Le recenti e drammatiche vicende che hanno scosso l’Europa ci chiamano a un urgente ripensamento dell’attuale modello di sviluppo. Il neoliberalismo basato sull’assoluta centralità del mercato, infatti, non pare più in grado di sostenere la realizzazione di un progetto sociale credibile. In tale contesto il lavoro è sempre più precarizzato, atomizzato e frantumato, incapace di mediare e collegare in modo virtuoso progettualità soggettiva e pratiche istituzionali. Lo sviluppo e la diffusione della tecnologia digitale ci pone, d’altra parte, di fronte ad una nuova e grande opportunità, quella di ripensare a partire da tale crisi un modo nuovo e più equo dei rapporti tra lavoro, formazione e cittadinanza. Si tratta di ripensare la relazione stessa che lega intrinsecamente il lavoro a quelle che la filosofa tedesca Rahel Jaeggi definisce forme di vita. Criticare le forme di vita vigenti e impegnarsi per un cambiamento radicale del modello di sviluppo significa, prima di tutto, seguendo ancora la proposta della Jaeggi, ripensare le istituzioni della modernità in modo da ricostituire il legame, da un lato, tra il tessuto delle connessioni sovra-individuali che normano e costituiscono il mondo sociale e le nostre possibilità di azione, e dall’altro, tornare a favorire le capacità dei soggetti a essere protagonisti delle loro proprie vite sociali. Questo è però possibile solamente se si riuscirà a sviluppare una nuova visione del lavoro in grado di connettere le nuove potenzialità tecniche oggi disponibili con una aggiornata visione di giustizia sociale.
F. Chicchi (2024). Il lavoro del reddito di base. Firenze : Firenze University Press [10.36253/979-12-215-0319-7].
Il lavoro del reddito di base
F. Chicchi
2024
Abstract
Le recenti e drammatiche vicende che hanno scosso l’Europa ci chiamano a un urgente ripensamento dell’attuale modello di sviluppo. Il neoliberalismo basato sull’assoluta centralità del mercato, infatti, non pare più in grado di sostenere la realizzazione di un progetto sociale credibile. In tale contesto il lavoro è sempre più precarizzato, atomizzato e frantumato, incapace di mediare e collegare in modo virtuoso progettualità soggettiva e pratiche istituzionali. Lo sviluppo e la diffusione della tecnologia digitale ci pone, d’altra parte, di fronte ad una nuova e grande opportunità, quella di ripensare a partire da tale crisi un modo nuovo e più equo dei rapporti tra lavoro, formazione e cittadinanza. Si tratta di ripensare la relazione stessa che lega intrinsecamente il lavoro a quelle che la filosofa tedesca Rahel Jaeggi definisce forme di vita. Criticare le forme di vita vigenti e impegnarsi per un cambiamento radicale del modello di sviluppo significa, prima di tutto, seguendo ancora la proposta della Jaeggi, ripensare le istituzioni della modernità in modo da ricostituire il legame, da un lato, tra il tessuto delle connessioni sovra-individuali che normano e costituiscono il mondo sociale e le nostre possibilità di azione, e dall’altro, tornare a favorire le capacità dei soggetti a essere protagonisti delle loro proprie vite sociali. Questo è però possibile solamente se si riuscirà a sviluppare una nuova visione del lavoro in grado di connettere le nuove potenzialità tecniche oggi disponibili con una aggiornata visione di giustizia sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.