Alla ricerca di un punto di equilibrio tra autonomia istituzionale ed effettività del diritto per le forme di integrazione amministrativa nel settore digitale

Con il Trattato di Lisbona, la continua dialettica – imposta dal processo di integrazione europea – tra Unione e Stati membri ha contribuito a modificare profondamente l’originario modello politico-istituzionale dell’esercizio delle competenze esecutive. Basti pensare all’attenuazione della prospettiva decentrata (“federalismo esecutivo”) tramite il trasferimento di poteri esecutivi in capo ad alcune delle istituzioni europee per assicurare l’effettività del diritto dell’Unione. Questa spinta alla centralizzazione del potere esecutivo assume rinnovato vigore nella regolamentazione del digitale (dati e tecnologie): in questo settore, infatti, sembrano affermarsi due tendenze regolatorie. Da un lato, l’attribuzione alla Commissione di ampie competenze esecutive e, dall’altro, la proliferazione di disposizioni che obbligano gli Stati ad istituire autorità amministrative indipendenti e prevedere meccanismi di cooperazione reciproca. In ragione dei limiti che tali tendenze comportano all’autonomia istituzionale degli Stati, la domanda da cui prende le mosse la presente analisi riguarda la loro proporzionalità rispetto al generale obiettivo di assicurare l’effettività del diritto europeo. Una volta ricostruito il quadro teorico di riferimento, verrà valutata la compatibilità delle scelte legislative in ambito digitale con i principi generali del diritto dell’Unione (nello specifico, il principio di effettività e quello di autonomia istituzionale). Un’attenzione particolare sarà riservata alle forme di coordinamento amministrativo previste in tale settore per verificarne le potenzialità come strumenti che, rispetto ad altre tipologie di intervento, consentono di garantire l’effettività del diritto senza compromettere la sovranità degli Stati nell’attuazione dello stesso.