Sempre di più, in questa epoca post-pandemica, appare evidente quanto l’Università, al pari delle altre Istituzioni, non possa essere più un luogo di sapere autoreferenziale, una torre d’avorio in cui la conoscenza e la ricerca proliferino senza instaurare un confronto con la società, ma, al contrario, che l’Università sia incubatrice di iniziative e progettualità in grado di avere un impatto sociale, stabilendo sinergie con le amministrazioni pubbliche, con altre istituzioni, con organizzazioni e associazioni non profit, con agenzie di servizi, così come con aziende e altri attori del settore privato. Per inquadrare questo nuovo tipo di Ateneo, che si assume una crescente responsabilità sociale, puntando a valorizzare e diffondere la conoscenza a beneficio della collettività, alcuni recenti studi hanno proposto il concetto di Civic University, ovvero un’università disposta a investire al fine di avere un impatto al di là dell’accademia, nella consapevolezza di contribuire al bene comune e al bene pubblico, come parte attiva dei contesti, territori e società in cui sono inserite. In questo nuovo scenario, quella che era stata genericamente indicata come la terza missione dell’Università, dopo la ricerca e la didattica, è stata recentemente declinata come Public Engagement, enfatizzando come la conoscenza accademica possa produrre un cambiamento sociale. Partecipare attivamente a questo cambiamento in atto significa per noi in primis ripensare al ruolo sociale dell’arte, al di là del valore dell’arte per l’arte, che rimane comunque un elemento costitutivo degli oggetti e dei linguaggi che studiamo, e il presente volume è il primo tangibile risultato prodotto da un gruppo eterogeno di studiosi afferenti a discipline diverse che condividono l’appartenenza al DAR, Dipartimento delle Arti, della Università di Bologna. Questa differente visione del ruolo della Università trova eco e si intreccia con un ripensamento delle arti in funzione del loro valore pubblico e del loro impatto sulla collettività. Considerando che il DAR è l’attuale incarnazione del DAMS fondato a Bologna nel 1971, non stupisce il suo continuo ruolo pionieristico sui terreni più ibridi della sperimentazione accademica. In più di cinquanta anni di attività, sono numerosi gli esempi di innovazione didattica, programmazione trasversale e ricadute sociali che questa istituzione universitaria ha generato. In particolare, questo è stato ed è possibile grazie al carattere multidisciplinare degli insegnamenti proposti e alla spinta di alcuni ricercatori verso la contaminazione non solo dei diversi linguaggi di espressione artistica ma anche tra le arti e le discipline sociali, storiche, politiche e filosofiche, tutti ambiti oggi ben rappresentati all’interno del DAR. Tra le maglie del Dipartimento delle Arti di Bologna, negli interstizi tra discipline, nelle sfumature e nelle convergenze tra saperi che contraddistinguono la cultura umanistica, sta prendendo forma una progettualità fondata sull’idea che le arti siano uno strumento privilegiato non solo per valorizzare le conoscenze in senso lato, ma per produrre cambiamento sociale. Sulla scorta di pratiche nate nell’ambito delle avanguardie storiche e delle neoavanguardie durante il Novecento – di natura relazionale, partecipativa,sociale o di critica istituzionale – le arti visive, performative e mediali hanno il “potere” di dare “potere”, ovvero di sviluppare forme di “empowerment” e “agency”, in altre parole di responsabilizzare i loro pubblici facendo leva sulla loro natura attrattiva, e sulla loro percezione diffusa come le forme più elevate dell’espressione umana e al contempo veicoli di riflessione, nella costruzione di immaginari anche alternativi alla referenzialità della esperienza nell’agire quotidiano. Non a caso, l’idea delle arti che emerge dai saggi raccolti per questo volume è quella di fungere da dispositivo per attuare percorsi di riflessività individuale e collettiva, capace di risvegliare un senso di comunità, attraverso esperienze estetiche che promuovano azioni collettive mirate a trasformare la quotidianità.

Paltrinieri, R., Spampinato, F. (2024). Arti come Agency. Il valore sociale e politico delle arti nelle comunità. Milano : FrancoAngeli.

Arti come Agency. Il valore sociale e politico delle arti nelle comunità

R. Paltrinieri
Co-primo
Membro del Collaboration Group
;
F. Spampinato
Co-primo
Membro del Collaboration Group
2024

Abstract

Sempre di più, in questa epoca post-pandemica, appare evidente quanto l’Università, al pari delle altre Istituzioni, non possa essere più un luogo di sapere autoreferenziale, una torre d’avorio in cui la conoscenza e la ricerca proliferino senza instaurare un confronto con la società, ma, al contrario, che l’Università sia incubatrice di iniziative e progettualità in grado di avere un impatto sociale, stabilendo sinergie con le amministrazioni pubbliche, con altre istituzioni, con organizzazioni e associazioni non profit, con agenzie di servizi, così come con aziende e altri attori del settore privato. Per inquadrare questo nuovo tipo di Ateneo, che si assume una crescente responsabilità sociale, puntando a valorizzare e diffondere la conoscenza a beneficio della collettività, alcuni recenti studi hanno proposto il concetto di Civic University, ovvero un’università disposta a investire al fine di avere un impatto al di là dell’accademia, nella consapevolezza di contribuire al bene comune e al bene pubblico, come parte attiva dei contesti, territori e società in cui sono inserite. In questo nuovo scenario, quella che era stata genericamente indicata come la terza missione dell’Università, dopo la ricerca e la didattica, è stata recentemente declinata come Public Engagement, enfatizzando come la conoscenza accademica possa produrre un cambiamento sociale. Partecipare attivamente a questo cambiamento in atto significa per noi in primis ripensare al ruolo sociale dell’arte, al di là del valore dell’arte per l’arte, che rimane comunque un elemento costitutivo degli oggetti e dei linguaggi che studiamo, e il presente volume è il primo tangibile risultato prodotto da un gruppo eterogeno di studiosi afferenti a discipline diverse che condividono l’appartenenza al DAR, Dipartimento delle Arti, della Università di Bologna. Questa differente visione del ruolo della Università trova eco e si intreccia con un ripensamento delle arti in funzione del loro valore pubblico e del loro impatto sulla collettività. Considerando che il DAR è l’attuale incarnazione del DAMS fondato a Bologna nel 1971, non stupisce il suo continuo ruolo pionieristico sui terreni più ibridi della sperimentazione accademica. In più di cinquanta anni di attività, sono numerosi gli esempi di innovazione didattica, programmazione trasversale e ricadute sociali che questa istituzione universitaria ha generato. In particolare, questo è stato ed è possibile grazie al carattere multidisciplinare degli insegnamenti proposti e alla spinta di alcuni ricercatori verso la contaminazione non solo dei diversi linguaggi di espressione artistica ma anche tra le arti e le discipline sociali, storiche, politiche e filosofiche, tutti ambiti oggi ben rappresentati all’interno del DAR. Tra le maglie del Dipartimento delle Arti di Bologna, negli interstizi tra discipline, nelle sfumature e nelle convergenze tra saperi che contraddistinguono la cultura umanistica, sta prendendo forma una progettualità fondata sull’idea che le arti siano uno strumento privilegiato non solo per valorizzare le conoscenze in senso lato, ma per produrre cambiamento sociale. Sulla scorta di pratiche nate nell’ambito delle avanguardie storiche e delle neoavanguardie durante il Novecento – di natura relazionale, partecipativa,sociale o di critica istituzionale – le arti visive, performative e mediali hanno il “potere” di dare “potere”, ovvero di sviluppare forme di “empowerment” e “agency”, in altre parole di responsabilizzare i loro pubblici facendo leva sulla loro natura attrattiva, e sulla loro percezione diffusa come le forme più elevate dell’espressione umana e al contempo veicoli di riflessione, nella costruzione di immaginari anche alternativi alla referenzialità della esperienza nell’agire quotidiano. Non a caso, l’idea delle arti che emerge dai saggi raccolti per questo volume è quella di fungere da dispositivo per attuare percorsi di riflessività individuale e collettiva, capace di risvegliare un senso di comunità, attraverso esperienze estetiche che promuovano azioni collettive mirate a trasformare la quotidianità.
2024
115
9788835166696
Paltrinieri, R., Spampinato, F. (2024). Arti come Agency. Il valore sociale e politico delle arti nelle comunità. Milano : FrancoAngeli.
Paltrinieri, R.; Spampinato, F.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/999990
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