Figlio di Simone, conte di Leicester e leader del movimento riformatore che mirava a limitare gli eccessi del potere regio in Inghilterra, Guido partecipò attivamente all’ultima fase delle campagne paterne fino alla pesante sconfitta di Evesham (1265) in occasione della quale fu gravemente ferito e fatto prigioniero. Portatosi in Italia dopo la conquista angioina, mostrò tutto il suo valore militare in occasione della battaglia di Tagliacozzo (1268), combattendo furiosamente nella mischia e guadagnandosi la riconoscenza di Carlo I d’Angiò che nel 1269 gli concesse la contea di Nola e lo creò prima vicario generale in Sicilia, quindi nel 1270 vicario generale per la Toscana Con la sottomissione di Siena e il matrimonio con Margherita Aldobrandeschi, erede di uno dei maggiori patrimoni feudali della Toscana, Montfort raggiunse l’apice della sua carriera politica e militare. Inspiegabilmente, nel 1271, quando ormai le sorti personali sembravano destinate a successi sempre maggiori, spinto dal desiderio di vendicare la morte del padre, Montfort si rese protagonista di uno degli episodi più atroci del Medioevo occidentale: l’assassinio del cugino Enrico di Cornovaglia, un episodio che determinò, per la seconda volta nel giro di pochissimi anni, la disastrosa rovina della famiglia anglo-francese dei Montfort. Privato dei feudi e delle cariche, scomunicato e costretto alla latitanza, quindi incarcerato e, alfine, rientrato nelle grazie del papa e del re di Sicilia, Guido cadde nelle mani degli aragonesi nel 1287 e si spense sul finire del 1291, dopo quattro anni di dura detenzione in un carcere siciliano. La gravità del delitto di Viterbo, che ebbe immediatamente un’eco internazionale, arricchendosi di particolari atti a ingigantire la drammaticità dell’evento (come la circostanza, riportata in alcuni racconti cronachistici e in diversi commentatori danteschi, dell’omicidio che si sarebbe consumato nel momento più sacro della celebrazione: l’elevazione del corpo di Cristo), ha assicurato la triste fama di Montfort attraverso i secoli. Dante – senza farne il nome, poiché la notorietà del delitto commesso era sufficiente a identificarne l’autore – lo colloca nel settimo cerchio dell’Inferno, fra gli assassini, immerso fino alla gola nelle acque ribollenti del bulicame, isolato persino rispetto agli altri dannati, «un’ombra da l’un canto sola», per l’enormità del crimine commesso «in grembo a Dio», ovvero in un luogo consacrato e durante la celebrazione della messa (cfr. Inferno, XII, vv. 118-120). Nel corso del Trecento, se in alcune fonti letterarie è ricordato in maniera apparentemente neutra, come avviene nel Dittamondo di Fazio degli Uberti («Un poco prima, dove più si stava sicuro Arrigo, il conte di Monforte l’alma del cuor con un coltel li cava»), in altre viene ricordato positivamente: Boccaccio in una novella del Decameron testimonia la fama di ascoltato e virtuoso consigliere di Carlo I d’Angiò che accompagnava Montfort negli ambienti guelfi e filoangioini.

B. Pio (2012). Montfort, Guido di. ROMA : Istituto della Enciclopedia Italiana.

Montfort, Guido di

PIO, BERARDO
2012

Abstract

Figlio di Simone, conte di Leicester e leader del movimento riformatore che mirava a limitare gli eccessi del potere regio in Inghilterra, Guido partecipò attivamente all’ultima fase delle campagne paterne fino alla pesante sconfitta di Evesham (1265) in occasione della quale fu gravemente ferito e fatto prigioniero. Portatosi in Italia dopo la conquista angioina, mostrò tutto il suo valore militare in occasione della battaglia di Tagliacozzo (1268), combattendo furiosamente nella mischia e guadagnandosi la riconoscenza di Carlo I d’Angiò che nel 1269 gli concesse la contea di Nola e lo creò prima vicario generale in Sicilia, quindi nel 1270 vicario generale per la Toscana Con la sottomissione di Siena e il matrimonio con Margherita Aldobrandeschi, erede di uno dei maggiori patrimoni feudali della Toscana, Montfort raggiunse l’apice della sua carriera politica e militare. Inspiegabilmente, nel 1271, quando ormai le sorti personali sembravano destinate a successi sempre maggiori, spinto dal desiderio di vendicare la morte del padre, Montfort si rese protagonista di uno degli episodi più atroci del Medioevo occidentale: l’assassinio del cugino Enrico di Cornovaglia, un episodio che determinò, per la seconda volta nel giro di pochissimi anni, la disastrosa rovina della famiglia anglo-francese dei Montfort. Privato dei feudi e delle cariche, scomunicato e costretto alla latitanza, quindi incarcerato e, alfine, rientrato nelle grazie del papa e del re di Sicilia, Guido cadde nelle mani degli aragonesi nel 1287 e si spense sul finire del 1291, dopo quattro anni di dura detenzione in un carcere siciliano. La gravità del delitto di Viterbo, che ebbe immediatamente un’eco internazionale, arricchendosi di particolari atti a ingigantire la drammaticità dell’evento (come la circostanza, riportata in alcuni racconti cronachistici e in diversi commentatori danteschi, dell’omicidio che si sarebbe consumato nel momento più sacro della celebrazione: l’elevazione del corpo di Cristo), ha assicurato la triste fama di Montfort attraverso i secoli. Dante – senza farne il nome, poiché la notorietà del delitto commesso era sufficiente a identificarne l’autore – lo colloca nel settimo cerchio dell’Inferno, fra gli assassini, immerso fino alla gola nelle acque ribollenti del bulicame, isolato persino rispetto agli altri dannati, «un’ombra da l’un canto sola», per l’enormità del crimine commesso «in grembo a Dio», ovvero in un luogo consacrato e durante la celebrazione della messa (cfr. Inferno, XII, vv. 118-120). Nel corso del Trecento, se in alcune fonti letterarie è ricordato in maniera apparentemente neutra, come avviene nel Dittamondo di Fazio degli Uberti («Un poco prima, dove più si stava sicuro Arrigo, il conte di Monforte l’alma del cuor con un coltel li cava»), in altre viene ricordato positivamente: Boccaccio in una novella del Decameron testimonia la fama di ascoltato e virtuoso consigliere di Carlo I d’Angiò che accompagnava Montfort negli ambienti guelfi e filoangioini.
2012
Dizionario biografico degli Italiani, vol. 76
204
209
B. Pio (2012). Montfort, Guido di. ROMA : Istituto della Enciclopedia Italiana.
B. Pio
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