Il contributo si propone di verificare il grado e l’effettività dell’apertura delle diposizioni del vigente Codex Iuris Canonici per la Chiesa latina a culture anche giuridiche diverse rispetto a quella - prevalentemente europea - di cui esso è frutto. Infatti, specie dopo il Concilio Vaticano II era doveroso attendersi dalla codificazione un impegno coraggioso nell’allentare la morsa di un diritto pontificio che a volte poteva apparire soffocante, attenuando l’accentramento e volgendosi alla ricchezza della pluriformità dell’ecumene: ricongiungendosi, così, il diritto ecclesiale, alla sua antica ed ininterrotta tradizione di vitale radicamento nella realtà concreta delle differenti comunità di christifideles. Vengono quindi esaminate le fonti di produzione normativa che possono schiudere l’accesso ad un pluralismo cristiano prezioso che non compromette in alcun modo l’unità della Chiesa ed anzi la rafforza, analizzandone l’estensione e le potenzialità, ma anche gli ostacoli incontrati e le carenze registrate. Ci si sofferma, poi, su un ambito particolarmente significativo ove l’esigenza dell’inculturazione pare prospettarsi in maniera più urgente, e nel quale, per contro, essa rischia di non essere accolta. Alludiamo al settore afferente agli organi di governo ecclesiali così come delineati dal diritto codiciale: talune strutture, da una parte sono sovente imposte a comunità cristiane cui sono estranee e comunque recepibili con grandi difficoltà, dall’altra non di rado si rivelano anacronistiche o meritevoli di riforma pure in quell’Occidente che ne è stato la culla.
Boni G. (2011). La rilevanza della diversità delle culture nel Codex Iuris Canonici. AD GENTES, 15 - 2, 195-211.
La rilevanza della diversità delle culture nel Codex Iuris Canonici
BONI, GERALDINA
2011
Abstract
Il contributo si propone di verificare il grado e l’effettività dell’apertura delle diposizioni del vigente Codex Iuris Canonici per la Chiesa latina a culture anche giuridiche diverse rispetto a quella - prevalentemente europea - di cui esso è frutto. Infatti, specie dopo il Concilio Vaticano II era doveroso attendersi dalla codificazione un impegno coraggioso nell’allentare la morsa di un diritto pontificio che a volte poteva apparire soffocante, attenuando l’accentramento e volgendosi alla ricchezza della pluriformità dell’ecumene: ricongiungendosi, così, il diritto ecclesiale, alla sua antica ed ininterrotta tradizione di vitale radicamento nella realtà concreta delle differenti comunità di christifideles. Vengono quindi esaminate le fonti di produzione normativa che possono schiudere l’accesso ad un pluralismo cristiano prezioso che non compromette in alcun modo l’unità della Chiesa ed anzi la rafforza, analizzandone l’estensione e le potenzialità, ma anche gli ostacoli incontrati e le carenze registrate. Ci si sofferma, poi, su un ambito particolarmente significativo ove l’esigenza dell’inculturazione pare prospettarsi in maniera più urgente, e nel quale, per contro, essa rischia di non essere accolta. Alludiamo al settore afferente agli organi di governo ecclesiali così come delineati dal diritto codiciale: talune strutture, da una parte sono sovente imposte a comunità cristiane cui sono estranee e comunque recepibili con grandi difficoltà, dall’altra non di rado si rivelano anacronistiche o meritevoli di riforma pure in quell’Occidente che ne è stato la culla.File | Dimensione | Formato | |
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