Partendo dai dati di ogni singolo processo iscritto a ruolo nelle Sezioni Lavoro dei Tribunali di Milano (anni 2000-2005) e Torino (anno 2005), questa ricerca analizza il modo individuale di lavoro dei singoli giudici trovando conferma della teoria secondo cui, a parit`a di casi sopravvenuti, la durata totale media dei processi (dall’iscrizione alla conclusione con sentenza, conciliazione o altra forma) `e inferiore per i magistrati che lavorano su pochi casi contemporaneamente cercando di chiuderli rapidamente, prima di aprirne di nuovi tra quelli in coda nel loro ruolo. Viceversa, i magistrati che lavorano in parallelo su molti casi, li esauriscono pi`u lentamente, ne concludono meno per unit`a di tempo e accumulano un carico pendente crescente nel tempo. Questa teoria contribuisce in modo rilevante a spiegare come mai all’interno di ciascuna delle due sedi, e quindi a parit`a di risorse, di organizzazione, e di quantit`a e qualit`a delle controversie, ci siano magistrati che impiegano da 2 a 3 volte pi`u tempo di altri per terminare i processi a loro assegnati. La chiave della diversa performance sta nel fatto che chi tiene “poche pentole contemporaneamente sul fuoco” riesce a “cucinare pi`u pasti” per unit`a di tempo. Se un giudice lavorasse in modo pi`u sequenziale, ad esempio dimezzando il numero di processi di cui inizia ad occuparsi in ogni trimestre a parit`a di sopravvenuti, ridurrebbe la durata di tutti i sopravvenuti del trimestre di oltre 3 mesi sui 9 mediamente necessari. Per ottenere lo stesso effetto lavorando con maggiore impegno, lo stesso giudice dovrebbe riuscire ad effettuare circa 90 udienze in pi`u rispetto alle 390 svolte in media per trimestre. La teoria contribuisce anche a spiegare come mai i processi a Torino durino in media 174 giorni contro i 324 di Milano, nonostante il numero di casi sopravvenuti per giudice sia maggiore nel capoluogo piemontese e le due sedi siano relativamente simili per contesto economico e qualit`a delle controversie. I nostri risultati suggeriscono come sia possibile migliorare il metodo individuale di lavoro dei magistrati per ottimizzare l’uso delle risorse attualmente dedicate alla giustizia.

A. Ichino, D. Coviello, N. Persico (2012). Giudici in affanno. ANNUARIO DI DIRITTO COMPARATO E DI STUDI LEGISLATIVI, 1, 241-280.

Giudici in affanno

ICHINO, ANDREA;
2012

Abstract

Partendo dai dati di ogni singolo processo iscritto a ruolo nelle Sezioni Lavoro dei Tribunali di Milano (anni 2000-2005) e Torino (anno 2005), questa ricerca analizza il modo individuale di lavoro dei singoli giudici trovando conferma della teoria secondo cui, a parit`a di casi sopravvenuti, la durata totale media dei processi (dall’iscrizione alla conclusione con sentenza, conciliazione o altra forma) `e inferiore per i magistrati che lavorano su pochi casi contemporaneamente cercando di chiuderli rapidamente, prima di aprirne di nuovi tra quelli in coda nel loro ruolo. Viceversa, i magistrati che lavorano in parallelo su molti casi, li esauriscono pi`u lentamente, ne concludono meno per unit`a di tempo e accumulano un carico pendente crescente nel tempo. Questa teoria contribuisce in modo rilevante a spiegare come mai all’interno di ciascuna delle due sedi, e quindi a parit`a di risorse, di organizzazione, e di quantit`a e qualit`a delle controversie, ci siano magistrati che impiegano da 2 a 3 volte pi`u tempo di altri per terminare i processi a loro assegnati. La chiave della diversa performance sta nel fatto che chi tiene “poche pentole contemporaneamente sul fuoco” riesce a “cucinare pi`u pasti” per unit`a di tempo. Se un giudice lavorasse in modo pi`u sequenziale, ad esempio dimezzando il numero di processi di cui inizia ad occuparsi in ogni trimestre a parit`a di sopravvenuti, ridurrebbe la durata di tutti i sopravvenuti del trimestre di oltre 3 mesi sui 9 mediamente necessari. Per ottenere lo stesso effetto lavorando con maggiore impegno, lo stesso giudice dovrebbe riuscire ad effettuare circa 90 udienze in pi`u rispetto alle 390 svolte in media per trimestre. La teoria contribuisce anche a spiegare come mai i processi a Torino durino in media 174 giorni contro i 324 di Milano, nonostante il numero di casi sopravvenuti per giudice sia maggiore nel capoluogo piemontese e le due sedi siano relativamente simili per contesto economico e qualit`a delle controversie. I nostri risultati suggeriscono come sia possibile migliorare il metodo individuale di lavoro dei magistrati per ottimizzare l’uso delle risorse attualmente dedicate alla giustizia.
2012
A. Ichino, D. Coviello, N. Persico (2012). Giudici in affanno. ANNUARIO DI DIRITTO COMPARATO E DI STUDI LEGISLATIVI, 1, 241-280.
A. Ichino; D. Coviello; N. Persico
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/107830
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