Riflettendo sulla nascita e sull’evoluzione del fumetto di guerra statunitense — un genere fiorito durante la Seconda guerra mondiale, ma con prodromi importanti nel periodo tra le due guerre— il volume indaga come, nel tempo, questo medium sia stato utilizzato sia per promuovere la propaganda bellica alla luce di una identità nazionale mitizzata e coerente con miti del passato, sia per fare emergere prospettive diverse e divisive sulle ragioni e sulle conseguenze dei diversi conflitti, rivelando l’esistenza di traumi e memorie pluricentriche che necessitano ancora di guarire. Se, con la Seconda guerra mondiale, i primi “war comics” statunitensi presentano una chiara distinzione tra bene (incarnato nei valori americani) e male (rappresentato dalle potenze dall’Asse), questo modello narrativo verrà duramente contestato con le due guerre successive, Corea e Vietnam, marcando in modo significativo e duraturo il passaggio dall’idea di “good war” a quella di “dirty war”. Anche il fumetto di guerra, soprattutto nelle sue narrazioni “underground”, contribuisce così alla creazione di fratture identitarie in seno ad una nazione costretta a dubitare non solo della moralità dei conflitti, ma anche di quella delle istituzioni che la guidano, innovando il registro col quale si racconta il trauma: l’uso della parodia e del grottesco inscrivono anche i “fumetti” nella sperimentazione letteraria coeva, creando forme e discorsi ormai al centro dell’indagine accademica. Il fumetto può così essere utilizzato per promuovere narrazioni ufficiali, percorsi revisionisti, dissenso; così come può diventare strumento agente di cittadinanza attiva e consapevole laddove riesce a fare emergere storie trascurate o neglette, come nel caso delle memorie della diaspora vietnamita o il contributo degli afroamericani nell’esercito statunitense. Al centro del volume vi è, dunque, anche un’interrogazione etica sulle potenzialità e sui limiti che un determinato medium letterario e letterato ha di incidere sul divenire di istanze cruciali della nostra società, quali il rapporto tra il potere politico e le narrazioni “popolari”, il ruolo della memoria culturale (o traumatica) nella definizione di identità collettive e individuali, la permanenza della guerra nella geopolitica contemporanea, la formazione di una coscienza civica nazionale e transnazionale ovvero il divenire di una idea di “cittadinanza globale”.
Mattia Arioli (2023). Buone, sporche e dimenticate. Guerre a stelle e strisce. Sarzana-Lugano : Agorà & Co.
Buone, sporche e dimenticate. Guerre a stelle e strisce
Mattia Arioli
2023
Abstract
Riflettendo sulla nascita e sull’evoluzione del fumetto di guerra statunitense — un genere fiorito durante la Seconda guerra mondiale, ma con prodromi importanti nel periodo tra le due guerre— il volume indaga come, nel tempo, questo medium sia stato utilizzato sia per promuovere la propaganda bellica alla luce di una identità nazionale mitizzata e coerente con miti del passato, sia per fare emergere prospettive diverse e divisive sulle ragioni e sulle conseguenze dei diversi conflitti, rivelando l’esistenza di traumi e memorie pluricentriche che necessitano ancora di guarire. Se, con la Seconda guerra mondiale, i primi “war comics” statunitensi presentano una chiara distinzione tra bene (incarnato nei valori americani) e male (rappresentato dalle potenze dall’Asse), questo modello narrativo verrà duramente contestato con le due guerre successive, Corea e Vietnam, marcando in modo significativo e duraturo il passaggio dall’idea di “good war” a quella di “dirty war”. Anche il fumetto di guerra, soprattutto nelle sue narrazioni “underground”, contribuisce così alla creazione di fratture identitarie in seno ad una nazione costretta a dubitare non solo della moralità dei conflitti, ma anche di quella delle istituzioni che la guidano, innovando il registro col quale si racconta il trauma: l’uso della parodia e del grottesco inscrivono anche i “fumetti” nella sperimentazione letteraria coeva, creando forme e discorsi ormai al centro dell’indagine accademica. Il fumetto può così essere utilizzato per promuovere narrazioni ufficiali, percorsi revisionisti, dissenso; così come può diventare strumento agente di cittadinanza attiva e consapevole laddove riesce a fare emergere storie trascurate o neglette, come nel caso delle memorie della diaspora vietnamita o il contributo degli afroamericani nell’esercito statunitense. Al centro del volume vi è, dunque, anche un’interrogazione etica sulle potenzialità e sui limiti che un determinato medium letterario e letterato ha di incidere sul divenire di istanze cruciali della nostra società, quali il rapporto tra il potere politico e le narrazioni “popolari”, il ruolo della memoria culturale (o traumatica) nella definizione di identità collettive e individuali, la permanenza della guerra nella geopolitica contemporanea, la formazione di una coscienza civica nazionale e transnazionale ovvero il divenire di una idea di “cittadinanza globale”.File | Dimensione | Formato | |
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