La visione che proponiamo in questo capitolo considera la pratica della mediazione non solo come strumento di (ri)soluzione di problemi, in un’ottica esclusivamente riparativa, basata cioè sulle criticità, sui problemi e sulle difficoltà, ma come “atteggiamento mentale” volto a sviluppare negli individui qualità positive, come ad esempio l’autodeterminazione e l’autoefficacia: si tratta in altre parole di proporre, in una prospettiva costruttiva, un modo di relazionarsi agli altri che previene il conflitto. Sarebbe infatti limitante considerare la mediazione solamente una tecnica di soluzione dei conflitti. La mediazione accoglie “dentro di sé” la problematicità delle situazioni ed accompagna le persone in un passaggio difficile, offrendo loro uno spazio ed un tempo in cui è possibile andare oltre le emozioni negative come la rabbia, la frustrazione e la delusione: il fine ultimo di questa pratica non è quello di “punire” qualcuno, ma di preservare ogni frammento positivo di quel legame deteriorato dal conflitto, accompagnando le persone in un percorso di resilienza e benessere, sviluppando comprensione e collaborazione. La mediazione, come sostiene Castelli (2000: 111) dovremmo considerarla non più una “terapia per il disagio, ma un modo di favorire il benessere”, un nuovo “paradigma educativo” (Quattroccolo e D’Alessandro 2021) che comprende ascolto, comprensione, dialogo, correttezza, lungimiranza, bene comune.
Guerzoni G., Villano P. (2023). Fare mediazione, oggi : dalla prevenzione alla trasformazione creativa del conflitto. Città di Castello : Odoya [10.17457/9788866804697_INCONTRAREMIGRAZIONI.PDF].
Fare mediazione, oggi : dalla prevenzione alla trasformazione creativa del conflitto
Guerzoni G.
Primo
Writing – Review & Editing
;Villano P.
Secondo
Writing – Original Draft Preparation
2023
Abstract
La visione che proponiamo in questo capitolo considera la pratica della mediazione non solo come strumento di (ri)soluzione di problemi, in un’ottica esclusivamente riparativa, basata cioè sulle criticità, sui problemi e sulle difficoltà, ma come “atteggiamento mentale” volto a sviluppare negli individui qualità positive, come ad esempio l’autodeterminazione e l’autoefficacia: si tratta in altre parole di proporre, in una prospettiva costruttiva, un modo di relazionarsi agli altri che previene il conflitto. Sarebbe infatti limitante considerare la mediazione solamente una tecnica di soluzione dei conflitti. La mediazione accoglie “dentro di sé” la problematicità delle situazioni ed accompagna le persone in un passaggio difficile, offrendo loro uno spazio ed un tempo in cui è possibile andare oltre le emozioni negative come la rabbia, la frustrazione e la delusione: il fine ultimo di questa pratica non è quello di “punire” qualcuno, ma di preservare ogni frammento positivo di quel legame deteriorato dal conflitto, accompagnando le persone in un percorso di resilienza e benessere, sviluppando comprensione e collaborazione. La mediazione, come sostiene Castelli (2000: 111) dovremmo considerarla non più una “terapia per il disagio, ma un modo di favorire il benessere”, un nuovo “paradigma educativo” (Quattroccolo e D’Alessandro 2021) che comprende ascolto, comprensione, dialogo, correttezza, lungimiranza, bene comune.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Guerzoni Villano Fare mediazione.pdf
accesso aperto
Tipo:
Versione (PDF) editoriale
Licenza:
Licenza per Accesso Aperto. Creative Commons Attribuzione (CCBY)
Dimensione
2.94 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.94 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.