Horoki (Diario di una vagabonda, 1928-1029) è il lavoro di esordio di Hayashi Fumiko (1903-1951), figura inconsapevolmente emblematica di quella che potremmo definire la fase del femminismo liberale giapponese. Da sempre i critici si trovano in difficoltà nel classificare quest’opera, nel contempo diario, romanzo e poesia. Io credo che semplicemente rappresenti una sfida cosciente al rigido sistema dei generi letterari: Horoki cioè problematizza il discorso sul genre in senso ampio, in quanto mette in discussione non solo la legittimità di una classificazione della scrittura in base alle categorie forma e contenuto, ma anche quella di una distinzione fra letteratura e altri tipi di testo. Il suo tratto più distintivo è la fluidità formale, la capacità cioè di scivolare continuamente da una forma all'altra, da un genere – e da un sotto–genere – all'altro. Ma va oltre: si distingue per la totale mancanza di rispetto per confini e categorie, che plasma lo stesso significato tematico dell'opera. Il collasso dei confini di genere e delle categorie connesse alla produzione letteraria diventa la cornice della mappa della cultura moderna che il testo disegna. La fluidità della scrittura si fa metafora del tema dell'opera, un viaggio attraverso un paesaggio culturale e sociale altrettanto fluido. In Horoki il narratore negozia la propria posizione all’interno di vari spazi, a loro volta associati a categorie quali il gender, la famiglia e la classe sociale. E nel corso di questo processo, e negli interstizi tra uno spazio e l'altro, vede la luce una nuova identità femminile. Nonostante l’innegabile natura autobiografica, il testo va oltre il resoconto dell'esperienza personale, per disegnare una mappa del più vasto ambiente culturale della Tokyo degli anni Venti. La città viene vista e mostrata come un luogo dove le istituzioni sociali e culturali che fissano la soggettività si stanno dissolvendo, e costituisce lo scenario sullo sfondo del quale, travalicando categorie come la famiglia, la femminilità, il desiderio e la classe sociale, si sviluppa il movimento erratico che è il vero nucleo generatore dell’opera. E nella dissoluzione/decostruzione dei confini e delle categorie, vedono la luce una scrittura autobiografica dalla natura frammentaria, discontinua e elusiva, e un nuovo soggetto femminile, molteplice, plurale e acentrico.
P. Scrolavezza (2008). Il testo nomade: Horoki di Hayashi Fumiko. VENEZIA : Cartotecnica veneziana editrice.
Il testo nomade: Horoki di Hayashi Fumiko
SCROLAVEZZA, PAOLA
2008
Abstract
Horoki (Diario di una vagabonda, 1928-1029) è il lavoro di esordio di Hayashi Fumiko (1903-1951), figura inconsapevolmente emblematica di quella che potremmo definire la fase del femminismo liberale giapponese. Da sempre i critici si trovano in difficoltà nel classificare quest’opera, nel contempo diario, romanzo e poesia. Io credo che semplicemente rappresenti una sfida cosciente al rigido sistema dei generi letterari: Horoki cioè problematizza il discorso sul genre in senso ampio, in quanto mette in discussione non solo la legittimità di una classificazione della scrittura in base alle categorie forma e contenuto, ma anche quella di una distinzione fra letteratura e altri tipi di testo. Il suo tratto più distintivo è la fluidità formale, la capacità cioè di scivolare continuamente da una forma all'altra, da un genere – e da un sotto–genere – all'altro. Ma va oltre: si distingue per la totale mancanza di rispetto per confini e categorie, che plasma lo stesso significato tematico dell'opera. Il collasso dei confini di genere e delle categorie connesse alla produzione letteraria diventa la cornice della mappa della cultura moderna che il testo disegna. La fluidità della scrittura si fa metafora del tema dell'opera, un viaggio attraverso un paesaggio culturale e sociale altrettanto fluido. In Horoki il narratore negozia la propria posizione all’interno di vari spazi, a loro volta associati a categorie quali il gender, la famiglia e la classe sociale. E nel corso di questo processo, e negli interstizi tra uno spazio e l'altro, vede la luce una nuova identità femminile. Nonostante l’innegabile natura autobiografica, il testo va oltre il resoconto dell'esperienza personale, per disegnare una mappa del più vasto ambiente culturale della Tokyo degli anni Venti. La città viene vista e mostrata come un luogo dove le istituzioni sociali e culturali che fissano la soggettività si stanno dissolvendo, e costituisce lo scenario sullo sfondo del quale, travalicando categorie come la famiglia, la femminilità, il desiderio e la classe sociale, si sviluppa il movimento erratico che è il vero nucleo generatore dell’opera. E nella dissoluzione/decostruzione dei confini e delle categorie, vedono la luce una scrittura autobiografica dalla natura frammentaria, discontinua e elusiva, e un nuovo soggetto femminile, molteplice, plurale e acentrico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.