Presentazione della Giornata "Lo sviluppo nel dopoguerra dell'Ingegneria all'Università di Bologna: maestri e futuro. Bologna, 8 aprile 2022. Ripercorrere lo sviluppo dal secondo dopoguerra dell’Ingegneria nell’Università di Bologna è un compito tanto affascinante quanto complesso, perché lo si può affrontare secondo diversi approcci, come quello della riflessione storiografica, del dialogo con le altre scienze, del significato epistemologico dei prodotti della ricerca, dell’evoluzione della tecnica rispetto allo sviluppo della complessità sociale, della ricerca storica sui metodi e le contaminazioni disciplinari, o della tradizione degli insegnamenti, solo per citarne alcuni. In tutto ciò, non è possibile prescindere dagli insegnamenti dei docenti che hannooperato all’Alma Mater. Su questa linea, è opportuno delineare i contributi, spesso con ricadute internazionali, delle opere di alcuni dei più eminenti Maestri. L’ipotesi di lavoro che abbiamo adottato coltiva l’ambizione di raccontare una storia che punta sia sui progressi delle varie discipline, sia sulle loro interconnessioni, sui loro intrecci, sulle loro analogie disciplinari e le innumerevoli contaminazioni culturali. Ripercorrere quindi questo sviluppo nell’arco temporale che ci si è prefissi, significa non solo rivivere le idee, gli ideali che hanno posto l’Ingegneria in posizione di rilievo, ma anche ammirare la lungimiranza, la perseveranza e la determinazione di quegli uomini che l’hanno fatta crescere, ed in questo ritrovare l’orgoglio della nostra tradizione, e dell’impegno profuso per affrontare le sfide epocali favorendo le competenze professionali e tecniche richieste delle generazioni future. L’Ingegneria dell’Università di Bologna si è sviluppata nel tempo in diverse sedi (a Bologna che è la sede principale, e recentemente a Ravenna, Forl., Cesena, Rimini) e la struttura che la rappresenta ha assunto nel tempo nomi diversi: Scuola di Applicazione per Ingegneri (dal 1877 al 1935), Facoltà di Ingegneria (dal 1935 al 2012), Scuola di Architettura e Ingegneria (dal 2012 al 2018); a partire dall’Anno Accademico 2018/19 essa è rappresentata semplicemente da un insieme di Dipartimenti, che attualmente hanno avuto la prevalenza rispetto alla Facoltà. In ogni caso la Scuola ha mantenuto nel tempo una sua precisa identità culturale alla quale si possono ricondurre i molteplici insegnamenti che attualmente la costituiscono: essa è caratterizzata da un approccio razionale allo studio del mondo fisico, dalla ricerca delle leggi matematiche che caratterizzano i modelli che lo rappresentano, dall’uso di queste leggi per la realizzazione, e alla loro descrizione mediante opportuni modelli, degli oggetti richiesti dalla società civile nel suo sviluppo storico, oppure che vengono presentati ad essa favorendone lo sviluppo nel tempo. La Facoltà ha cos. sviluppato un insieme di competenze ad elevato livello culturale in molti ambiti dell’organizzazione della società civile e in molte delle esigenze che la caratterizzano sul piano tecnico; esse possono essere di grande aiuto alla società civile perché consentono di avere un approccio culturale a cui consegue una migliore consapevolezza delle molteplici possibili soluzioni, ciascuna con i suoi aspetti positivi e negativi, ai complessi problemi che la caratterizzano. In questa Giornata – o meglio in questo primo Colloquio, dato che ne è già in previsione un secondo che illustri un più esteso arco disciplinare – si cercherà di ripercorrere lo sviluppo dal secondo dopoguerra dell’Ingegneria nell’Università di Bologna. La Giornata è divisa in due parti. La prima, svolta nella mattinata, è stata dedicata alla memoria di tre eminenti Maestri che hanno operato nella Facoltà di Ingegneria nel periodo storico prefisso nell’ambito di tre discipline. Si tratta dei professori Ercole De Castro, Giuseppe Evangelisti e Piero Pozzati, Maestri delle discipline dell’Elettronica, dei Controlli automatici e della Tecnica delle costruzioni. La loro attività scientifica è più in generale accademica è stata rispettivamente illustrata, con il coordinamento dell’accademico Gabriele Falciasecca, dagli interventi degli accademici Giorgio Baccarani, Claudio Melchiorri e Pier Paolo Diotallevi. La parte conclusiva della mattinata è stata dedicata alle testimonianze degli allievi che hanno svolto la propria carriera anche al di fuori dell’ambiente accademico riguardo ai Maestri oggi ricordati. La seconda, svolta nel pomeriggio, è stata dedicata al Panel “Il passato, il presente e il futuro: un confronto sulla formazione degli ingegneri” e si è avvalsa delle testimonianze di alcuni illustri invitati ex-allievi della Scuola di Ingegneria. La maggior parte degli invitati ha svolto la propria carriera nel mondo delle imprese e del lavoro, ma qualcuno di essi ha proseguito in ambito accademico tutta o parte della propria carriera, in alcuni casi anche all’estero. Il Panel è diviso in due parti: la Parte I dedicata all’importanza della formazione ricevuta e la sua applicabilità nel mondo del lavoro, la Parte II dedicata all’importanza del connotato multidisciplinare dell’insegnamento ingegneristico, coordinate rispettivamente dagli accademici Giulio Cesare Sarti e Maurelio Boari. Il rendiconto di questo primo Colloquio prevede quindi anche una sezione in cui sono riportati gli interventi degli invitati in risposta alle domande poste dai coordinatori dei due Panel, che abbiamo preferito riportare nella forma colloquiale con la quale si sono svolti. A conclusione di questa Introduzione riteniamo utile fornire alcuni elementi conoscitivi di carattere generale sulla Facoltà di Ingegneria. Come ha ricordato l’accademico Pierpaolo Diotallevi in occasione dell’ultimo Consiglio di Facoltà del 12 ottobre 2012, alla Facoltà di Ingegneria subentrò successivamente la Scuola di Ingegneria ed Architettura, oggi Scuola di Ingegneria. Gli studi di Ingegneria hanno per. origini ancora più antiche. Nell’ambito dell’offerta formativa delle università italiane tra Ottocento e Novecento si ritrovavano le tradizionali cinque facoltà di Teologia, di Giurisprudenza, di Medicina, di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali e di Filosofia e Lettere, individuate dalla Legge Casati del 1859. L’impostazione generale della Legge Casati era rivolta a privilegiare nell’educazione universitaria l’aspetto puramente scientifico e a promuovere prevalentemente la ricerca svincolata da risvolti applicativi. Di conseguenza la formazione di livello professionale superiore si concretizzò nell’ambito delle scuole speciali, a loro volta comprese, anche se in forme di volta in volta diverse, nell’istituzione universitaria. Nelle scuole si formavano i futuri ingegneri, agronomi, farmacisti e veterinari ed erano regolate, sul piano della didattica, dalla stessa normativa vigente per le tradizionali facoltà, ma non avevano rispetto a queste pari dignità. Nonostante il carattere pratico dei loro studi e la possibilità di iscriversi anche con una cultura generale mediocre il ruolo di queste istituzioni educative era tutt’altro che insignificante e, talvolta, furono la risposta ad una concreta proposta formativa del territorio. Recepita successivamente e integralmente nel 1861 dal neo-Stato italiano, la legge Casati rimase in vigore fino alla riforma Gentile del 1923. Con i suoi 360 articoli, la legge conferiva un assetto organico all’intero sistema scolastico definendone cicli, curricula, materie di insegnamento, programmi, personale, apparato amministrativo. In questo contesto furono istituite presso l’Università di Bologna la Scuola d’applicazione per gli ingegneri, fondata da un consorzio formato dall’Università e dagli enti locali, e la Scuola di agraria istituita con il fondamentale contributo della Cassa di Risparmio. Entrambe, godettero di una peculiare indipendenza gestionale e contabile e si dotarono di vere e proprie biblioteche provvedendo in forma del tutto autonoma al loro incremento. Il decreto del 30/9/1859 del Governatore delle Romagne, Benedetto Cipriani, promulgato su proposta del ministro Cesare Albicini, prevedeva per gli allievi ingegneri un corso pratico quinquennale di studi, con il conseguimento finale di una laurea dottorale e di libera pratica nella Facoltà Matematica. Tra i corsi che gli allievi dovevano superare comparivano: Introduzione al calcolo (al primo anno), Calcolo sublime (al secondo), Geometria superiore, Fisica sperimentale e Meccanica applicata. Al termine dei vari anni del corso, gli allievi ingegneri erano sottoposti ad un esame generale. Quello tra il I anno e il II era chiamato esame di “passaggio”; “bacellierato” era detto l’esame tra il II anno e il III; “licenza” quello tra il III anno e il IV; esame di “laurea dottorale” era quello tra il IV anno e il V; alla conclusione dell’ultimo anno del corso, il V, vi era quindi l’esame di “libera pratica”, che sanciva lo status di neo-ingegnere. La Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri, presso la quale si conseguiva il diploma di Ingegnere civile e il diploma di Architetto, attivò i propri corsi nella sua veste completa, cioè dotata dell’intero triennio, nel novembre del 1877, ma già nel 1875 era stato attivato il primo anno di corso. Le scuole speciali furono ricondotte, dopo anni di discussioni e polemiche, pienamente nell’ambito accademico nel 1935 quando furono trasformate in Facoltà. Infatti, negli anni 1922 e 1923 vennero emessi vari Regi Decreti (cosiddetta Riforma Gentile) che complessivamente prevedevano un riordino importante per l’intero sistema scolastico italiano. In particolare, il R.D. 30 settembre 1923, n. 2102 (concernente l’Università) stabiliva, tra l’altro che: - le Scuole di Applicazioni per Ingegneri diventavano Scuole di Ingegneria, - l’accesso alle Facoltà era riservato ai soli diplomati dei Licei (classico e scientifico), - il biennio propedeutico veniva lasciato alle sole Facoltà di Scienze (con eccezione delle sedi dii Milano e di Torino). Il successivo Regio decreto-legge 7 ottobre 1926, n. 1977 (cosiddetto Testo unico - TU dell’Istruzione superiore) all’art. 1 stabiliva che gli studi di ingegneria si compiono in cinque anni e che sono divisi in due corsi: uno biennale di studi propedeutici ed uno triennale di studi di applicazione. Nel corso degli studi gli allievi erano obbligati a sostenere gli esami di profitto di: Analisi algebrica ed infinitesimale; Geometria analitica e descrittiva con elementi di proiettiva; Fisica sperimentale (corso biennale); Chimica generale inorganica con elementi di chimica organica; Meccanica razionale; Disegno di ornato e di architettura (corso biennale). La successiva Riforma de Vecchi del 1935, stabiliva la trasformazione delle Scuole in Facoltà. Inoltre, per tener conto delle sempre più pressanti richieste/esigenze del mondo industriale venivano istituiti, come all’estero, più corsi di laurea. Infatti, oltre al Corso di Laurea in Ingegneria Civile con tre Sezioni, venivano istituiti i Corsi di Laurea in Ingegneria Meccanica, Ingegneria Chimica e Ingegneria Elettrotecnica. In quegli anni, sotto la forte spinta del mondo industriale stava aumentano, seppur lentamente il numero di matricole dell’Ingegneria bolognese. Quindi la vecchia sede di piazza de’ Celestini in centro città si rivelava sempre più insufficiente. Tralasciamo le discussioni comunali e universitarie relative all’utilizzazione di fondi speciali per accrescere la Facoltà; ancora una volta ci si pose la sempiterna domanda: utilizziamo i nuovi fondi per reclutare nuovi docenti o per realizzare una nuova grande e moderna sede della Facoltà. Prevalse il secondo orientamento che port. alla costruzione della lungimirante e maestosa sede (per quei tempi) di Porta Saragozza. Un ruolo importante per la realizzazione della nuova Facoltà lo giocarono anche l’Amministrazione comunale, i collegamenti con il Governo nazionale, nonché due personaggi, presidi di Facoltà: Attilio Muggia (Preside della Facoltà nel 1923-27) e Umberto Puppini (Preside della Facoltà per ben due volte, nel 1927-32 e nel 1941-45), che fu anche che sindaco e assai influente uomo politico. Nell’immediato dopoguerra, alla riapertura fisica degli spazi dell’Ingegneria bolognese, dopo il terribile periodo di occupazione della sede, i docenti della Facoltà e i loro collaboratori ripresero i loro insegnamenti e le attività di laboratorio con grande passione e ardore. Seguirono circa quindici anni di invarianza normativa a livello nazionale. Tuttavia, nel 1960 l’Università Italiana fu attraversata dall’applicazione dal cosiddetto d.P.R. 60, ossia il d.P.R. 31 gennaio 1960 n. 53, integrato dal d.P.R. 28 agosto 1960 n. 1445. In estrema sintesi, per quanto concerne le Facoltà di Ingegneria questo significò: - portare il biennio all’interno delle Facoltà di Ingegneria; - conservare lo sbarramento tra biennio e triennio; - stabilire il numero minimo di esami per conseguire la laurea; - istituire altri corsi di laurea, che cos. divennero 8 in totale (Civile, Meccanica, Elettrotecnica, Chimica; Elettronica, Nucleare, Aeronautica, Mineraria); qualche anno dopo arriveranno anche l’Informatica, il Gestionale e l’Ambiente; - stabilire 9 insegnamenti per il biennio propedeutico (Analisi 1, Analisi 2, Chimica, Disegno, Meccanica Razionale, Geometria 1, Geometria 2 (sostituibile), Fisica 1, Fisica 2); - suddividere gli insegnamenti del triennio in corsi obbligatori e corsi a scelta. Il dibattito che si creò attorno all’ideazione e alla redazione del d.P.R. 60 fu caratterizzato da non poche discussioni e polemiche. Ve ne furono di aspre tra Matematici e Ingegneri, con molti dei primi favorevoli al mantenimento di una stretta unitarietà nella formazione di base tra i diversi percorsi. Ve ne furono addirittura di asprissime tra ingegneri e ingegneri, perché mentre alcuni temevano un’eccessiva specializzazione/parcellizzazione degli studi, altri sostenevano fortemente questa direzione. Peraltro, il tessuto industriale si mostrò contrario alla riforma, soprattutto le grandi industrie, perché risultava difficile prevedere le future richieste del mercato del lavoro e si temeva fortemente di sbagliare programmazione. Alla fine del ricco dibattito prevalse una posizione di equilibrio rispetto alla tradizione. Inoltre, il d.P.R. 60 determinò importanti modifiche sia di carattere organizzativo (si sono modificate le modalità di partecipazione alla vita accademica delle singole persone di ruolo nella Facoltà), sia nell’attività didattica. Si è spesso cercato di trovare una soluzione alle profonde modificazioni che stava subendo l’Università, e la società in genere, in modo non sempre pienamente coerente con le esigenze effettive dell’Università. In ogni caso, è opportuno sottolineare che in quei ultimi tempi si è modificata sostanzialmente la vita dell’Università con cambiamenti che sono stati spesso sin troppo rapidi: la Facoltà di Ingegneria aveva una sua precisa caratteristica distintiva sul piano culturale alimentata anche dalle discussioni che avvenivano nell’ampio Consiglio di Facoltà con la presenza di tutti i docenti di ruolo per favorire un confronto tra le diverse aree disciplinari ed anche un loro coinvolgimento reciproco sul piano culturale. Ad esempio, molte nuove discipline sono nate per effetto di problemi che nascevano in aree molto diverse tra loro: ora questo non avviene con la stessa efficacia, dato il numero chiuso dei partecipanti al Consiglio di Scuola. Fino al d.P.R. 60 la Facoltà aveva caratteristiche unitarie anche sul piano didattico perché lo studente, qualsiasi fosse l’indirizzo scelto, doveva studiare discipline di tutti gli indirizzi. In tale modo l’attività professionale di ciascun ingegnere poteva essere esercitata in ambiti anche molto diversi da quello dell’indirizzo scelto. Poteva cos. accadere che la carriera di coloro che intraprendevano la carriera universitaria si svolgesse successivamente nel tempo in ambiti disciplinari molto diversi tra loro. Era comunque un modo diverso. Questi furono gli anni in cui all’interno delle Facoltà, alvolta prendendo spunto dai temi oggetto delle discussioni sulla riforma, i docenti più esperti e dotati di maggior carisma/fascino contribuirono talvolta a consolidare e a “sistematicizzare” maggiormente le fondamenta di alcune discipline dei corsi di laurea classici, mentre altri, più giovani, ma non meno brillanti e carismatici, svilupparono le fondamenta fisico-matematiche delle discipline fondamentali dei nuovi corsi di laurea. Questo processo contribuì a plasmare e a creare aggiornate figure di Maestri per le varie discipline dell’Ingegneria, tradizionali e nuove. Fu da questo processo in cui si plasmarono, in particolare, le tre eminenti figure di Maestri illustrate in questa Giornata. Lo straordinario sviluppo della tecnica negli ultimi decenni e il correlato incremento dell’attività di ricerca in un ambito dal connotato internazionale sempre più orientato alla specializzazione, sia nei più importanti congressi, sia nelle più prestigiose riviste, ha determinato un notevole aumento degli insegnamenti e dei corsi di laurea rendendoli sempre più specialistici e distinti tra loro. Questo sviluppo fu riconosciuto e regolamentato sia dal d.P.R. 20 maggio 1989 (recante modificazioni all’ordinamento didattico universitario dei corsi di laurea della facoltà di ingegneria), sia dal D.M. 509/1999 (sistema 3+2) che determinò la trasformazione dei corsi di laurea in percorsi formativi strutturati su due livelli: la laurea di primo livello (laurea “triennale”) e la laurea di secondo livello (laurea “specialistica”, attualmente magistrale”) di durata biennale. Tali interventi normativi – mossi dalla esigenza di procedere al riordino dei corsi di laurea e di adeguare i loro contenuti alle mutate condizioni scientifico-tecnologiche e alle esigenze del mondo del lavoro – non sono stati certamente esenti da animate discussioni fra i sostenitori da un lato di una maggiore specializzazione e dell’altro del mantenimento di una profonda conoscenza di base generalista, oppure fra coloro che privilegiavano un approccio didattico ipotetico-deduttivo piuttosto che induttivo. Essi hanno modificato profondamente le caratteristiche della Facoltà anche da un punto di vista didattico, rendendo quasi naturale il trasferimento ai Dipartimenti di competenze che invece erano precedentemente proprie della Facoltà. In tabella vengono ricordati i colleghi che hanno avuto l’oneroso compito di coordinare l’attività didattica della nostra istituzione, nel corso degli anni interessati dalla evoluzione sopra descritta. Direttori della Scuola d’Applicazione per Ingegneri (1877-1935) 1877-1893 Cesare Razzaboni 1893-1910 Jacopo Benetti 1910-1918 Silvio Canevazzi 1918-1923 Luigi Donati 1923-1927 Attilio Muggia 1927-1932 Umberto Puppini 1932-1935 Giuseppe Sartori Presidi della Facoltà di Ingegneria (1935-2007) 1935-1937 Giuseppe Sartori 1937-1945 Umberto Puppini 1945-1947 Aristide Prosciutto 1947-1965 Paolo Dore 1965-1968 Giulio Supino 1968-1975 Giovanni Cocchi 1975-1977 Franco Foraboschi 1977-1980 Giorgio Folloni 1980-1983 Leonardo Calandrino 1983-1989 Leonardo Marchetti 1989-1995 Enrico Lorenzini 1995-2001 Arrigo Pareschi 2001-2007 Guido Masetti 2007-2012 Pier Paolo Diotallevi Presidenti della Scuola di Ingegneria ed Architettura 2012-2015 Pier Paolo Diotallevi 2015-2018 Ezio Mesini Presidenti della Scuola di Ingegneria 2018 - oggi Davide Moro Qualche riferimento anche agli iscritti alla Facoltà di Ingegneria. Dalla istituzione della Scuola al 1927 si laurearono 2326 ingegneri. Se veniamo a tempi più recenti gli iscritti alla Facoltà (ovvero il complesso degli studenti iscritti) crebbero in modo esponenziale: 1958-1959: 1087, 1963-1964: 3271, 1965-1966: 4062. Oggi gli iscritti sono oltre diecimila. Ezio Mesini Professore Ordinario di Idrocarburi e fluidi del sottosuolo Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Carlo Alberto Nucci Ordinario di Sistemi elettrici per l'energia Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Università di Bologna
E. MESINI, C.N. (2023). Lo sviluppo nel dopoguerra dell’Ingegneria all’Università di Bologna: maestri e futuro. Bologna : Bologna University Press.
Lo sviluppo nel dopoguerra dell’Ingegneria all’Università di Bologna: maestri e futuro
E. MESINI;C. A. NUCCI
2023
Abstract
Presentazione della Giornata "Lo sviluppo nel dopoguerra dell'Ingegneria all'Università di Bologna: maestri e futuro. Bologna, 8 aprile 2022. Ripercorrere lo sviluppo dal secondo dopoguerra dell’Ingegneria nell’Università di Bologna è un compito tanto affascinante quanto complesso, perché lo si può affrontare secondo diversi approcci, come quello della riflessione storiografica, del dialogo con le altre scienze, del significato epistemologico dei prodotti della ricerca, dell’evoluzione della tecnica rispetto allo sviluppo della complessità sociale, della ricerca storica sui metodi e le contaminazioni disciplinari, o della tradizione degli insegnamenti, solo per citarne alcuni. In tutto ciò, non è possibile prescindere dagli insegnamenti dei docenti che hannooperato all’Alma Mater. Su questa linea, è opportuno delineare i contributi, spesso con ricadute internazionali, delle opere di alcuni dei più eminenti Maestri. L’ipotesi di lavoro che abbiamo adottato coltiva l’ambizione di raccontare una storia che punta sia sui progressi delle varie discipline, sia sulle loro interconnessioni, sui loro intrecci, sulle loro analogie disciplinari e le innumerevoli contaminazioni culturali. Ripercorrere quindi questo sviluppo nell’arco temporale che ci si è prefissi, significa non solo rivivere le idee, gli ideali che hanno posto l’Ingegneria in posizione di rilievo, ma anche ammirare la lungimiranza, la perseveranza e la determinazione di quegli uomini che l’hanno fatta crescere, ed in questo ritrovare l’orgoglio della nostra tradizione, e dell’impegno profuso per affrontare le sfide epocali favorendo le competenze professionali e tecniche richieste delle generazioni future. L’Ingegneria dell’Università di Bologna si è sviluppata nel tempo in diverse sedi (a Bologna che è la sede principale, e recentemente a Ravenna, Forl., Cesena, Rimini) e la struttura che la rappresenta ha assunto nel tempo nomi diversi: Scuola di Applicazione per Ingegneri (dal 1877 al 1935), Facoltà di Ingegneria (dal 1935 al 2012), Scuola di Architettura e Ingegneria (dal 2012 al 2018); a partire dall’Anno Accademico 2018/19 essa è rappresentata semplicemente da un insieme di Dipartimenti, che attualmente hanno avuto la prevalenza rispetto alla Facoltà. In ogni caso la Scuola ha mantenuto nel tempo una sua precisa identità culturale alla quale si possono ricondurre i molteplici insegnamenti che attualmente la costituiscono: essa è caratterizzata da un approccio razionale allo studio del mondo fisico, dalla ricerca delle leggi matematiche che caratterizzano i modelli che lo rappresentano, dall’uso di queste leggi per la realizzazione, e alla loro descrizione mediante opportuni modelli, degli oggetti richiesti dalla società civile nel suo sviluppo storico, oppure che vengono presentati ad essa favorendone lo sviluppo nel tempo. La Facoltà ha cos. sviluppato un insieme di competenze ad elevato livello culturale in molti ambiti dell’organizzazione della società civile e in molte delle esigenze che la caratterizzano sul piano tecnico; esse possono essere di grande aiuto alla società civile perché consentono di avere un approccio culturale a cui consegue una migliore consapevolezza delle molteplici possibili soluzioni, ciascuna con i suoi aspetti positivi e negativi, ai complessi problemi che la caratterizzano. In questa Giornata – o meglio in questo primo Colloquio, dato che ne è già in previsione un secondo che illustri un più esteso arco disciplinare – si cercherà di ripercorrere lo sviluppo dal secondo dopoguerra dell’Ingegneria nell’Università di Bologna. La Giornata è divisa in due parti. La prima, svolta nella mattinata, è stata dedicata alla memoria di tre eminenti Maestri che hanno operato nella Facoltà di Ingegneria nel periodo storico prefisso nell’ambito di tre discipline. Si tratta dei professori Ercole De Castro, Giuseppe Evangelisti e Piero Pozzati, Maestri delle discipline dell’Elettronica, dei Controlli automatici e della Tecnica delle costruzioni. La loro attività scientifica è più in generale accademica è stata rispettivamente illustrata, con il coordinamento dell’accademico Gabriele Falciasecca, dagli interventi degli accademici Giorgio Baccarani, Claudio Melchiorri e Pier Paolo Diotallevi. La parte conclusiva della mattinata è stata dedicata alle testimonianze degli allievi che hanno svolto la propria carriera anche al di fuori dell’ambiente accademico riguardo ai Maestri oggi ricordati. La seconda, svolta nel pomeriggio, è stata dedicata al Panel “Il passato, il presente e il futuro: un confronto sulla formazione degli ingegneri” e si è avvalsa delle testimonianze di alcuni illustri invitati ex-allievi della Scuola di Ingegneria. La maggior parte degli invitati ha svolto la propria carriera nel mondo delle imprese e del lavoro, ma qualcuno di essi ha proseguito in ambito accademico tutta o parte della propria carriera, in alcuni casi anche all’estero. Il Panel è diviso in due parti: la Parte I dedicata all’importanza della formazione ricevuta e la sua applicabilità nel mondo del lavoro, la Parte II dedicata all’importanza del connotato multidisciplinare dell’insegnamento ingegneristico, coordinate rispettivamente dagli accademici Giulio Cesare Sarti e Maurelio Boari. Il rendiconto di questo primo Colloquio prevede quindi anche una sezione in cui sono riportati gli interventi degli invitati in risposta alle domande poste dai coordinatori dei due Panel, che abbiamo preferito riportare nella forma colloquiale con la quale si sono svolti. A conclusione di questa Introduzione riteniamo utile fornire alcuni elementi conoscitivi di carattere generale sulla Facoltà di Ingegneria. Come ha ricordato l’accademico Pierpaolo Diotallevi in occasione dell’ultimo Consiglio di Facoltà del 12 ottobre 2012, alla Facoltà di Ingegneria subentrò successivamente la Scuola di Ingegneria ed Architettura, oggi Scuola di Ingegneria. Gli studi di Ingegneria hanno per. origini ancora più antiche. Nell’ambito dell’offerta formativa delle università italiane tra Ottocento e Novecento si ritrovavano le tradizionali cinque facoltà di Teologia, di Giurisprudenza, di Medicina, di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali e di Filosofia e Lettere, individuate dalla Legge Casati del 1859. L’impostazione generale della Legge Casati era rivolta a privilegiare nell’educazione universitaria l’aspetto puramente scientifico e a promuovere prevalentemente la ricerca svincolata da risvolti applicativi. Di conseguenza la formazione di livello professionale superiore si concretizzò nell’ambito delle scuole speciali, a loro volta comprese, anche se in forme di volta in volta diverse, nell’istituzione universitaria. Nelle scuole si formavano i futuri ingegneri, agronomi, farmacisti e veterinari ed erano regolate, sul piano della didattica, dalla stessa normativa vigente per le tradizionali facoltà, ma non avevano rispetto a queste pari dignità. Nonostante il carattere pratico dei loro studi e la possibilità di iscriversi anche con una cultura generale mediocre il ruolo di queste istituzioni educative era tutt’altro che insignificante e, talvolta, furono la risposta ad una concreta proposta formativa del territorio. Recepita successivamente e integralmente nel 1861 dal neo-Stato italiano, la legge Casati rimase in vigore fino alla riforma Gentile del 1923. Con i suoi 360 articoli, la legge conferiva un assetto organico all’intero sistema scolastico definendone cicli, curricula, materie di insegnamento, programmi, personale, apparato amministrativo. In questo contesto furono istituite presso l’Università di Bologna la Scuola d’applicazione per gli ingegneri, fondata da un consorzio formato dall’Università e dagli enti locali, e la Scuola di agraria istituita con il fondamentale contributo della Cassa di Risparmio. Entrambe, godettero di una peculiare indipendenza gestionale e contabile e si dotarono di vere e proprie biblioteche provvedendo in forma del tutto autonoma al loro incremento. Il decreto del 30/9/1859 del Governatore delle Romagne, Benedetto Cipriani, promulgato su proposta del ministro Cesare Albicini, prevedeva per gli allievi ingegneri un corso pratico quinquennale di studi, con il conseguimento finale di una laurea dottorale e di libera pratica nella Facoltà Matematica. Tra i corsi che gli allievi dovevano superare comparivano: Introduzione al calcolo (al primo anno), Calcolo sublime (al secondo), Geometria superiore, Fisica sperimentale e Meccanica applicata. Al termine dei vari anni del corso, gli allievi ingegneri erano sottoposti ad un esame generale. Quello tra il I anno e il II era chiamato esame di “passaggio”; “bacellierato” era detto l’esame tra il II anno e il III; “licenza” quello tra il III anno e il IV; esame di “laurea dottorale” era quello tra il IV anno e il V; alla conclusione dell’ultimo anno del corso, il V, vi era quindi l’esame di “libera pratica”, che sanciva lo status di neo-ingegnere. La Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri, presso la quale si conseguiva il diploma di Ingegnere civile e il diploma di Architetto, attivò i propri corsi nella sua veste completa, cioè dotata dell’intero triennio, nel novembre del 1877, ma già nel 1875 era stato attivato il primo anno di corso. Le scuole speciali furono ricondotte, dopo anni di discussioni e polemiche, pienamente nell’ambito accademico nel 1935 quando furono trasformate in Facoltà. Infatti, negli anni 1922 e 1923 vennero emessi vari Regi Decreti (cosiddetta Riforma Gentile) che complessivamente prevedevano un riordino importante per l’intero sistema scolastico italiano. In particolare, il R.D. 30 settembre 1923, n. 2102 (concernente l’Università) stabiliva, tra l’altro che: - le Scuole di Applicazioni per Ingegneri diventavano Scuole di Ingegneria, - l’accesso alle Facoltà era riservato ai soli diplomati dei Licei (classico e scientifico), - il biennio propedeutico veniva lasciato alle sole Facoltà di Scienze (con eccezione delle sedi dii Milano e di Torino). Il successivo Regio decreto-legge 7 ottobre 1926, n. 1977 (cosiddetto Testo unico - TU dell’Istruzione superiore) all’art. 1 stabiliva che gli studi di ingegneria si compiono in cinque anni e che sono divisi in due corsi: uno biennale di studi propedeutici ed uno triennale di studi di applicazione. Nel corso degli studi gli allievi erano obbligati a sostenere gli esami di profitto di: Analisi algebrica ed infinitesimale; Geometria analitica e descrittiva con elementi di proiettiva; Fisica sperimentale (corso biennale); Chimica generale inorganica con elementi di chimica organica; Meccanica razionale; Disegno di ornato e di architettura (corso biennale). La successiva Riforma de Vecchi del 1935, stabiliva la trasformazione delle Scuole in Facoltà. Inoltre, per tener conto delle sempre più pressanti richieste/esigenze del mondo industriale venivano istituiti, come all’estero, più corsi di laurea. Infatti, oltre al Corso di Laurea in Ingegneria Civile con tre Sezioni, venivano istituiti i Corsi di Laurea in Ingegneria Meccanica, Ingegneria Chimica e Ingegneria Elettrotecnica. In quegli anni, sotto la forte spinta del mondo industriale stava aumentano, seppur lentamente il numero di matricole dell’Ingegneria bolognese. Quindi la vecchia sede di piazza de’ Celestini in centro città si rivelava sempre più insufficiente. Tralasciamo le discussioni comunali e universitarie relative all’utilizzazione di fondi speciali per accrescere la Facoltà; ancora una volta ci si pose la sempiterna domanda: utilizziamo i nuovi fondi per reclutare nuovi docenti o per realizzare una nuova grande e moderna sede della Facoltà. Prevalse il secondo orientamento che port. alla costruzione della lungimirante e maestosa sede (per quei tempi) di Porta Saragozza. Un ruolo importante per la realizzazione della nuova Facoltà lo giocarono anche l’Amministrazione comunale, i collegamenti con il Governo nazionale, nonché due personaggi, presidi di Facoltà: Attilio Muggia (Preside della Facoltà nel 1923-27) e Umberto Puppini (Preside della Facoltà per ben due volte, nel 1927-32 e nel 1941-45), che fu anche che sindaco e assai influente uomo politico. Nell’immediato dopoguerra, alla riapertura fisica degli spazi dell’Ingegneria bolognese, dopo il terribile periodo di occupazione della sede, i docenti della Facoltà e i loro collaboratori ripresero i loro insegnamenti e le attività di laboratorio con grande passione e ardore. Seguirono circa quindici anni di invarianza normativa a livello nazionale. Tuttavia, nel 1960 l’Università Italiana fu attraversata dall’applicazione dal cosiddetto d.P.R. 60, ossia il d.P.R. 31 gennaio 1960 n. 53, integrato dal d.P.R. 28 agosto 1960 n. 1445. In estrema sintesi, per quanto concerne le Facoltà di Ingegneria questo significò: - portare il biennio all’interno delle Facoltà di Ingegneria; - conservare lo sbarramento tra biennio e triennio; - stabilire il numero minimo di esami per conseguire la laurea; - istituire altri corsi di laurea, che cos. divennero 8 in totale (Civile, Meccanica, Elettrotecnica, Chimica; Elettronica, Nucleare, Aeronautica, Mineraria); qualche anno dopo arriveranno anche l’Informatica, il Gestionale e l’Ambiente; - stabilire 9 insegnamenti per il biennio propedeutico (Analisi 1, Analisi 2, Chimica, Disegno, Meccanica Razionale, Geometria 1, Geometria 2 (sostituibile), Fisica 1, Fisica 2); - suddividere gli insegnamenti del triennio in corsi obbligatori e corsi a scelta. Il dibattito che si creò attorno all’ideazione e alla redazione del d.P.R. 60 fu caratterizzato da non poche discussioni e polemiche. Ve ne furono di aspre tra Matematici e Ingegneri, con molti dei primi favorevoli al mantenimento di una stretta unitarietà nella formazione di base tra i diversi percorsi. Ve ne furono addirittura di asprissime tra ingegneri e ingegneri, perché mentre alcuni temevano un’eccessiva specializzazione/parcellizzazione degli studi, altri sostenevano fortemente questa direzione. Peraltro, il tessuto industriale si mostrò contrario alla riforma, soprattutto le grandi industrie, perché risultava difficile prevedere le future richieste del mercato del lavoro e si temeva fortemente di sbagliare programmazione. Alla fine del ricco dibattito prevalse una posizione di equilibrio rispetto alla tradizione. Inoltre, il d.P.R. 60 determinò importanti modifiche sia di carattere organizzativo (si sono modificate le modalità di partecipazione alla vita accademica delle singole persone di ruolo nella Facoltà), sia nell’attività didattica. Si è spesso cercato di trovare una soluzione alle profonde modificazioni che stava subendo l’Università, e la società in genere, in modo non sempre pienamente coerente con le esigenze effettive dell’Università. In ogni caso, è opportuno sottolineare che in quei ultimi tempi si è modificata sostanzialmente la vita dell’Università con cambiamenti che sono stati spesso sin troppo rapidi: la Facoltà di Ingegneria aveva una sua precisa caratteristica distintiva sul piano culturale alimentata anche dalle discussioni che avvenivano nell’ampio Consiglio di Facoltà con la presenza di tutti i docenti di ruolo per favorire un confronto tra le diverse aree disciplinari ed anche un loro coinvolgimento reciproco sul piano culturale. Ad esempio, molte nuove discipline sono nate per effetto di problemi che nascevano in aree molto diverse tra loro: ora questo non avviene con la stessa efficacia, dato il numero chiuso dei partecipanti al Consiglio di Scuola. Fino al d.P.R. 60 la Facoltà aveva caratteristiche unitarie anche sul piano didattico perché lo studente, qualsiasi fosse l’indirizzo scelto, doveva studiare discipline di tutti gli indirizzi. In tale modo l’attività professionale di ciascun ingegnere poteva essere esercitata in ambiti anche molto diversi da quello dell’indirizzo scelto. Poteva cos. accadere che la carriera di coloro che intraprendevano la carriera universitaria si svolgesse successivamente nel tempo in ambiti disciplinari molto diversi tra loro. Era comunque un modo diverso. Questi furono gli anni in cui all’interno delle Facoltà, alvolta prendendo spunto dai temi oggetto delle discussioni sulla riforma, i docenti più esperti e dotati di maggior carisma/fascino contribuirono talvolta a consolidare e a “sistematicizzare” maggiormente le fondamenta di alcune discipline dei corsi di laurea classici, mentre altri, più giovani, ma non meno brillanti e carismatici, svilupparono le fondamenta fisico-matematiche delle discipline fondamentali dei nuovi corsi di laurea. Questo processo contribuì a plasmare e a creare aggiornate figure di Maestri per le varie discipline dell’Ingegneria, tradizionali e nuove. Fu da questo processo in cui si plasmarono, in particolare, le tre eminenti figure di Maestri illustrate in questa Giornata. Lo straordinario sviluppo della tecnica negli ultimi decenni e il correlato incremento dell’attività di ricerca in un ambito dal connotato internazionale sempre più orientato alla specializzazione, sia nei più importanti congressi, sia nelle più prestigiose riviste, ha determinato un notevole aumento degli insegnamenti e dei corsi di laurea rendendoli sempre più specialistici e distinti tra loro. Questo sviluppo fu riconosciuto e regolamentato sia dal d.P.R. 20 maggio 1989 (recante modificazioni all’ordinamento didattico universitario dei corsi di laurea della facoltà di ingegneria), sia dal D.M. 509/1999 (sistema 3+2) che determinò la trasformazione dei corsi di laurea in percorsi formativi strutturati su due livelli: la laurea di primo livello (laurea “triennale”) e la laurea di secondo livello (laurea “specialistica”, attualmente magistrale”) di durata biennale. Tali interventi normativi – mossi dalla esigenza di procedere al riordino dei corsi di laurea e di adeguare i loro contenuti alle mutate condizioni scientifico-tecnologiche e alle esigenze del mondo del lavoro – non sono stati certamente esenti da animate discussioni fra i sostenitori da un lato di una maggiore specializzazione e dell’altro del mantenimento di una profonda conoscenza di base generalista, oppure fra coloro che privilegiavano un approccio didattico ipotetico-deduttivo piuttosto che induttivo. Essi hanno modificato profondamente le caratteristiche della Facoltà anche da un punto di vista didattico, rendendo quasi naturale il trasferimento ai Dipartimenti di competenze che invece erano precedentemente proprie della Facoltà. In tabella vengono ricordati i colleghi che hanno avuto l’oneroso compito di coordinare l’attività didattica della nostra istituzione, nel corso degli anni interessati dalla evoluzione sopra descritta. Direttori della Scuola d’Applicazione per Ingegneri (1877-1935) 1877-1893 Cesare Razzaboni 1893-1910 Jacopo Benetti 1910-1918 Silvio Canevazzi 1918-1923 Luigi Donati 1923-1927 Attilio Muggia 1927-1932 Umberto Puppini 1932-1935 Giuseppe Sartori Presidi della Facoltà di Ingegneria (1935-2007) 1935-1937 Giuseppe Sartori 1937-1945 Umberto Puppini 1945-1947 Aristide Prosciutto 1947-1965 Paolo Dore 1965-1968 Giulio Supino 1968-1975 Giovanni Cocchi 1975-1977 Franco Foraboschi 1977-1980 Giorgio Folloni 1980-1983 Leonardo Calandrino 1983-1989 Leonardo Marchetti 1989-1995 Enrico Lorenzini 1995-2001 Arrigo Pareschi 2001-2007 Guido Masetti 2007-2012 Pier Paolo Diotallevi Presidenti della Scuola di Ingegneria ed Architettura 2012-2015 Pier Paolo Diotallevi 2015-2018 Ezio Mesini Presidenti della Scuola di Ingegneria 2018 - oggi Davide Moro Qualche riferimento anche agli iscritti alla Facoltà di Ingegneria. Dalla istituzione della Scuola al 1927 si laurearono 2326 ingegneri. Se veniamo a tempi più recenti gli iscritti alla Facoltà (ovvero il complesso degli studenti iscritti) crebbero in modo esponenziale: 1958-1959: 1087, 1963-1964: 3271, 1965-1966: 4062. Oggi gli iscritti sono oltre diecimila. Ezio Mesini Professore Ordinario di Idrocarburi e fluidi del sottosuolo Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Carlo Alberto Nucci Ordinario di Sistemi elettrici per l'energia Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Università di BolognaI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.