Il contributo delinea criticamente le vicende artistiche di Bologna nella seconda metà del Settecento, evidenziando gli aspetti che rivelano l’affermarsi di una nuova sensibilità, aperta ad una cultura ‘illuminata’ e improntata ad un moderno metodo sperimentale galileiano, favoriti dal governo del vescovo e papa Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini. Il percorso attraversa i generi artistici praticati dai pittori: il ritratto consente – a seconda dei casi – di apprezzare l’interesse per il ‘vero’, la connessione con la ‘civiltà della conversazione’ ed anche l’emergere del ceto borghese; la pala d’altare – che mantiene un ruolo di particolare prestigio – testimonia invece di una religiosità temperata dalla ‘ragione’, in sintonia con le intenzioni lambertiniane, e prima ancora di Ludovico Antonio Muratori; anche la grande decorazione, necessaria alla celebrazione di una società Ancien Régime, assume talvolta intonazioni più nuove, soprattutto attraverso le invenzioni dei fratelli Gandolfi, che conferiscono al mito sentimenti di più sincera umanità. L’evolversi degli eventi, fino al momento drammatico dell’ingresso delle truppe francesi in città (1796), accompagna lo svolgersi di una stagione ancora di grande fortuna per la scuola bolognese, riconosciuta grazie all’attività dell’Accademia Clementina. Per documentarlo, nel contributo si fa cenno alla produzione dei maestri bolognesi operanti ‘fuori patria’ (Serafino Barozzi, Stefano Torelli) e si segnala la presenza di due dipinti di Ubaldo Gandolfi presso la dacia dell’imperatrice Caterina II ad Oranienbaum, di cui fino ad ora non era nota agli studi la collocazione.
Irene Graziani (2024). La peinture à Bologne, de l’époque du pape Lambertini à la «révolution fatale». Cinisello Balsamo (Milano) : Silvana Editoriale.
La peinture à Bologne, de l’époque du pape Lambertini à la «révolution fatale»
Irene Graziani
2024
Abstract
Il contributo delinea criticamente le vicende artistiche di Bologna nella seconda metà del Settecento, evidenziando gli aspetti che rivelano l’affermarsi di una nuova sensibilità, aperta ad una cultura ‘illuminata’ e improntata ad un moderno metodo sperimentale galileiano, favoriti dal governo del vescovo e papa Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini. Il percorso attraversa i generi artistici praticati dai pittori: il ritratto consente – a seconda dei casi – di apprezzare l’interesse per il ‘vero’, la connessione con la ‘civiltà della conversazione’ ed anche l’emergere del ceto borghese; la pala d’altare – che mantiene un ruolo di particolare prestigio – testimonia invece di una religiosità temperata dalla ‘ragione’, in sintonia con le intenzioni lambertiniane, e prima ancora di Ludovico Antonio Muratori; anche la grande decorazione, necessaria alla celebrazione di una società Ancien Régime, assume talvolta intonazioni più nuove, soprattutto attraverso le invenzioni dei fratelli Gandolfi, che conferiscono al mito sentimenti di più sincera umanità. L’evolversi degli eventi, fino al momento drammatico dell’ingresso delle truppe francesi in città (1796), accompagna lo svolgersi di una stagione ancora di grande fortuna per la scuola bolognese, riconosciuta grazie all’attività dell’Accademia Clementina. Per documentarlo, nel contributo si fa cenno alla produzione dei maestri bolognesi operanti ‘fuori patria’ (Serafino Barozzi, Stefano Torelli) e si segnala la presenza di due dipinti di Ubaldo Gandolfi presso la dacia dell’imperatrice Caterina II ad Oranienbaum, di cui fino ad ora non era nota agli studi la collocazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.