Sebbene sull’Autismo sia stata prodotta un’enorme mole di ricerche, a partire dai pioneristici lavori di Leo Kanner e Hans Asperger degli anni ’40, l’esatta caratterizzazione del disturbo non è tutt’ora oggetto di consenso (Cottini 2002; Vicari/Valeri/Fava 2012), soprattutto sotto il profilo dell’eziopatogenesi e dei predittori di esito. Si tratta infatti di una condizione complessa, concepita e definita da clinici e ricercatori «come uno spettro di manifestazioni dai confini sfumati, che si collocano lungo un continuum di gravità» (Vivanti 2021: 13): estremamente varie sono le manifestazioni dei suoi sintomi, sia specifici che associati, al punto da renderne molto ardua la classificazione diagnostica. Il quadro è parimenti eterogeneo se si prendono in considerazione, nello specifico, le traiettorie di sviluppo delle competenze linguistiche in questa popolazione clinica: i “fenotipi comunicativi” individuabili includono infatti sia casi in cui la comunicazione è limitata a semplici vocalizzi, sia eloqui dotati di buona fluenza, seppur talvolta connotati da una dominante dimensione ecolalica (Brandi 2005; Pfanner/Tancredi/Marcheschi 2008). Vi è però una buona concordanza nella letteratura scientifica nell’individuare tra le caratteristiche peculiari del disturbo, anche nei soggetti che esibiscono un buon livello di funzionalità, deficit di natura pragmatica, che si manifestano come scarsità di iniziativa comunicativa, incoerenza nella pianificazione e nell’organizzazione del discorso, mancato utilizzo del canale non verbale (es. gestualità, contatto oculare, prossemica), limitata abilità di integrare l’input linguistico con la conoscenza del mondo, interpretare le intenzioni dell’interlocutore, comprendere le frasi ellittiche e il linguaggio non letterale. Inoltre, soprattutto nella letteratura scientifica anglosassone, numerosi studi documentano atipie riferite agli aspetti soprasegmentali dell’eloquio. L’intonazione e la qualità della voce risultano percettivamente anomale (es. la prosodia è di solito descritta come “aberrante”, “inespressiva”, “cantilenante”, “robotica”, “bizzarra”), il ritmo e l’intensità alterati. In linea con tali evidenze, di cui verrà fornita una sinossi nel § 2, lo studio si propone di descrivere l’eloquio di un campione di bambini italofoni di età scolare con Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) a livello fonetico-acustico e pragmatico, “quantificandone” le peculiarità a partire dalla trascrizione e dall’analisi linguistica della produzione verbale durante un compito di generazione di storia.
Biancalani, S., Gagliardi, G., Innocenti, M. (2023). Aspetti soprasegmentali e pragmatici dell’eloquio di bambini di età scolare con disturbo dello spettro autistico. Uno studio pilota.. Roma : Aracne.
Aspetti soprasegmentali e pragmatici dell’eloquio di bambini di età scolare con disturbo dello spettro autistico. Uno studio pilota.
Gloria Gagliardi
;
2023
Abstract
Sebbene sull’Autismo sia stata prodotta un’enorme mole di ricerche, a partire dai pioneristici lavori di Leo Kanner e Hans Asperger degli anni ’40, l’esatta caratterizzazione del disturbo non è tutt’ora oggetto di consenso (Cottini 2002; Vicari/Valeri/Fava 2012), soprattutto sotto il profilo dell’eziopatogenesi e dei predittori di esito. Si tratta infatti di una condizione complessa, concepita e definita da clinici e ricercatori «come uno spettro di manifestazioni dai confini sfumati, che si collocano lungo un continuum di gravità» (Vivanti 2021: 13): estremamente varie sono le manifestazioni dei suoi sintomi, sia specifici che associati, al punto da renderne molto ardua la classificazione diagnostica. Il quadro è parimenti eterogeneo se si prendono in considerazione, nello specifico, le traiettorie di sviluppo delle competenze linguistiche in questa popolazione clinica: i “fenotipi comunicativi” individuabili includono infatti sia casi in cui la comunicazione è limitata a semplici vocalizzi, sia eloqui dotati di buona fluenza, seppur talvolta connotati da una dominante dimensione ecolalica (Brandi 2005; Pfanner/Tancredi/Marcheschi 2008). Vi è però una buona concordanza nella letteratura scientifica nell’individuare tra le caratteristiche peculiari del disturbo, anche nei soggetti che esibiscono un buon livello di funzionalità, deficit di natura pragmatica, che si manifestano come scarsità di iniziativa comunicativa, incoerenza nella pianificazione e nell’organizzazione del discorso, mancato utilizzo del canale non verbale (es. gestualità, contatto oculare, prossemica), limitata abilità di integrare l’input linguistico con la conoscenza del mondo, interpretare le intenzioni dell’interlocutore, comprendere le frasi ellittiche e il linguaggio non letterale. Inoltre, soprattutto nella letteratura scientifica anglosassone, numerosi studi documentano atipie riferite agli aspetti soprasegmentali dell’eloquio. L’intonazione e la qualità della voce risultano percettivamente anomale (es. la prosodia è di solito descritta come “aberrante”, “inespressiva”, “cantilenante”, “robotica”, “bizzarra”), il ritmo e l’intensità alterati. In linea con tali evidenze, di cui verrà fornita una sinossi nel § 2, lo studio si propone di descrivere l’eloquio di un campione di bambini italofoni di età scolare con Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) a livello fonetico-acustico e pragmatico, “quantificandone” le peculiarità a partire dalla trascrizione e dall’analisi linguistica della produzione verbale durante un compito di generazione di storia.File | Dimensione | Formato | |
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