Il contributo propone una lettura dell’Isola riflessa di Fabrizia Ramondino (1998b) in cui il rapporto tra prossimità e distanza viene considerato a partire dal concetto di soglia. La scrittura di Ramondino, infatti, incorpora la liminalità dei soggetti nomadi (Deleuze & Guattari, 1980; Braidotti, 2011), diventando luogo di incontro con l’alterità e di apertura al molteplice. Attraverso una serie di esempi selezionati dal testo, si mostrerà come la frammentazione dell’esperienza ritrovi la sua organicità attorno al concetto di fuga, che l’autrice declina sul piano temporale, spaziale e soggettivo, allenando lo sguardo – e quindi la scrittura – a ridurre la distanza tra dettaglio e paesaggio, tra il particolare e il contesto circostante. In senso storico, la marginalità vissuta in prima persona dall’autrice la mette in contatto con il passato dell’isola di Ventotene, con le figure del pirata e dell’eremita e, in generale, con tutti i “fantasmi” che nel tempo si sono stratificati nella memoria dei luoghi, storie nella storia. Spazialmente questa particolare condizione è rappresentata dalla costa, soglia geografica in cui la protagonista dell’Isola vive momenti di massima crisi ed estroversione, sulla base dei quali si propone un’interpretazione della costa come luogo simbolo dell’ibrido tout court, il mostro, il deviante dalla norma (Chen, 2013). Concludendo, quello dell’Isola riflessa è un soggetto continuamente esposto all’incontro con l’altro da sé e ipertrofico lungo la scala spazio-temporale, in oscillazione continua tra identificazione e estraneità con l’isola. Il desiderio di evasione interroga e mette in crisi la tenuta dei confini dell’isola quanto quelli del corpo. Un corpo che incessantemente scrive, in ascolto dei corpi e delle storie che l’isola racchiude, rintracciando i segni di una violenza intersezionale e trans-temporale. In altre parole, assumendo quella che qui viene definita “postura ecologica”, capace di restituire stilisticamente un approccio etico e politico orientato alla complessità e alla relazione.
Francesca Nardi (2024). Scrivere sulla soglia. Alterità ed ecologia nell’Isola riflessa di Fabrizia Ramondino. Roma : Edizioni Efesto.
Scrivere sulla soglia. Alterità ed ecologia nell’Isola riflessa di Fabrizia Ramondino
Francesca Nardi
2024
Abstract
Il contributo propone una lettura dell’Isola riflessa di Fabrizia Ramondino (1998b) in cui il rapporto tra prossimità e distanza viene considerato a partire dal concetto di soglia. La scrittura di Ramondino, infatti, incorpora la liminalità dei soggetti nomadi (Deleuze & Guattari, 1980; Braidotti, 2011), diventando luogo di incontro con l’alterità e di apertura al molteplice. Attraverso una serie di esempi selezionati dal testo, si mostrerà come la frammentazione dell’esperienza ritrovi la sua organicità attorno al concetto di fuga, che l’autrice declina sul piano temporale, spaziale e soggettivo, allenando lo sguardo – e quindi la scrittura – a ridurre la distanza tra dettaglio e paesaggio, tra il particolare e il contesto circostante. In senso storico, la marginalità vissuta in prima persona dall’autrice la mette in contatto con il passato dell’isola di Ventotene, con le figure del pirata e dell’eremita e, in generale, con tutti i “fantasmi” che nel tempo si sono stratificati nella memoria dei luoghi, storie nella storia. Spazialmente questa particolare condizione è rappresentata dalla costa, soglia geografica in cui la protagonista dell’Isola vive momenti di massima crisi ed estroversione, sulla base dei quali si propone un’interpretazione della costa come luogo simbolo dell’ibrido tout court, il mostro, il deviante dalla norma (Chen, 2013). Concludendo, quello dell’Isola riflessa è un soggetto continuamente esposto all’incontro con l’altro da sé e ipertrofico lungo la scala spazio-temporale, in oscillazione continua tra identificazione e estraneità con l’isola. Il desiderio di evasione interroga e mette in crisi la tenuta dei confini dell’isola quanto quelli del corpo. Un corpo che incessantemente scrive, in ascolto dei corpi e delle storie che l’isola racchiude, rintracciando i segni di una violenza intersezionale e trans-temporale. In altre parole, assumendo quella che qui viene definita “postura ecologica”, capace di restituire stilisticamente un approccio etico e politico orientato alla complessità e alla relazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.