Accostare – come suggerisce il titolo di questo contributo – le forme di partecipazione alla democrazia rappresentativa implica una scelta metodologica fondamentale, volta a delimitare l’orizzonte dell’indagine. L’obiettivo di questo lavoro non è quello di enumerare in astratto le modalità di partecipazione del cittadino alla politica, secondo un approccio che condurrebbe semplicemente a elencare gran parte dei diritti politici e associativi previsti dalla Costituzione. Non sarebbe di grande utilità interrogarsi sulle forme attraverso cui il cittadino, in Italia, partecipa alla vita pubblica, limitandosi a descrivere le sue prerogative in rapporto all’organizzazione rappresentativa. Si tratterebbe, infatti, di una prospettiva tutto sommato scontata, che finirebbe col ridursi a un elenco di corollari del principio personalista, che, secondo la Costituzione italiana, informa le relazioni tra governanti e governati. Non si intende, in altri termini, indagare la posizione del cittadino nella forma di Stato italiana: un’analisi del genere peccherebbe di astrattismo, per giungere infine allaprevedibile conclusione che, in Italia, la democrazia rappresentativa costituisce la principale modalità di organizzazione del potere politico, comunque legittimata dagli stessi diritti di partecipazione del cittadino (diritto di voto, diritto di associazione in partiti, ecc.). Più interessante appare, invece, verificare in che modo la partecipazione del cittadino incida sulla dinamica della forma di governo e, di conseguenza, sulla funzione di indirizzo politico. In altri termini, la finalità di questo saggio è esplorare – a partire dal dato costituzionale – le forme attraverso cui il cittadino prende parte all’assunzione di decisioni politicamente rilevanti, cioè a quelle decisioni volte a orientare la comunità politica verso fini generali. Tale analisi richiede di interrogarsi sull’impatto degli istituti di democrazia diretta sul sistema politico, ma non può limitarsi a questo. Poiché è attraverso la partecipazione elettorale (il voto) che il cittadino legittima e indirizza il funzionamento stesso della democrazia rappresentativa, non è possibile prescindere da una riflessione sullo stato di salute del governo parlamentare, concreta modalità attraverso cui, nel nostro ordinamento, si realizza la democrazia rappresentativa. Per questa ragione, l’indagine dovrà essere condotta anche alla luce di una visione sistematica delle relazioni tra i meccanismi partecipativi e gli orizzonti della democrazia rappresentativa, nonché della dialettica che, alla prova della prassi, si è sviluppata tra questi due poli. Senza anticipare quanto si andrà dicendo nel prosieguo, si può si da ora segnalare come l’impatto degli orientamenti del cittadino sulle decisioni politiche generali sia stato, nel nostro ordinamento, tutto sommato marginale. Gli istituti di democrazia diretta costituzionalmente rilevanti sono stati in parte depotenziati dalla Corte costituzionale e comunque egemonizzati dai partiti e dai protagonisti della democrazia rappresentativa (par. 2). Anche il contributo del cittadino alla legittimazione del processo rappresentativo, la cd. in-put legitimacy1, si è progressivamente risolto in una delega di potere ai partiti politici rappresentati in parlamento. I tentativi di superare gli eccessi assemblearistici della nostra forma di governo, ereditati, per ragioni storiche, dalla Costituente, e di precostituire le condizioni per un voto del cittadino per un governo, anche, ma non soltanto, per l’inadeguatezza delle soluzioni proposte (come quella, da ultimo, del cd. premierato, par. 3.1.). Di fronte a questo stallo, emergono nuove forme di partecipazione. Si pensi, ad esempio, alla partecipazione popolare attraverso gli strumenti disciplinati a livello regionale, oppure alle azioni giudiziali strategiche, che utilizzano i canali giurisdizionali per promuovere battaglie politiche su specifici issues tralasciati dalle forze di maggioranza o, più in generale, dai soggetti che si muovono entro il circuito democraticorappresentativo. Questi tentativi mirano a invertire l’ordine di priorità fissato dai protagonisti della democrazia rappresentativa, attraverso la valorizzazione di strade alternative ai tradizionali meccanismi di decisione politica. Nell’incapacità della intermediazioneparlamentare di includere le rivendicazioni del pluralismo sociale, questi percorsi mirano a “giuridificare” nuove pretese, altrimenti marginalizzate da partiti e istituzioni rappresentative. D’altro canto, la valorizzazione del pluralismo, in assenza di un percorso istituzionale che riesca, attraverso un processo di integrazione e mediazione, a sintetizzare le esigenze sociali orientandole alla soddisfazione di interessi generali, rischia di frammentare l’indirizzo politico, impoverendo la capacità del sistema di fornire prestazioni di unità politica (par. 4). In sintesi, è difficile non concludere che, oggi, la partecipazione del cittadino in Italia è ridotta a un contributo atomistico, incapace di promuovere temi e questioni che siano ripresi dai protagonisti della democrazia rappresentativa. Allo stesso tempo, la partecipazione popolare o, meglio la capacità del cittadino di legittimare gli organi rappresentativi si arresta alla mera testimonianza elettorale, alla investitura, dal basso, di élite politiche autoreferenziali, che rischiano di trasformare la poliarchia rappresentativa2 in un assetto oligarchico incapace di arricchire i contenuti dell’unità politica e, quindi, sviluppare e aggiornare il programma di emancipazione sociale codificato dalla Costituzione. Per tale ragione, una volta superata la proposta di premierato attualmente in discussione in Parlamento è necessario riprendere il filo del discorso delle riforme istituzionali, per rafforzare, all’uno, la politica rappresentativa e la partecipazione attiva della cittadinanza (par. 5).
Caruso, C. (2025). PARTECIPARE PER DECIDERE: DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E FORME DI PARTECIPAZIONE IN ITALIA. GRUPPO DI PISA, 9(Fascicolo speciale monografico), 15-28.
PARTECIPARE PER DECIDERE: DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E FORME DI PARTECIPAZIONE IN ITALIA
Caruso, Corrado
2025
Abstract
Accostare – come suggerisce il titolo di questo contributo – le forme di partecipazione alla democrazia rappresentativa implica una scelta metodologica fondamentale, volta a delimitare l’orizzonte dell’indagine. L’obiettivo di questo lavoro non è quello di enumerare in astratto le modalità di partecipazione del cittadino alla politica, secondo un approccio che condurrebbe semplicemente a elencare gran parte dei diritti politici e associativi previsti dalla Costituzione. Non sarebbe di grande utilità interrogarsi sulle forme attraverso cui il cittadino, in Italia, partecipa alla vita pubblica, limitandosi a descrivere le sue prerogative in rapporto all’organizzazione rappresentativa. Si tratterebbe, infatti, di una prospettiva tutto sommato scontata, che finirebbe col ridursi a un elenco di corollari del principio personalista, che, secondo la Costituzione italiana, informa le relazioni tra governanti e governati. Non si intende, in altri termini, indagare la posizione del cittadino nella forma di Stato italiana: un’analisi del genere peccherebbe di astrattismo, per giungere infine allaprevedibile conclusione che, in Italia, la democrazia rappresentativa costituisce la principale modalità di organizzazione del potere politico, comunque legittimata dagli stessi diritti di partecipazione del cittadino (diritto di voto, diritto di associazione in partiti, ecc.). Più interessante appare, invece, verificare in che modo la partecipazione del cittadino incida sulla dinamica della forma di governo e, di conseguenza, sulla funzione di indirizzo politico. In altri termini, la finalità di questo saggio è esplorare – a partire dal dato costituzionale – le forme attraverso cui il cittadino prende parte all’assunzione di decisioni politicamente rilevanti, cioè a quelle decisioni volte a orientare la comunità politica verso fini generali. Tale analisi richiede di interrogarsi sull’impatto degli istituti di democrazia diretta sul sistema politico, ma non può limitarsi a questo. Poiché è attraverso la partecipazione elettorale (il voto) che il cittadino legittima e indirizza il funzionamento stesso della democrazia rappresentativa, non è possibile prescindere da una riflessione sullo stato di salute del governo parlamentare, concreta modalità attraverso cui, nel nostro ordinamento, si realizza la democrazia rappresentativa. Per questa ragione, l’indagine dovrà essere condotta anche alla luce di una visione sistematica delle relazioni tra i meccanismi partecipativi e gli orizzonti della democrazia rappresentativa, nonché della dialettica che, alla prova della prassi, si è sviluppata tra questi due poli. Senza anticipare quanto si andrà dicendo nel prosieguo, si può si da ora segnalare come l’impatto degli orientamenti del cittadino sulle decisioni politiche generali sia stato, nel nostro ordinamento, tutto sommato marginale. Gli istituti di democrazia diretta costituzionalmente rilevanti sono stati in parte depotenziati dalla Corte costituzionale e comunque egemonizzati dai partiti e dai protagonisti della democrazia rappresentativa (par. 2). Anche il contributo del cittadino alla legittimazione del processo rappresentativo, la cd. in-put legitimacy1, si è progressivamente risolto in una delega di potere ai partiti politici rappresentati in parlamento. I tentativi di superare gli eccessi assemblearistici della nostra forma di governo, ereditati, per ragioni storiche, dalla Costituente, e di precostituire le condizioni per un voto del cittadino per un governo, anche, ma non soltanto, per l’inadeguatezza delle soluzioni proposte (come quella, da ultimo, del cd. premierato, par. 3.1.). Di fronte a questo stallo, emergono nuove forme di partecipazione. Si pensi, ad esempio, alla partecipazione popolare attraverso gli strumenti disciplinati a livello regionale, oppure alle azioni giudiziali strategiche, che utilizzano i canali giurisdizionali per promuovere battaglie politiche su specifici issues tralasciati dalle forze di maggioranza o, più in generale, dai soggetti che si muovono entro il circuito democraticorappresentativo. Questi tentativi mirano a invertire l’ordine di priorità fissato dai protagonisti della democrazia rappresentativa, attraverso la valorizzazione di strade alternative ai tradizionali meccanismi di decisione politica. Nell’incapacità della intermediazioneparlamentare di includere le rivendicazioni del pluralismo sociale, questi percorsi mirano a “giuridificare” nuove pretese, altrimenti marginalizzate da partiti e istituzioni rappresentative. D’altro canto, la valorizzazione del pluralismo, in assenza di un percorso istituzionale che riesca, attraverso un processo di integrazione e mediazione, a sintetizzare le esigenze sociali orientandole alla soddisfazione di interessi generali, rischia di frammentare l’indirizzo politico, impoverendo la capacità del sistema di fornire prestazioni di unità politica (par. 4). In sintesi, è difficile non concludere che, oggi, la partecipazione del cittadino in Italia è ridotta a un contributo atomistico, incapace di promuovere temi e questioni che siano ripresi dai protagonisti della democrazia rappresentativa. Allo stesso tempo, la partecipazione popolare o, meglio la capacità del cittadino di legittimare gli organi rappresentativi si arresta alla mera testimonianza elettorale, alla investitura, dal basso, di élite politiche autoreferenziali, che rischiano di trasformare la poliarchia rappresentativa2 in un assetto oligarchico incapace di arricchire i contenuti dell’unità politica e, quindi, sviluppare e aggiornare il programma di emancipazione sociale codificato dalla Costituzione. Per tale ragione, una volta superata la proposta di premierato attualmente in discussione in Parlamento è necessario riprendere il filo del discorso delle riforme istituzionali, per rafforzare, all’uno, la politica rappresentativa e la partecipazione attiva della cittadinanza (par. 5).| File | Dimensione | Formato | |
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