Il World War II combat è diventato un modello (o un anti-modello) per la rappresentazione di altri conflitti. Continuamente sottoposto a flessioni e rifrazioni, esso ritorna dagli anni ‘40 del Novecento fino ad oggi. Ha forti rimandi alla storia sociale del paese che lo allaccia ai meccanismi di autorappresentazione della coesione nazionale, ponendo al contempo l’enfasi sulla dimensione soggettiva e gli eventi dolorosi che rappresenta sono al centro di un’ampia riflessione sul trauma nella sua relazione con la rappresentazione, la testimonianza e l’interpretazione. Faccio riferimento al combat sulla seconda guerra mondiale benché Zero Dark Thirty (2012) tratti una forma contemporanea di conflitto e nonostante il combat non sia stato chiamato in causa quando si è presentata l’occasione di inquadrare ZDT rispetto ai generi. Si è parlato piuttosto di “docu-drama” o “reported film”. E’ rilevante invece il fatto che WWII combat si stabilisca come un modello di esperienza cinematografica in congiunture storiche di crisi per celebrare la cultura libertaria statunitense e la leadership della nazione americana, ad esempio la guerra nel Golfo di Three Kings. Può costituire perciò un utile parametro per l’analisi di un film come, che, come è stato osservato, posiziona il cinema in modo nuovo rispetto agli strumenti della conoscenza storica. Nel combat troviamo espressa la necessità di ricostruire i principi portanti di una cosmologia ordinata a fronte di una condizione di caos materiale e morale. A tale bisogno risponde un racconto collettivo che stabilisce la sovranità dell’everyman e dell’America per il ripristino in forze della giustizia. Siamo così in grado di collocare ZDT in un sistema di rappresentazione dell’etica della violenza e chiarirne il posizionamento rispetto a un paesaggio mediale - le tecnologie di comunicazione, le narrazioni ufficiali della guerra e le sue virtualizzazioni mediali.

Zero Dark Thirty / Sara Pesce. - STAMPA. - (2023), pp. 111-128.

Zero Dark Thirty

Sara Pesce
2023

Abstract

Il World War II combat è diventato un modello (o un anti-modello) per la rappresentazione di altri conflitti. Continuamente sottoposto a flessioni e rifrazioni, esso ritorna dagli anni ‘40 del Novecento fino ad oggi. Ha forti rimandi alla storia sociale del paese che lo allaccia ai meccanismi di autorappresentazione della coesione nazionale, ponendo al contempo l’enfasi sulla dimensione soggettiva e gli eventi dolorosi che rappresenta sono al centro di un’ampia riflessione sul trauma nella sua relazione con la rappresentazione, la testimonianza e l’interpretazione. Faccio riferimento al combat sulla seconda guerra mondiale benché Zero Dark Thirty (2012) tratti una forma contemporanea di conflitto e nonostante il combat non sia stato chiamato in causa quando si è presentata l’occasione di inquadrare ZDT rispetto ai generi. Si è parlato piuttosto di “docu-drama” o “reported film”. E’ rilevante invece il fatto che WWII combat si stabilisca come un modello di esperienza cinematografica in congiunture storiche di crisi per celebrare la cultura libertaria statunitense e la leadership della nazione americana, ad esempio la guerra nel Golfo di Three Kings. Può costituire perciò un utile parametro per l’analisi di un film come, che, come è stato osservato, posiziona il cinema in modo nuovo rispetto agli strumenti della conoscenza storica. Nel combat troviamo espressa la necessità di ricostruire i principi portanti di una cosmologia ordinata a fronte di una condizione di caos materiale e morale. A tale bisogno risponde un racconto collettivo che stabilisce la sovranità dell’everyman e dell’America per il ripristino in forze della giustizia. Siamo così in grado di collocare ZDT in un sistema di rappresentazione dell’etica della violenza e chiarirne il posizionamento rispetto a un paesaggio mediale - le tecnologie di comunicazione, le narrazioni ufficiali della guerra e le sue virtualizzazioni mediali.
2023
Kathryn Bigelow
111
128
Zero Dark Thirty / Sara Pesce. - STAMPA. - (2023), pp. 111-128.
Sara Pesce
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