The rule of the civil law was followed: l’uso del diritto romano nelle corti inglesi

Nel corso della sua storia, la common law inglese ha mantenuto un rapporto fertile ma ambiguo con il diritto romano. Dai trattati medievali ai riferimenti ispirati alla teoria del diritto naturale di Sir John Holt (1642-1710) e Lord Mansfield (1705-1793), la sua influenza si è presentata in vesti diverse. Se la complessa storia di questo rapporto è stata oggetto di numerosi studi, molta meno attenzione è stata invece dedicata al ricorso al diritto romano e comune nella giurisprudenza contemporanea delle corti inglesi. Questo studio affronta la questione prendendo in esame tre esempi: le decisioni della House of Lords in Foskett v McKeown [2000] UKHL 29, Fairchild v Glenhaven Funeral Services Ltd [2002] UKHL 22, e la recentissima decisione della corte d’appello in Borwick Development Solutions v Clear Water Fisheries [2020] EWCA Civ 578. Come risulterà evidente, il ruolo delle fonti romane nei tribunali di common law risulta problematico sotto due aspetti principali. Nei casi in cui è utilizzato come mero strumento di comparazione, alla stregua di altre giurisdizioni straniere, non è chiaro se e su quali basi i giudici debbano attribuirgli lo stesso peso persuasivo che viene attribuito alle altre fonti contemporanee. Quando la tradizione del diritto romano è invece chiamata in causa dai giudici in virtù del suo legame storico con un particolare istituto o sotto l’influenza di precedenti riferimenti ad essa nella giurisprudenza, l’incertezza è doppia, risultando oscurato sia il metodo da applicare nell’indagine delle fonti, sia il loro ruolo effettivo per la corretta applicazione ed interpretazione della legge.