A Targu-Jiu, città della Romania rumena nel cuore della regione dell’Oltenia, il padre della scultura contemporanea, Constantin Brâncuşi (Hobiţa-Peştişani 1876-Parigi 1957), ha realizzato tra il 1936 e il 1937 un complesso monumentale che costituisce l’opera più importante presente nel suo paese natale e l’unica allestita in uno spazio all’aperto: si tratta della Tavola del silenzio, della Porta del bacio e della Colonna dell’infinito. Un ciclo scultoreo che si è fortunatamente salvato dalla distruzione nell’epoca in cui la Romania si poneva oltre la “cortina di ferro” del mondo comunista. Per molto tempo, nessun occidentale ha potuto vederlo nella sua interezza prima degli anni Sessanta del Novecento, quando è stato riconosciuto il suo ruolo fondante: onorare la memoria dei soldati caduti nella Prima guerra mondiale. Realizzate per volontà della Lega Nazionale delle donne del Gorj, le tre sculture si dispongono lungo una via di complessivi 1500 metri, che ha inizio sulle rive del fiume Jiu (luogo dell’eccidio), si distende nel cuore della città e termina nell’antico mercato del fieno, dove si trova la straordinaria Colonna dell’infinito: è qui che qui entra in gioco il rapporto fra il grande spazio esterno e l’innalzarsi verso il cielo di quella che può essere considerata è una vera e propria icona dell’intera opera di Brancusi. Pur trovando origine dalle conseguenze della guerra, il complesso elide ogni riferimento ai suoi effetti e, nella Porta del bacio, si concentra sul rituale funebre degli sponsali tanatologici che, assumendo il ruolo di compensazione, diventano una pratica consolatoria di ricostruzione dell’ordine sociale dopo il disordine causato dalla guerra e dalla morte. E la Tavola stessa, come nell’Ultima Cena, vuole trasmettere la perdita della vita attraverso un uno stretto parallelismo tra il sacrificio dei soldati e quello di Cristo. A entrare in gioco, insomma, nella radicale modernità dell’opera di Brancusi è l’antica cultura romena, improntata dallo stretto contatto con la natura che non oppone resistenza alla morte, “accogliendola” come parte integrante del ciclo della vita. È questo il senso profondo che Brâncuşi ha saputo tradurre in originali e inedite forme figurative che appartengono a una comune Weltanschaung riguardante la concezione generale della vita romena ma che non finisce di stupirci nella contemporaneità. È questo il solo studio in italiano e del quale sono programmate le traduzioni in rumeno e in spagnolo.

Una infinita memoria. Il ciclo di Constantin Brancusi a Targu Jiu

Lucia Corrain
2023

Abstract

A Targu-Jiu, città della Romania rumena nel cuore della regione dell’Oltenia, il padre della scultura contemporanea, Constantin Brâncuşi (Hobiţa-Peştişani 1876-Parigi 1957), ha realizzato tra il 1936 e il 1937 un complesso monumentale che costituisce l’opera più importante presente nel suo paese natale e l’unica allestita in uno spazio all’aperto: si tratta della Tavola del silenzio, della Porta del bacio e della Colonna dell’infinito. Un ciclo scultoreo che si è fortunatamente salvato dalla distruzione nell’epoca in cui la Romania si poneva oltre la “cortina di ferro” del mondo comunista. Per molto tempo, nessun occidentale ha potuto vederlo nella sua interezza prima degli anni Sessanta del Novecento, quando è stato riconosciuto il suo ruolo fondante: onorare la memoria dei soldati caduti nella Prima guerra mondiale. Realizzate per volontà della Lega Nazionale delle donne del Gorj, le tre sculture si dispongono lungo una via di complessivi 1500 metri, che ha inizio sulle rive del fiume Jiu (luogo dell’eccidio), si distende nel cuore della città e termina nell’antico mercato del fieno, dove si trova la straordinaria Colonna dell’infinito: è qui che qui entra in gioco il rapporto fra il grande spazio esterno e l’innalzarsi verso il cielo di quella che può essere considerata è una vera e propria icona dell’intera opera di Brancusi. Pur trovando origine dalle conseguenze della guerra, il complesso elide ogni riferimento ai suoi effetti e, nella Porta del bacio, si concentra sul rituale funebre degli sponsali tanatologici che, assumendo il ruolo di compensazione, diventano una pratica consolatoria di ricostruzione dell’ordine sociale dopo il disordine causato dalla guerra e dalla morte. E la Tavola stessa, come nell’Ultima Cena, vuole trasmettere la perdita della vita attraverso un uno stretto parallelismo tra il sacrificio dei soldati e quello di Cristo. A entrare in gioco, insomma, nella radicale modernità dell’opera di Brancusi è l’antica cultura romena, improntata dallo stretto contatto con la natura che non oppone resistenza alla morte, “accogliendola” come parte integrante del ciclo della vita. È questo il senso profondo che Brâncuşi ha saputo tradurre in originali e inedite forme figurative che appartengono a una comune Weltanschaung riguardante la concezione generale della vita romena ma che non finisce di stupirci nella contemporaneità. È questo il solo studio in italiano e del quale sono programmate le traduzioni in rumeno e in spagnolo.
2023
145
9788898811823
Lucia Corrain
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/959638
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