A Roma, come negli altri centri rilevanti della cultura rinascimentale e barocca, si afferma un uso esuberante delle architetture effimere a carattere celebrativo e cerimoniale. Queste costruzioni in legno, cartapesta, gesso e altri materiali perituri, talvolta si traducono in anticipazioni programmatiche o profetiche di architetture in pietra, destinate a sfidare il tempo. A partire dal XVI secolo, gli apparati celebrativi romani, in primis quelli per i possessi papali, si fanno particolarmente imponenti. Progettati dai più celebri architetti, essi talvolta imprimono un’impronta riconoscibile negli edifici costruiti successivamente e nella sistemazione di luoghi pubblici, attestandosi come anticipazioni sperimentali delle trasformazioni di Roma, modello per altre città nel Rinascimento. Quali apparati cerimoniali si traducono o influenzano la forma urbis che si va rifigurando? Che relazioni legano le architetture effimere e la loro “pietrificazione”? Per abbozzare risposte a queste domande, il saggio analizza alcuni episodi significativi del primo Cinquecento romano, in particolare i progetti e le realizzazioni di Antonio da Sangallo il Giovane afferenti alcune parti della città in mutamento, nei quali l’architetto fiorentino riporta l’impronta dalle architetture effimere realizzate – spesso da lui stesso – in precedenti occasioni festive a scala urbana.
Antonucci, M. (2024). Temporaneo e perenne: l’eredità delle architetture effimere romane di Antonio da Sangallo il Giovane. Roma : Campisano Editore.
Temporaneo e perenne: l’eredità delle architetture effimere romane di Antonio da Sangallo il Giovane
Micaela Antonucci
2024
Abstract
A Roma, come negli altri centri rilevanti della cultura rinascimentale e barocca, si afferma un uso esuberante delle architetture effimere a carattere celebrativo e cerimoniale. Queste costruzioni in legno, cartapesta, gesso e altri materiali perituri, talvolta si traducono in anticipazioni programmatiche o profetiche di architetture in pietra, destinate a sfidare il tempo. A partire dal XVI secolo, gli apparati celebrativi romani, in primis quelli per i possessi papali, si fanno particolarmente imponenti. Progettati dai più celebri architetti, essi talvolta imprimono un’impronta riconoscibile negli edifici costruiti successivamente e nella sistemazione di luoghi pubblici, attestandosi come anticipazioni sperimentali delle trasformazioni di Roma, modello per altre città nel Rinascimento. Quali apparati cerimoniali si traducono o influenzano la forma urbis che si va rifigurando? Che relazioni legano le architetture effimere e la loro “pietrificazione”? Per abbozzare risposte a queste domande, il saggio analizza alcuni episodi significativi del primo Cinquecento romano, in particolare i progetti e le realizzazioni di Antonio da Sangallo il Giovane afferenti alcune parti della città in mutamento, nei quali l’architetto fiorentino riporta l’impronta dalle architetture effimere realizzate – spesso da lui stesso – in precedenti occasioni festive a scala urbana.| File | Dimensione | Formato | |
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