Se nel corpo dell’architettura è esistito un elemento che al tempo stesso ha rappresentato la ragione tecnica dell’atto del sostenere e il valore simbolico che eleva la costruzione ad arte della comunicazione e simbolo di una civiltà, questo può essere indicato nella colonna che non a caso, nei secoli e nelle varie teorie formulate nella nostra disciplina, a partire da quella decisiva scritta nelle pagine del De Re Aedificatoria, è stata additata essere al tempo stesso la parte più resistente del muro e l’ornamentum primo dell’architettura. Negli anni Dieci del XXI secolo, tornare a considerare la colonna alla luce della contraddizione scoperta da Alberti non è affatto un sofisticato e inutile gioco accademico che riguarda il destino di quell’unico elemento. Sin dalla sua apparizione, fala ha deciso di assumere una posizione di provocazione sperimentale talmente convinta e intensa da aver scatenato reazioni da parte di importanti riviste di architettura, da essere stata additata a paradigma di un pericoloso edonismo, e da aver lasciato in una indifferenza la cosiddetta Scuola di Porto indispettita per sospetto di tradimento; e al tempo stesso, e al contrario, da aver suscitato l’eccitazione dei consumatori di immagini Instagram, e da aver alimentato la fuga nell’universo di un collage deliberatamente conchiuso in se stesso (ma che non era il concetto di collage professato da fala). La posizione di fala nel dibattito contemporaneo coincide simbolicamente con quella delle colonne che nelle sue architetture solitamente si distaccano dalla posizione in cui ci si attende, oggi, debbano essere erette; si svincolano dalle consuetudini logiche facendo un passo di lato o in avanti rispetto alle travi; e rivendicano un proprio significato che a quasi tutti noi era apparso ormai inattuale
Rosellini Anna, Gargiani Roberto (2023). The Disorienting Column. Tokyo : A+U Publishing Co., Ldt.
The Disorienting Column
Rosellini Anna;
2023
Abstract
Se nel corpo dell’architettura è esistito un elemento che al tempo stesso ha rappresentato la ragione tecnica dell’atto del sostenere e il valore simbolico che eleva la costruzione ad arte della comunicazione e simbolo di una civiltà, questo può essere indicato nella colonna che non a caso, nei secoli e nelle varie teorie formulate nella nostra disciplina, a partire da quella decisiva scritta nelle pagine del De Re Aedificatoria, è stata additata essere al tempo stesso la parte più resistente del muro e l’ornamentum primo dell’architettura. Negli anni Dieci del XXI secolo, tornare a considerare la colonna alla luce della contraddizione scoperta da Alberti non è affatto un sofisticato e inutile gioco accademico che riguarda il destino di quell’unico elemento. Sin dalla sua apparizione, fala ha deciso di assumere una posizione di provocazione sperimentale talmente convinta e intensa da aver scatenato reazioni da parte di importanti riviste di architettura, da essere stata additata a paradigma di un pericoloso edonismo, e da aver lasciato in una indifferenza la cosiddetta Scuola di Porto indispettita per sospetto di tradimento; e al tempo stesso, e al contrario, da aver suscitato l’eccitazione dei consumatori di immagini Instagram, e da aver alimentato la fuga nell’universo di un collage deliberatamente conchiuso in se stesso (ma che non era il concetto di collage professato da fala). La posizione di fala nel dibattito contemporaneo coincide simbolicamente con quella delle colonne che nelle sue architetture solitamente si distaccano dalla posizione in cui ci si attende, oggi, debbano essere erette; si svincolano dalle consuetudini logiche facendo un passo di lato o in avanti rispetto alle travi; e rivendicano un proprio significato che a quasi tutti noi era apparso ormai inattualeI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.