Quando i resti umani costituiscono un campione di individui sufficientemente numeroso e ipoteticamente rappresentativo di una popolazione, socialmente selezionata o naturale che sia, è possibile trarre informazioni di carattere più generale circa l’assetto bioantropologico e demografico della popolazione stessa, nonché sulle sue condizioni di salute, di sussistenza e di natura occupazionale o sociale. Questo processo conoscitivo sfrutta l’innata capacità plastica che hanno le ossa di registrare gli avvenimenti della vita, del lavoro svolto, dell’alimentazione assunta e, in molti casi, delle malattie patite. Elementi che concorrono alla comprensione e conoscenza di popolazioni o singoli individui, magari vissuti cronologicamente o topograficamente distanti da noi. Non deve quindi sorprendere se i resti umani antichi, oltre a rappresentare innegabilmente un corpus di affetti e legami privati e che riconducono direttamente alla vita vissuta della persona, divengano anche un vero e proprio archivio biologico in grado di mostrarci il contesto sociale in cui quella persona ha trascorso la sua vita. La raccolta di resti in parte scheletrizzati e mummificati che afferisce alla collezione Boccolari-Parenti, presentati in mostra e oggetto di analisi bioantropologiche dirette e strumentali, non rappresenta una popolazione naturale, questo campione antropologico è stato infatti selezionato e prelevato dalla necropoli di provenienza sul finire dell’Ottocento, con scopo conoscitivo e per mostrare aspetti “stupefacenti” di popolazioni lontane, senza particolari approcci di natura archeologica che oggigiorno regolano eticamente questo tipo di ritrovamenti. Da questo tipo di selezione non è mai possibile trarre convincenti e solidi dati demografici, epidemiologici e statistici, essendo il campione stesso frutto di un agito intenzionale antropico, che ha di fatto selezionato il campione prelevato in assenza di una necessità di natura bioantropologica alla base. L’analisi di popolazioni selezionate, come nel nostro caso rappresenta comunque un momento innegabilmente importante, perché in grado di fornire approfondimenti e offrire suggestioni sulla popolazione naturale da cui è derivata. Se poi questo campione popolazionistico, questa collezione antropologica, questo archivio biologico, proviene da una collezione museale che ne abbia tutelato l’integrità e garantito la corretta conservazione, è possibile pervenire a nuove scoperte e a dare risposte a vecchi quesiti grazie all’applicazione di nuove tecnologie, non disponibili al momento del loro recupero. Oppure, a volte, suggerire nuove stimolanti domande e aprire scenari mai sospettati che aspettavano solo di essere immaginati.
Traversari, M., Pasquinelli, G., Ventura, L. (2024). Il contributo delle indagini biologiche e chimico-fisiche applicate alla collezione Boccolari-Parenti. Firenze : All'Insegna del Giglio.
Il contributo delle indagini biologiche e chimico-fisiche applicate alla collezione Boccolari-Parenti
Mirko Traversari
Primo
;Gianandrea PasquinelliSecondo
;
2024
Abstract
Quando i resti umani costituiscono un campione di individui sufficientemente numeroso e ipoteticamente rappresentativo di una popolazione, socialmente selezionata o naturale che sia, è possibile trarre informazioni di carattere più generale circa l’assetto bioantropologico e demografico della popolazione stessa, nonché sulle sue condizioni di salute, di sussistenza e di natura occupazionale o sociale. Questo processo conoscitivo sfrutta l’innata capacità plastica che hanno le ossa di registrare gli avvenimenti della vita, del lavoro svolto, dell’alimentazione assunta e, in molti casi, delle malattie patite. Elementi che concorrono alla comprensione e conoscenza di popolazioni o singoli individui, magari vissuti cronologicamente o topograficamente distanti da noi. Non deve quindi sorprendere se i resti umani antichi, oltre a rappresentare innegabilmente un corpus di affetti e legami privati e che riconducono direttamente alla vita vissuta della persona, divengano anche un vero e proprio archivio biologico in grado di mostrarci il contesto sociale in cui quella persona ha trascorso la sua vita. La raccolta di resti in parte scheletrizzati e mummificati che afferisce alla collezione Boccolari-Parenti, presentati in mostra e oggetto di analisi bioantropologiche dirette e strumentali, non rappresenta una popolazione naturale, questo campione antropologico è stato infatti selezionato e prelevato dalla necropoli di provenienza sul finire dell’Ottocento, con scopo conoscitivo e per mostrare aspetti “stupefacenti” di popolazioni lontane, senza particolari approcci di natura archeologica che oggigiorno regolano eticamente questo tipo di ritrovamenti. Da questo tipo di selezione non è mai possibile trarre convincenti e solidi dati demografici, epidemiologici e statistici, essendo il campione stesso frutto di un agito intenzionale antropico, che ha di fatto selezionato il campione prelevato in assenza di una necessità di natura bioantropologica alla base. L’analisi di popolazioni selezionate, come nel nostro caso rappresenta comunque un momento innegabilmente importante, perché in grado di fornire approfondimenti e offrire suggestioni sulla popolazione naturale da cui è derivata. Se poi questo campione popolazionistico, questa collezione antropologica, questo archivio biologico, proviene da una collezione museale che ne abbia tutelato l’integrità e garantito la corretta conservazione, è possibile pervenire a nuove scoperte e a dare risposte a vecchi quesiti grazie all’applicazione di nuove tecnologie, non disponibili al momento del loro recupero. Oppure, a volte, suggerire nuove stimolanti domande e aprire scenari mai sospettati che aspettavano solo di essere immaginati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


