Le mura raccolgono, collegano, proteggono, escludono, separano, creano un implicito dialogo con la città diventando contemporaneamente sfondo e oggetto scenico. Il muro assume tutta la sua valenza di elemento divisivo, senza alludere in alcun modo all’accezione negativa che il termine può avere. Tutt’altro, si vuole porre particolare enfasi alla capacità che il muro possiede nell’imporsi come elemento ordinatore e mettere a servizio della città contemporanea questa sua peculiarità. La vita di una città come Roma si è svolta e si svolge tutt’ora attorno alle sue mura, la città si pone inevitabilmente in relazione con queste che diventano il sottofondo dell’esperienza di vita, un perimetro che accoglie al suo interno le infinite possibilità dell’esistenza, come un grembo materno. È in questo modo che le mura sono diventate una chiave di lettura per il ridisegno della città, mostrando la loro capacità nell’assecondare ogni scena di vita che si svolge all’interno o all’esterno di essa. È dunque in questi paesaggi, perimetralmente delimitati dalle mura, che gli oggetti ordinatori dello spazio urbano trovano il loro posto, agevolando la rilettura della città alla luce della riscoperta di questo elemento. Elemento che riesce a sconfinare in una dimensione immaginifica spingendosi così ben oltre il terreno del reale, in cui le mura ergono la loro fisicità, ancora impossessandosi, tramite la memoria, di quei luoghi che non erano stati sottoposti alla loro presenza fisica. Le mura individuano ogni volta un settore all’interno del quale si trova una parte di città con delle caratteristiche ben precise. Il disegno diventa lo strumento per attuare una trasposizione del reale: ogni muro allude all’architettura realmente presente a Roma; i settori individuati non sono che una citazione, un’idealizzazione, un ricordo abbozzato di quello che realmente la città rappresenta. Gli elementi che regolano il disegno sono richiami a monumenti, luoghi identitari, ricordi caratteristici che subito affastellano la memoria quando viene citato il nome Roma. I grandi complessi periferici sono una testimonianza della trasformazione urbana e mutano la scala e la densità all’interno del disegno, per poi giungere alla campagna nella quale si fa forte la presenza di un muro tra le mura, un acquedotto, che segue e interrompe le trame più o meno regolari dei campi coltivati. La fascia apicale rivela l’orizzonte in lontananza con i rilievi montuosi, le nuvole, il cielo, il sole, tutti elementi che al pari di quelli urbani accompagnano lo spettatore durante la scoperta della città. Quasi fossimo in un sogno, il nostro sguardo, più o meno consapevole, quando queste si fanno assenti appaia la matericità delle mura ad altri luoghi e immagini, così che vi siano sempre “tante fantasie una sopra e sotto all'altra, però non s’affatica nulla”.
Alberto Grassetti, C.C. (2024). Mamma Roma. Macerata : Quodlibet.
Mamma Roma
Alberto Grassetti
;Chiara Ciambellotti
2024
Abstract
Le mura raccolgono, collegano, proteggono, escludono, separano, creano un implicito dialogo con la città diventando contemporaneamente sfondo e oggetto scenico. Il muro assume tutta la sua valenza di elemento divisivo, senza alludere in alcun modo all’accezione negativa che il termine può avere. Tutt’altro, si vuole porre particolare enfasi alla capacità che il muro possiede nell’imporsi come elemento ordinatore e mettere a servizio della città contemporanea questa sua peculiarità. La vita di una città come Roma si è svolta e si svolge tutt’ora attorno alle sue mura, la città si pone inevitabilmente in relazione con queste che diventano il sottofondo dell’esperienza di vita, un perimetro che accoglie al suo interno le infinite possibilità dell’esistenza, come un grembo materno. È in questo modo che le mura sono diventate una chiave di lettura per il ridisegno della città, mostrando la loro capacità nell’assecondare ogni scena di vita che si svolge all’interno o all’esterno di essa. È dunque in questi paesaggi, perimetralmente delimitati dalle mura, che gli oggetti ordinatori dello spazio urbano trovano il loro posto, agevolando la rilettura della città alla luce della riscoperta di questo elemento. Elemento che riesce a sconfinare in una dimensione immaginifica spingendosi così ben oltre il terreno del reale, in cui le mura ergono la loro fisicità, ancora impossessandosi, tramite la memoria, di quei luoghi che non erano stati sottoposti alla loro presenza fisica. Le mura individuano ogni volta un settore all’interno del quale si trova una parte di città con delle caratteristiche ben precise. Il disegno diventa lo strumento per attuare una trasposizione del reale: ogni muro allude all’architettura realmente presente a Roma; i settori individuati non sono che una citazione, un’idealizzazione, un ricordo abbozzato di quello che realmente la città rappresenta. Gli elementi che regolano il disegno sono richiami a monumenti, luoghi identitari, ricordi caratteristici che subito affastellano la memoria quando viene citato il nome Roma. I grandi complessi periferici sono una testimonianza della trasformazione urbana e mutano la scala e la densità all’interno del disegno, per poi giungere alla campagna nella quale si fa forte la presenza di un muro tra le mura, un acquedotto, che segue e interrompe le trame più o meno regolari dei campi coltivati. La fascia apicale rivela l’orizzonte in lontananza con i rilievi montuosi, le nuvole, il cielo, il sole, tutti elementi che al pari di quelli urbani accompagnano lo spettatore durante la scoperta della città. Quasi fossimo in un sogno, il nostro sguardo, più o meno consapevole, quando queste si fanno assenti appaia la matericità delle mura ad altri luoghi e immagini, così che vi siano sempre “tante fantasie una sopra e sotto all'altra, però non s’affatica nulla”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.