Questo studio muove dalla necessità di reperire dati utili alla ricostruzione degli spazi di un’abitazione privata, denominata Casa IIIM, che sorse fra la fine del III e il I secolo a.C. nel complesso del Quartiere Ellenistico-Romano di Agrigento. Si tratta di un ampio edificio, realizzato su un impianto tipicamente greco, indagato dalla Missione dell’Università di Bologna a partire dal 2017 e ancora oggetto di scavo. La denominazione della casa è stata formulata in continuità con la nomenclatura proposta da Ernesto De Miro che per primo ha tentato una sintesi storica e archeologica dell’area in cui sorge il contesto specifico e dei cui studi siamo ancora debitori (De Miro 2009). La ricerca presenta le recenti scoperte nell’area con particolare riferimento alle fasi della decorazione parietale. I dati qui presentati si riferiscono ai quattro anni di ricerca (2017-2020), lasciando la discussione dei rinvenimenti dell’ultimo biennio (2021-2022) a una serie di studi di aggiornamento di questo lavoro (fra i primi editi nelle more della stampa: Lepore c.s.a; Idem c.s.b; Caminneci, Lepore, Benfatti c.s.). In modo analogo, gli apparati bibliografico e illustrativo sono necessariamente aggiornati ai primi mesi del 2021 quando questo lavoro è stato discusso come tesi di specializzazione in Beni Archeologici presso l’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna (relatore prof. Giuseppe Lepore, correlatrici: prof.ssa Maria Cristina Carile e prof.ssa Angela Pontrandolfo; direttrice prof.ssa Elisabetta Govi, il 16 marzo 2021). Sono stati utilizzati pochi studi successivi al 2021, quando è stato possibile accedervi, poiché in quel momento erano in corso di stampa. Il contesto – straordinariamente conservato – ha restituito una grande quantità di lacerti di pitture, alcuni ancora aderenti alle murature, e molti frammenti della decorazione in stucco. Il punto di partenza dell’indagine è costituito dai rinvenimenti archeologici. Lo studio prende quindi avvio da quanto emerso in un recente lavoro di presentazione delle indagini della Missione ad Agrigento (Agrigento 1), nonché dall’esperienza di una mostra archeologica, incentrata su pitture e stucchi, maturata nell’ambito del progetto Pinxerunt (Colori Agrigentum). L’obiettivo della ricerca è la comprensione dell’apparato decorativo. In effetti lo scavo presso la Casa IIIM ha portato alla luce diverse tipologie di modanature in stucco, dunque, il quesito di partenza riguarda la possibile esistenza di alcuni significati sottesi a un apparato così sviluppato. Infatti, per le molte tipologie attestate e per la quantità di materiali rinvenuti in crollo, è possibile che gli stucchi rivestissero qualche funzione legata alla percezione degli spazi o assumessero significati connessi alla concezione della realtà e alla sua rappresentazione. In particolar modo, molte modanature sono caratterizzate da una fila di dentelli. Si pone quindi la necessità di individuare le motivazioni che portarono alla riproposizione, in più varianti, di questo preciso stilema. La ricerca si basa, pertanto, sulla decorazione di ambito non figurativo e tenta di delineare il ruolo di tali apparati nel contesto specifico. A tal proposito, è stato indispensabile adottare un approccio contestuale e un punto di vista emico, in modo tale da affrontare le evidenze con cautela e per giungere a riflessioni che possano valere per una realtà geo-cronologica ben definita. Al centro di questo studio è quindi la decorazione priva di figure di una singola casa di età ellenistica in Sicilia. Il caso in esame è la Casa IIIM, che fu oggetto di più fasi di utilizzo e dove si installò un proprietario che parlava la lingua latina. Quest’ultimo dominus fece realizzare decorazioni maturate in ambito italico, come i sistemi pittorici architettonico-illusionistici, pur mantenendo parte delle pitture precedenti. Si tratta di un caso di convivenza culturale per il quale la casa si arricchì di due macro-fasi decorative, espressione di ambiti geografici e culturali differenti. Lo studio muove dalla concezione del termine aniconico e non figurativo come espressioni utili a configurare un settore della produzione materiale antica che non prevedeva la presenza di figure riconducibili al reale (Carile 2019a, più nel dettaglio si veda la Prefazione di Carile in questa sede). Diverso è il senso di aniconismo che implica l’esplicito divieto alla figurazione, più spesso al ritratto. Aniconico in relazione alle molteplici e poliedriche espressioni cultuali non coincide con non figurativo. Tuttavia, la riflessione derivata dall’ampio studio di Victor Heinrich Elbern fa emergere che nella critica d’arte, il termine è usato in contrapposizione a iconico, quindi equivale a «non figurativo», riferito a realizzazioni e a tendenze artistiche che rifiutano la corrispondenza formale della rappresentazione con l’oggetto reale rappresentato (Elbern 1983, Idem 1976; il concetto è quindi rientrato nell’enciclopedia dell’arte medievale Id. 1991; accolto in particolare anche da Biedermann 1977, Idem 1991). Allo stesso modo, anche gli studi sulle espressioni aniconiche dell’architettura greca tengono debito conto dell’espressione religiosa del contesto, così aniconico e non figurativo non hanno margini di sovrapposizione (Gaifman 2012). In quest’ottica, le cornici della Casa IIIM verranno analizzate come produzioni di ambito non figurativo, poiché, seppure rappresentino architetture reali, i segni che le costituiscono e le immagini a cui rimandano non rappresentano più elementi tangibili. Das Ornament non è certo das Argument, ma la dicotomia riegliana circoscrive e descrive un aspetto diverso da ciò che si intende per decorazione aniconica nell’ambito della critica artistica. L’ornamento è una categoria della produzione caratterizzata dalla ripetitività e dal rifiuto della figura che ha molto in comune con la decorazione aniconica. Tuttavia, quest’ultima recide i collegamenti con la realtà rappresentando qualcosa che non trova confronto diretto col tangibile e pertanto rimanda a sensazioni. Così, la decorazione aniconica è sempre una produzione ornamentale – di riegliana e gombrichiana memoria – ma non è detto che das Ornament sia aniconico (Gombrich 1979, Tusini 2008, quindi Riegl 1963). Dunque, si ipotizza che la visione delle modanature trasmettesse all’osservatore un’idea, un senso di monumentalità e altre sensazioni che si tenterà di mettere a fuoco con l’analisi del contesto precipuo. Per indagare il fenomeno sarà necessario riflettere sulla cultura visuale di età ellenistica di riferimento per l’ultimo proprietario dell’abitazione. A questo scopo si analizzeranno una serie di edifici e decorazioni che possano fornire dati utili a tale riflessione: non potrà trattarsi unicamente di contesti domestici per l’esiguità dei dati a disposizione, nonché per il minore stato di conservazione se paragonati – per esempio – alle evidenze di ambito funerario. I contesti indagati non sono pertinenti alla sola Sicilia, piuttosto sono stati presi in esame distretti culturali limitrofi per avere consapevolezza di come l’impiego di elementi comuni, come le cornici, variasse in funzione delle necessità dei differenti ambiti d’uso. Così, dall’osservatorio siciliano, si prenderà in esame una serie di esempi propriamente greci, si passerà quindi a indagare contesti ellenistici che gravitano attorno al Mar Egeo, giungendo ad analizzare la dimensione tirrenica, uno spazio di interscambio nel quale la Sicilia antica ebbe un ruolo certo. Il «respiro mediterraneo» (Matvejević 1988) di questa riflessione sulla decorazione tenta di delineare meglio una classe di materiali come gli stucchi – forse una sottoclasse di intonaci e pitture – che ora pare assumere contorni sufficientemente nitidi, grazie agli sforzi di storici dell’arte e archeologici nell’ultimo trentennio di ricerche; un merito particolare agli studiosi che si sono occupati della Sicilia dove gli stucchi, e in particolare le modanature, sono meglio conosciuti che altrove. Sembra quindi che in tali contesti e in specifiche fasi cronologiche alcuni stucchi possano essere assunti come una sorta di “fossile guida” archeologico per la comprensione di aspetti diversi, non solo temporali. A tale scopo risultano particolarmente significative le otto tipologie di cornici agrigentine che portano qualche nuovo dato al contesto siciliano, in virtù delle cronologie saldamente ancorate alla stratigrafia, nonché per la possibile ricostruzione dei sistemi pittorici di riferimento e delle aree dell’abitazione in cui dovettero apparire. La serie delle cornici in stucco dalla Casa IIIM (diventate tredici tipi differenti con l’identificazione di cinque nuove varianti negli anni 2021-2022), per varietà, qualità e grado di conoscenza, possono migliorare la percezione di specifiche dinamiche culturali. Infatti, l’adozione di certe decorazioni potrebbe essere la spia per alcuni vettori culturali, insediativi, politici e commerciali che permearono il contesto specifico durante l’antichità. In questa ricerca si è scelto di identificare le modanature dal contesto di Agrigento come cornici, nella consapevolezza che il termine, nel lessico archeologico consueto, indichi una porzione specifica dell’intera sequenza di membrature. Questo perché vengono indagate sotto una particolare concezione che deve assumere il punto di vista del committente di lingua latina. Così, le fonti coeve a tale personaggio, come l’opera di Vitruvio, parlano di questi elementi come coronae. Le cornici vanno quindi osservate non come una parte specifica della realizzazione, piuttosto come elementi unitari poiché così venivano percepite dagli antichi (Vitr. IV.II; VII.II-III). Ancora, si sosterrà come la decorazione sia coerente e si addica al contesto per cui fu pensata. Tale concezione deriva da una forma di comunicazione, veicolata dal decorum che deve essere consentaneum allo spazio in cui è esibito (Bravi 2012). Tale resa, che opera sulla sfera della percezione visuale, è riconosciuta dai fruitori come adeguata al luogo in cui “agisce”. Il decus è esattamente ciò che viene trasmesso al pubblico, a partire dalla visione e dalla decodificazione degli elementi del decorum ritenuto decens, quindi capace di acquisire valore per se stesso. Dunque, il decus è l’idea che viene stimolata nel fruitore dalla visione di un decorum percepito come adeguato al contesto, ma è altresì in grado di veicolare una parte del messaggio scelto dal committente, quindi capace di rappresentarlo e di esprimerne le virtù. In questo senso si parlerà di decodificazione del messaggio, ossia l’interpretazione semantica di aspetti strettamente visuali, comunque maturati a partire dal fenomeno visivo. Lo studio è suddiviso in tre parti distinte utili a ricostruire la realtà in cui vennero concepite le decorazioni della Casa IIIM. La prima parte di questo lavoro presenta i dati dal contesto indagato e passa in rassegna materiali e tecnologie edilizie riscontrate durante lo scavo dell’abitazione. Verranno poi analizzati i rinvenimenti archeologici relativi agli stucchi, suddividendoli per tipologie e cronologie di riferimento. La seconda parte dello studio presenta un lungo percorso che porta a delineare la concezione delle modanature in epoca ellenistica. Si darà particolare rilievo a uno stilema specifico, come quello a dentelli. La terza parte si configura come una riflessione conclusiva che intende dimostrare la necessità di indagare sistematicamente gli aspetti trattati in questa sede. Si giungerà quindi a ipotesi che, se calate in contesti diversi, potrebbero portare a conclusioni differenti. Il potere dell’assenza delle figure deve essere ancora definito per molti contesti – di solito si ignora o si sottovaluta questo tipo di decorazione – pertanto, questo studio intende far luce sul fatto che forme decorative di ambito non figurativo devono essere percepite come una necessità d’indagine.

Agrigento 3. Architettura simulata e cultura visuale. La Casa IIIM di Agrigento come un caso di coesistenza culturale / Benfatti Michael. - STAMPA. - (2023), pp. 1-276.

Agrigento 3. Architettura simulata e cultura visuale. La Casa IIIM di Agrigento come un caso di coesistenza culturale

Benfatti Michael
2023

Abstract

Questo studio muove dalla necessità di reperire dati utili alla ricostruzione degli spazi di un’abitazione privata, denominata Casa IIIM, che sorse fra la fine del III e il I secolo a.C. nel complesso del Quartiere Ellenistico-Romano di Agrigento. Si tratta di un ampio edificio, realizzato su un impianto tipicamente greco, indagato dalla Missione dell’Università di Bologna a partire dal 2017 e ancora oggetto di scavo. La denominazione della casa è stata formulata in continuità con la nomenclatura proposta da Ernesto De Miro che per primo ha tentato una sintesi storica e archeologica dell’area in cui sorge il contesto specifico e dei cui studi siamo ancora debitori (De Miro 2009). La ricerca presenta le recenti scoperte nell’area con particolare riferimento alle fasi della decorazione parietale. I dati qui presentati si riferiscono ai quattro anni di ricerca (2017-2020), lasciando la discussione dei rinvenimenti dell’ultimo biennio (2021-2022) a una serie di studi di aggiornamento di questo lavoro (fra i primi editi nelle more della stampa: Lepore c.s.a; Idem c.s.b; Caminneci, Lepore, Benfatti c.s.). In modo analogo, gli apparati bibliografico e illustrativo sono necessariamente aggiornati ai primi mesi del 2021 quando questo lavoro è stato discusso come tesi di specializzazione in Beni Archeologici presso l’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna (relatore prof. Giuseppe Lepore, correlatrici: prof.ssa Maria Cristina Carile e prof.ssa Angela Pontrandolfo; direttrice prof.ssa Elisabetta Govi, il 16 marzo 2021). Sono stati utilizzati pochi studi successivi al 2021, quando è stato possibile accedervi, poiché in quel momento erano in corso di stampa. Il contesto – straordinariamente conservato – ha restituito una grande quantità di lacerti di pitture, alcuni ancora aderenti alle murature, e molti frammenti della decorazione in stucco. Il punto di partenza dell’indagine è costituito dai rinvenimenti archeologici. Lo studio prende quindi avvio da quanto emerso in un recente lavoro di presentazione delle indagini della Missione ad Agrigento (Agrigento 1), nonché dall’esperienza di una mostra archeologica, incentrata su pitture e stucchi, maturata nell’ambito del progetto Pinxerunt (Colori Agrigentum). L’obiettivo della ricerca è la comprensione dell’apparato decorativo. In effetti lo scavo presso la Casa IIIM ha portato alla luce diverse tipologie di modanature in stucco, dunque, il quesito di partenza riguarda la possibile esistenza di alcuni significati sottesi a un apparato così sviluppato. Infatti, per le molte tipologie attestate e per la quantità di materiali rinvenuti in crollo, è possibile che gli stucchi rivestissero qualche funzione legata alla percezione degli spazi o assumessero significati connessi alla concezione della realtà e alla sua rappresentazione. In particolar modo, molte modanature sono caratterizzate da una fila di dentelli. Si pone quindi la necessità di individuare le motivazioni che portarono alla riproposizione, in più varianti, di questo preciso stilema. La ricerca si basa, pertanto, sulla decorazione di ambito non figurativo e tenta di delineare il ruolo di tali apparati nel contesto specifico. A tal proposito, è stato indispensabile adottare un approccio contestuale e un punto di vista emico, in modo tale da affrontare le evidenze con cautela e per giungere a riflessioni che possano valere per una realtà geo-cronologica ben definita. Al centro di questo studio è quindi la decorazione priva di figure di una singola casa di età ellenistica in Sicilia. Il caso in esame è la Casa IIIM, che fu oggetto di più fasi di utilizzo e dove si installò un proprietario che parlava la lingua latina. Quest’ultimo dominus fece realizzare decorazioni maturate in ambito italico, come i sistemi pittorici architettonico-illusionistici, pur mantenendo parte delle pitture precedenti. Si tratta di un caso di convivenza culturale per il quale la casa si arricchì di due macro-fasi decorative, espressione di ambiti geografici e culturali differenti. Lo studio muove dalla concezione del termine aniconico e non figurativo come espressioni utili a configurare un settore della produzione materiale antica che non prevedeva la presenza di figure riconducibili al reale (Carile 2019a, più nel dettaglio si veda la Prefazione di Carile in questa sede). Diverso è il senso di aniconismo che implica l’esplicito divieto alla figurazione, più spesso al ritratto. Aniconico in relazione alle molteplici e poliedriche espressioni cultuali non coincide con non figurativo. Tuttavia, la riflessione derivata dall’ampio studio di Victor Heinrich Elbern fa emergere che nella critica d’arte, il termine è usato in contrapposizione a iconico, quindi equivale a «non figurativo», riferito a realizzazioni e a tendenze artistiche che rifiutano la corrispondenza formale della rappresentazione con l’oggetto reale rappresentato (Elbern 1983, Idem 1976; il concetto è quindi rientrato nell’enciclopedia dell’arte medievale Id. 1991; accolto in particolare anche da Biedermann 1977, Idem 1991). Allo stesso modo, anche gli studi sulle espressioni aniconiche dell’architettura greca tengono debito conto dell’espressione religiosa del contesto, così aniconico e non figurativo non hanno margini di sovrapposizione (Gaifman 2012). In quest’ottica, le cornici della Casa IIIM verranno analizzate come produzioni di ambito non figurativo, poiché, seppure rappresentino architetture reali, i segni che le costituiscono e le immagini a cui rimandano non rappresentano più elementi tangibili. Das Ornament non è certo das Argument, ma la dicotomia riegliana circoscrive e descrive un aspetto diverso da ciò che si intende per decorazione aniconica nell’ambito della critica artistica. L’ornamento è una categoria della produzione caratterizzata dalla ripetitività e dal rifiuto della figura che ha molto in comune con la decorazione aniconica. Tuttavia, quest’ultima recide i collegamenti con la realtà rappresentando qualcosa che non trova confronto diretto col tangibile e pertanto rimanda a sensazioni. Così, la decorazione aniconica è sempre una produzione ornamentale – di riegliana e gombrichiana memoria – ma non è detto che das Ornament sia aniconico (Gombrich 1979, Tusini 2008, quindi Riegl 1963). Dunque, si ipotizza che la visione delle modanature trasmettesse all’osservatore un’idea, un senso di monumentalità e altre sensazioni che si tenterà di mettere a fuoco con l’analisi del contesto precipuo. Per indagare il fenomeno sarà necessario riflettere sulla cultura visuale di età ellenistica di riferimento per l’ultimo proprietario dell’abitazione. A questo scopo si analizzeranno una serie di edifici e decorazioni che possano fornire dati utili a tale riflessione: non potrà trattarsi unicamente di contesti domestici per l’esiguità dei dati a disposizione, nonché per il minore stato di conservazione se paragonati – per esempio – alle evidenze di ambito funerario. I contesti indagati non sono pertinenti alla sola Sicilia, piuttosto sono stati presi in esame distretti culturali limitrofi per avere consapevolezza di come l’impiego di elementi comuni, come le cornici, variasse in funzione delle necessità dei differenti ambiti d’uso. Così, dall’osservatorio siciliano, si prenderà in esame una serie di esempi propriamente greci, si passerà quindi a indagare contesti ellenistici che gravitano attorno al Mar Egeo, giungendo ad analizzare la dimensione tirrenica, uno spazio di interscambio nel quale la Sicilia antica ebbe un ruolo certo. Il «respiro mediterraneo» (Matvejević 1988) di questa riflessione sulla decorazione tenta di delineare meglio una classe di materiali come gli stucchi – forse una sottoclasse di intonaci e pitture – che ora pare assumere contorni sufficientemente nitidi, grazie agli sforzi di storici dell’arte e archeologici nell’ultimo trentennio di ricerche; un merito particolare agli studiosi che si sono occupati della Sicilia dove gli stucchi, e in particolare le modanature, sono meglio conosciuti che altrove. Sembra quindi che in tali contesti e in specifiche fasi cronologiche alcuni stucchi possano essere assunti come una sorta di “fossile guida” archeologico per la comprensione di aspetti diversi, non solo temporali. A tale scopo risultano particolarmente significative le otto tipologie di cornici agrigentine che portano qualche nuovo dato al contesto siciliano, in virtù delle cronologie saldamente ancorate alla stratigrafia, nonché per la possibile ricostruzione dei sistemi pittorici di riferimento e delle aree dell’abitazione in cui dovettero apparire. La serie delle cornici in stucco dalla Casa IIIM (diventate tredici tipi differenti con l’identificazione di cinque nuove varianti negli anni 2021-2022), per varietà, qualità e grado di conoscenza, possono migliorare la percezione di specifiche dinamiche culturali. Infatti, l’adozione di certe decorazioni potrebbe essere la spia per alcuni vettori culturali, insediativi, politici e commerciali che permearono il contesto specifico durante l’antichità. In questa ricerca si è scelto di identificare le modanature dal contesto di Agrigento come cornici, nella consapevolezza che il termine, nel lessico archeologico consueto, indichi una porzione specifica dell’intera sequenza di membrature. Questo perché vengono indagate sotto una particolare concezione che deve assumere il punto di vista del committente di lingua latina. Così, le fonti coeve a tale personaggio, come l’opera di Vitruvio, parlano di questi elementi come coronae. Le cornici vanno quindi osservate non come una parte specifica della realizzazione, piuttosto come elementi unitari poiché così venivano percepite dagli antichi (Vitr. IV.II; VII.II-III). Ancora, si sosterrà come la decorazione sia coerente e si addica al contesto per cui fu pensata. Tale concezione deriva da una forma di comunicazione, veicolata dal decorum che deve essere consentaneum allo spazio in cui è esibito (Bravi 2012). Tale resa, che opera sulla sfera della percezione visuale, è riconosciuta dai fruitori come adeguata al luogo in cui “agisce”. Il decus è esattamente ciò che viene trasmesso al pubblico, a partire dalla visione e dalla decodificazione degli elementi del decorum ritenuto decens, quindi capace di acquisire valore per se stesso. Dunque, il decus è l’idea che viene stimolata nel fruitore dalla visione di un decorum percepito come adeguato al contesto, ma è altresì in grado di veicolare una parte del messaggio scelto dal committente, quindi capace di rappresentarlo e di esprimerne le virtù. In questo senso si parlerà di decodificazione del messaggio, ossia l’interpretazione semantica di aspetti strettamente visuali, comunque maturati a partire dal fenomeno visivo. Lo studio è suddiviso in tre parti distinte utili a ricostruire la realtà in cui vennero concepite le decorazioni della Casa IIIM. La prima parte di questo lavoro presenta i dati dal contesto indagato e passa in rassegna materiali e tecnologie edilizie riscontrate durante lo scavo dell’abitazione. Verranno poi analizzati i rinvenimenti archeologici relativi agli stucchi, suddividendoli per tipologie e cronologie di riferimento. La seconda parte dello studio presenta un lungo percorso che porta a delineare la concezione delle modanature in epoca ellenistica. Si darà particolare rilievo a uno stilema specifico, come quello a dentelli. La terza parte si configura come una riflessione conclusiva che intende dimostrare la necessità di indagare sistematicamente gli aspetti trattati in questa sede. Si giungerà quindi a ipotesi che, se calate in contesti diversi, potrebbero portare a conclusioni differenti. Il potere dell’assenza delle figure deve essere ancora definito per molti contesti – di solito si ignora o si sottovaluta questo tipo di decorazione – pertanto, questo studio intende far luce sul fatto che forme decorative di ambito non figurativo devono essere percepite come una necessità d’indagine.
2023
276
978-88-5491-422-3
Agrigento 3. Architettura simulata e cultura visuale. La Casa IIIM di Agrigento come un caso di coesistenza culturale / Benfatti Michael. - STAMPA. - (2023), pp. 1-276.
Benfatti Michael
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