Il Volume offre numerosi esempi di eccedenza funzionale della nullità classica rispetto all’interesse delle parti o all’interesse pubblico alla rimozione degli effetti del singolo contratto, a causa della forza che l’atto nullo conserva in qualità di fatto. Norme codicistiche come l’art. 2126, l’art. 2332, l’art. 128 e altre ancora si innestano in un sistema complessivo, di cui sono parti essenziali anche la nullità parziale e le nullità relative, che mira alla comparazione degli interessi che emergono dalla produzione degli effetti del contratto nullo o, viceversa, dalla retroattività della dichiarazione di nullità. Il richiamo all’art. 1173 c.c. e alla teoria delle fonti delle obbligazioni pone il problema del superamento di una troppo rigida interpretazione della nullità classica come insanabile e retroattiva, perché dimostra la tendenziale idoneità del fatto a produrre effetti indipendentemente dalla validità del negozio. Oggi più che mai all’interprete spetta confrontarsi con l’idea che al principio quod nullum est nullum producit effectum si affianchi una distinta categoria generale, che si compone di fattispecie diverse dal contratto valido, la quale producit effectum; ciò rende sempre più attuale e urgente uno sforzo sistematico, anche da parte della giurisprudenza, che tenti di mettere ordine fra questi effetti. In alcune ipotesi, la nullità classica con effetti ex tunc può condurre a soluzioni pratiche sconcertanti e mortificare all’eccesso l’affidamento del contraente nelle pattuizioni contrattuali, su cui aveva fondato scelte economiche e di vita. Una tale retroattività deve quindi essere ispirata, alla luce di una lettura orientata dall’art. 3 Cost., alla ragionevolezza delle sue conseguenze, tenuto conto sia dell’interesse delle parti sia dell’interesse della collettività al mantenimento della situazione di fatto prodotta dall’atto nullo. La giustificazione della retroattività, pertanto, deve essere valutata sul piano della ragionevolezza, con l’adozione di un regime rimediale adeguato allo scopo. L’esistenza della fattispecie complessa deve dunque indurre l’interprete, e il giudice in particolare, a considerare il recupero di una porzione di disciplina del contratto che non si riallaccia al contratto (nullo) in quanto negozio, ma in quanto fatto produttivo di obbligazioni. Una tale prospettiva ermeneutica è coerente con i valori costituzionali e, oggi in particolare, con i principi posti dalle direttive della Comunità Europea.

Antonio Albanese (2023). Quod nullum est nullum producit effectum? I vizi del contratto e la forza del fatto. Bologna : University Press [10.30682/sg330].

Quod nullum est nullum producit effectum? I vizi del contratto e la forza del fatto

Antonio Albanese
2023

Abstract

Il Volume offre numerosi esempi di eccedenza funzionale della nullità classica rispetto all’interesse delle parti o all’interesse pubblico alla rimozione degli effetti del singolo contratto, a causa della forza che l’atto nullo conserva in qualità di fatto. Norme codicistiche come l’art. 2126, l’art. 2332, l’art. 128 e altre ancora si innestano in un sistema complessivo, di cui sono parti essenziali anche la nullità parziale e le nullità relative, che mira alla comparazione degli interessi che emergono dalla produzione degli effetti del contratto nullo o, viceversa, dalla retroattività della dichiarazione di nullità. Il richiamo all’art. 1173 c.c. e alla teoria delle fonti delle obbligazioni pone il problema del superamento di una troppo rigida interpretazione della nullità classica come insanabile e retroattiva, perché dimostra la tendenziale idoneità del fatto a produrre effetti indipendentemente dalla validità del negozio. Oggi più che mai all’interprete spetta confrontarsi con l’idea che al principio quod nullum est nullum producit effectum si affianchi una distinta categoria generale, che si compone di fattispecie diverse dal contratto valido, la quale producit effectum; ciò rende sempre più attuale e urgente uno sforzo sistematico, anche da parte della giurisprudenza, che tenti di mettere ordine fra questi effetti. In alcune ipotesi, la nullità classica con effetti ex tunc può condurre a soluzioni pratiche sconcertanti e mortificare all’eccesso l’affidamento del contraente nelle pattuizioni contrattuali, su cui aveva fondato scelte economiche e di vita. Una tale retroattività deve quindi essere ispirata, alla luce di una lettura orientata dall’art. 3 Cost., alla ragionevolezza delle sue conseguenze, tenuto conto sia dell’interesse delle parti sia dell’interesse della collettività al mantenimento della situazione di fatto prodotta dall’atto nullo. La giustificazione della retroattività, pertanto, deve essere valutata sul piano della ragionevolezza, con l’adozione di un regime rimediale adeguato allo scopo. L’esistenza della fattispecie complessa deve dunque indurre l’interprete, e il giudice in particolare, a considerare il recupero di una porzione di disciplina del contratto che non si riallaccia al contratto (nullo) in quanto negozio, ma in quanto fatto produttivo di obbligazioni. Una tale prospettiva ermeneutica è coerente con i valori costituzionali e, oggi in particolare, con i principi posti dalle direttive della Comunità Europea.
2023
397
979-12-5477-302-4
979-12-5477-303-1
Antonio Albanese (2023). Quod nullum est nullum producit effectum? I vizi del contratto e la forza del fatto. Bologna : University Press [10.30682/sg330].
Antonio Albanese
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