Abitare mondi/living worlds propone una lettura del contemporaneo esponendo una sommatoria di esperienze in cui l’interpretazione delle peculiarità dei luoghi conduce a espressioni linguistiche dal carattere autonomo. Se “il linguaggio è lo strumento principale del rifiuto dell’uomo di accettare il mondo com’è”, come in Um Filme falado di Manoel de Oliveira l’allusione alla possibilità di un dialogo interculturale induce a riflettere sulla reale disponibilità dell’uomo ad ascoltare, a distinguere simultaneamente le sfumature che concorrono a realizzare la complessità del mondo. Il termine di confronto che articola e stabilisce un legame di affinità tra i diversi progetti fotografici scorge allora forti similitudini nella capacità di riconoscere l’insieme di relazioni tra le persone e i luoghi, pronte a rinnovarsi quotidianamente. Il segno di tali legami, sia esso frutto dell’individuazione di tradizionali radici ataviche o esito di recenti attribuzioni di matrice socio-culturale, pone al centro della questione l’interdipendenza tra individuo e senso dell’abitare. Il soggetto fisico si confronta con l’ambiente che lo circonda trovando una misura tra sé e le cose, così, attraverso i segni che si sovrappongono sul volto, egli manifesta la leale capacità di appartenere e quindi di abitare. Se “l’abitare è il modo in cui i mortali sono sulla terra” la casa costituisce il ricettacolo per eccellenza che “più che tracciare una divisione tra cultura e natura”, come sostiene Marco Aime, “esprime una relazione tra questi due concetti”.
S. Rössl (2010). Mettere al mondo il mondo. RIMINI : Pazzini Editore.
Mettere al mondo il mondo
ROSSL, STEFANIA
2010
Abstract
Abitare mondi/living worlds propone una lettura del contemporaneo esponendo una sommatoria di esperienze in cui l’interpretazione delle peculiarità dei luoghi conduce a espressioni linguistiche dal carattere autonomo. Se “il linguaggio è lo strumento principale del rifiuto dell’uomo di accettare il mondo com’è”, come in Um Filme falado di Manoel de Oliveira l’allusione alla possibilità di un dialogo interculturale induce a riflettere sulla reale disponibilità dell’uomo ad ascoltare, a distinguere simultaneamente le sfumature che concorrono a realizzare la complessità del mondo. Il termine di confronto che articola e stabilisce un legame di affinità tra i diversi progetti fotografici scorge allora forti similitudini nella capacità di riconoscere l’insieme di relazioni tra le persone e i luoghi, pronte a rinnovarsi quotidianamente. Il segno di tali legami, sia esso frutto dell’individuazione di tradizionali radici ataviche o esito di recenti attribuzioni di matrice socio-culturale, pone al centro della questione l’interdipendenza tra individuo e senso dell’abitare. Il soggetto fisico si confronta con l’ambiente che lo circonda trovando una misura tra sé e le cose, così, attraverso i segni che si sovrappongono sul volto, egli manifesta la leale capacità di appartenere e quindi di abitare. Se “l’abitare è il modo in cui i mortali sono sulla terra” la casa costituisce il ricettacolo per eccellenza che “più che tracciare una divisione tra cultura e natura”, come sostiene Marco Aime, “esprime una relazione tra questi due concetti”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.