, mancano prove conclusive che dimostrino la correlazione certa tra ormoni femminili e IAP. Anche il legame tra gravidanza e sviluppo di IAP è tuttora poco chiaro; nonostante ciò, le alterazioni emodinamiche che accompagnano la gravidanza, e principalmente il travaglio e il parto, risultano scarsamente tollerate dalle donne affette da IAP e ciò giustifica la significativa incidenza di deterioramento clinico e l’elevata mortalità materna e fetale che caratterizzano soprattutto le fasi più avanzate della gravidanza quando si realizza il massimo aumento della volemia e della portata cardiaca. Per tale ragione, le attuali linee guida internazionali raccomandano che le pazienti affette da IAP evitino la gravidanza e, qualora si verificasse tale evenienza, suggeriscono di considerarne l’interruzione il più tempestivamente possibile. Se la IAP viene diagnosticata nelle fasi avanzate della gravidanza, è indispensabile uno stretto monitoraggio della paziente ed è preferibile programmare un parto elettivo con lo scopo di favorire la collaborazione tra diversi specialisti (ginecologi e ostetrici, anestesisti e specialisti dedicati alla IAP). Il ruolo dei farmaci contraccettivi orali per la prevenzione delle gravidanze, così come il ruolo della terapia sostitutiva ormonale postmenopausale, è tuttora controverso in quanto, anche se sussiste il sospetto di un legame patogenetico con la IAP, un’associazione formale, basata su studi caso-controllo, non è mai stata documentata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.