Chi meglio della professione medica potrebbe assumersi il ruolo di guardiano e avvocato dei bisogni sanitari e umanitari delle popolazioni civili intrappolate in una guerra?” Mentre la popolazione della Striscia di Gaza cerca faticosamente di riappropriarsi delle attività quotidiane necessarie a sopravvivere, le autorità palestinesi e la comunità internazionale fanno il punto sui bisogni a breve e più lungo termine e sulle risposte da dare. Nel settore sanitario, oltre a contare i morti e i feriti, si tenta di stimare anche gli effetti indiretti che la violentissima offensiva militare israeliana ha avuto sulla salute dei palestinesi in termini di mancato accesso a farmaci e cure mediche essenziali, ad acqua potabile, a cibo e a tutte quelle condizioni (come un tetto, il riposo, la vicinanza di amici e parenti) che sono indispensabili al mantenimento di un livello minimo di salute fisica e mentale. Per medici e operatori sanitari è anche il momento di cominciare a trarre le prime conclusioni in termini di insegnamenti appresi e soluzioni da proporre per il futuro della nostra professione. Durante i terribili eventi di Gaza un editoriale della prestigiosa rivista medica The Lancet suggeriva che nei giorni seguenti alla emergenza la comunità medica internazionale avrebbe potuto “utilizzare questa catastrofe come catalizzatrice di un cambiamento che porti a migliorare la risposta medica e umanitaria nei conflitti.”[1] “Un buon punto di partenza”, scriveva l’editoriale, potrebbe essere la “riaffermazione globale della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che racchiude il valore dell’uguaglianza della vita umana, e della Convenzione di Ginevra, che protegge i civili e il personale medico durante un conflitto.”

Una finestra sulla Palestina. Gaza: il ruolo degli operatori sanitari / A. Stefanini. - In: GIORNALE ITALIANO DI FARMACIA CLINICA. - ISSN 1120-3749. - STAMPA. - 23(1):(2009), pp. 46-48.

Una finestra sulla Palestina. Gaza: il ruolo degli operatori sanitari.

STEFANINI, ANGELO
2009

Abstract

Chi meglio della professione medica potrebbe assumersi il ruolo di guardiano e avvocato dei bisogni sanitari e umanitari delle popolazioni civili intrappolate in una guerra?” Mentre la popolazione della Striscia di Gaza cerca faticosamente di riappropriarsi delle attività quotidiane necessarie a sopravvivere, le autorità palestinesi e la comunità internazionale fanno il punto sui bisogni a breve e più lungo termine e sulle risposte da dare. Nel settore sanitario, oltre a contare i morti e i feriti, si tenta di stimare anche gli effetti indiretti che la violentissima offensiva militare israeliana ha avuto sulla salute dei palestinesi in termini di mancato accesso a farmaci e cure mediche essenziali, ad acqua potabile, a cibo e a tutte quelle condizioni (come un tetto, il riposo, la vicinanza di amici e parenti) che sono indispensabili al mantenimento di un livello minimo di salute fisica e mentale. Per medici e operatori sanitari è anche il momento di cominciare a trarre le prime conclusioni in termini di insegnamenti appresi e soluzioni da proporre per il futuro della nostra professione. Durante i terribili eventi di Gaza un editoriale della prestigiosa rivista medica The Lancet suggeriva che nei giorni seguenti alla emergenza la comunità medica internazionale avrebbe potuto “utilizzare questa catastrofe come catalizzatrice di un cambiamento che porti a migliorare la risposta medica e umanitaria nei conflitti.”[1] “Un buon punto di partenza”, scriveva l’editoriale, potrebbe essere la “riaffermazione globale della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che racchiude il valore dell’uguaglianza della vita umana, e della Convenzione di Ginevra, che protegge i civili e il personale medico durante un conflitto.”
2009
Una finestra sulla Palestina. Gaza: il ruolo degli operatori sanitari / A. Stefanini. - In: GIORNALE ITALIANO DI FARMACIA CLINICA. - ISSN 1120-3749. - STAMPA. - 23(1):(2009), pp. 46-48.
A. Stefanini
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