Raramente – forse mai con tale smaccata sproporzione – un evento sportivo di portata e riconoscimento globale subisce una “damnatio memoriae” delle proprie origini e dei propri padri fondatori, popolarmente generalizzata come quella che continua a gravare sul “Giro d’Italia” di ciclismo. L’evenienza è tanto paradossale quanto clamorosamente appare estesa non solo la letteratura scientifica, ma anche la pubblicistica divulgativa – rivolta ad un trasversale bacino di tifosi – che a tutt’oggi insiste in un profluvio di analisi statistiche, disamine nozionistiche e rievocazioni romantiche dai più svariati angoli visuali1. A ben guardare, il fattore di fibrillazione tra la ricerca storiografica e la memorialistica comune degli appassionati sembra risiedere in un difetto d’attenzione della prima, che tende a concentrare lo sforzo di “ricostruzione validata” sul tracciato novecentesco della “Corsa Rosa”, lasciando troppo poco presidiati – anche per via di una grave penuria di fonti archivistiche – i momenti embrionali di una grande competizione sportiva pur tenuta a battesimo dalla nascente stampa per le masse2: gli anni Venti del XX secolo vengono allora a imporsi quali “Colonne d’Ercole”, eterodosse cesure periodizzanti, di un discorso scientificamente falsificato relativo al “Giro”, il quale invece non si sforza di rischiararne altrettanto adeguatamente i primordi esistenziali, condannando genesi ed esordi ad una troppo superficiale elencazione di fatti, responsabilità e personalità, che inesorabilmente lasciano poi germinare fumose ambiguità e zone d’ombra nello sguardo più generalista.
Guzzo, D. (2021). I natali dimenticati di un successo nazionale: il rimosso popolare intorno agli esordi del Giro d’Italia. BIBLIOMANIE, 52, 1-17 [10.48276/issn.2280-8833.9623].
I natali dimenticati di un successo nazionale: il rimosso popolare intorno agli esordi del Giro d’Italia
Domenico Guzzo
2021
Abstract
Raramente – forse mai con tale smaccata sproporzione – un evento sportivo di portata e riconoscimento globale subisce una “damnatio memoriae” delle proprie origini e dei propri padri fondatori, popolarmente generalizzata come quella che continua a gravare sul “Giro d’Italia” di ciclismo. L’evenienza è tanto paradossale quanto clamorosamente appare estesa non solo la letteratura scientifica, ma anche la pubblicistica divulgativa – rivolta ad un trasversale bacino di tifosi – che a tutt’oggi insiste in un profluvio di analisi statistiche, disamine nozionistiche e rievocazioni romantiche dai più svariati angoli visuali1. A ben guardare, il fattore di fibrillazione tra la ricerca storiografica e la memorialistica comune degli appassionati sembra risiedere in un difetto d’attenzione della prima, che tende a concentrare lo sforzo di “ricostruzione validata” sul tracciato novecentesco della “Corsa Rosa”, lasciando troppo poco presidiati – anche per via di una grave penuria di fonti archivistiche – i momenti embrionali di una grande competizione sportiva pur tenuta a battesimo dalla nascente stampa per le masse2: gli anni Venti del XX secolo vengono allora a imporsi quali “Colonne d’Ercole”, eterodosse cesure periodizzanti, di un discorso scientificamente falsificato relativo al “Giro”, il quale invece non si sforza di rischiararne altrettanto adeguatamente i primordi esistenziali, condannando genesi ed esordi ad una troppo superficiale elencazione di fatti, responsabilità e personalità, che inesorabilmente lasciano poi germinare fumose ambiguità e zone d’ombra nello sguardo più generalista.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


