Cosa può definirsi famiglia e cosa no? Quali sono i suoi confini? Chi ne fa parte e a quali condizioni? Quando si può dire che una famiglia funziona bene? Per lungo tempo si è affermata la tendenza, oggi non ancora del tutto superata, a rispondere a tali domande facendo riferimento alle caratteristiche morfologiche dei gruppi familiari prendendo come riferimento ad una forma familiare standard che veniva identificata come quella “normale”, e in quanto tale la migliore, la più rassicurante, la più efficace. Il cosiddetto “paradigma della normalità”, che prende la famiglia nucleare tradizionale come standard di riferimento, è un pilastro della nostra cultura che per lungo tempo è stato sostenuto e validato da argomentazioni di carattere ideologico, religioso, culturale, scientifico, talmente potenti averla “naturalizzata” ossia ritenuta l’unica forma giusta, quella utilizzata per definire cosa è normale e cosa non lo è. Così, si è proceduto a classificare come “devianti”, o anormali, tutte quelle situazioni che non rispecchiano tale ideale. Tale punto di vista , dominando per decenni, oltre a produrre discriminazioni e pregiudizi ha scavato profondi vuoti di conoscenza, o aree di cecità, che hanno impedito, ed ancora oggi ostacolano, un corretto approccio alla molteplicità delle forme familiari. Il saggio presenta alcuni modelli familiari possibili alla luce di modelli interpretativi, legati all'epistemologia della complessità e al paradigma della differenza. Le considerazioni pedagogiche sulla funzionalità familiare portano in primo piano il riconoscimento di variabili di carattere relazionale, psicologico, culturale a testimonianza di un graduale aumento, delle scienze pedagogiche, dell' interesse per il contesto, il sistema di relazioni, i legami interattivi e interpersonali.
A. Gigli (2010). Molte famiglie: quelle "normali" e... le altre. ROMA : Carocci.
Molte famiglie: quelle "normali" e... le altre
GIGLI, ALESSANDRA
2010
Abstract
Cosa può definirsi famiglia e cosa no? Quali sono i suoi confini? Chi ne fa parte e a quali condizioni? Quando si può dire che una famiglia funziona bene? Per lungo tempo si è affermata la tendenza, oggi non ancora del tutto superata, a rispondere a tali domande facendo riferimento alle caratteristiche morfologiche dei gruppi familiari prendendo come riferimento ad una forma familiare standard che veniva identificata come quella “normale”, e in quanto tale la migliore, la più rassicurante, la più efficace. Il cosiddetto “paradigma della normalità”, che prende la famiglia nucleare tradizionale come standard di riferimento, è un pilastro della nostra cultura che per lungo tempo è stato sostenuto e validato da argomentazioni di carattere ideologico, religioso, culturale, scientifico, talmente potenti averla “naturalizzata” ossia ritenuta l’unica forma giusta, quella utilizzata per definire cosa è normale e cosa non lo è. Così, si è proceduto a classificare come “devianti”, o anormali, tutte quelle situazioni che non rispecchiano tale ideale. Tale punto di vista , dominando per decenni, oltre a produrre discriminazioni e pregiudizi ha scavato profondi vuoti di conoscenza, o aree di cecità, che hanno impedito, ed ancora oggi ostacolano, un corretto approccio alla molteplicità delle forme familiari. Il saggio presenta alcuni modelli familiari possibili alla luce di modelli interpretativi, legati all'epistemologia della complessità e al paradigma della differenza. Le considerazioni pedagogiche sulla funzionalità familiare portano in primo piano il riconoscimento di variabili di carattere relazionale, psicologico, culturale a testimonianza di un graduale aumento, delle scienze pedagogiche, dell' interesse per il contesto, il sistema di relazioni, i legami interattivi e interpersonali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.