La costruzione dell’immaginario antimafia successivo alle stragi del 23 maggio e del 19 luglio 1992, in cui muoiono Falcone e Borsellino, è profondamente legato a un apparato iconografico (Puccio-Den 2009, 2022) che ruota intorno a un’immagine particolare: lo scatto del fotografo Toni Gentile. La fotografia, in bianco e nero, ritrae i giudici insieme, a mezzobusto, piegati l’uno verso l’altro nell’atto intimo di scherzare, sottraendosi temporaneamente al contesto istituzionale che la scrivania e i microfoni dietro ai quali sono seduti suggerisce. Questa immagine è indicata unanimemente come uno dei principali simboli della cultura della legalità, dell’onestà e del coraggio. A questo titolo, dalla prima pagine de Il messaggero su cui è apparsa per la prima volta, dopo la morte di Borsellino, è stata oggetto di innumerevoli riprese: negli striscioni delle manifestazioni organizzate dalle associazioni del Comitato dei lenzuoli e Palermo Anno Uno dopo le stragi; nei numerosissimi documentari che e reportage che hanno immediatamente conferito il carattere di “presente storico” agli eventi; in opere di arte pubblica, a Palermo e altrove, per la commemorazione del 23 maggio; in infinite rimediazioni, sui social e come nello spazio urbano, che riprendono la struttura plastica e figurativa della fotografia trasferendo il legame che vi è rappresentato su figure di altri attori, sostituendo Falcone e Borsellino o mostrando simultaneamente l’immagine fonte e quella derivata. Tuttavia, la “simbolicità” (Eco 1984) di questa foto, nei suoi usi politici, memoriali, pedagogici, non ha ancora ricevuto spiegazioni convincenti. La più in voga, tanto presso la pubblicistica (Scianna 2017) che nel discorso accademico (Ravveduto 2019: 146-147), è la sua capacità di condensazione di un “momento storico”. In questo intervento, nel rintracciare una genealogia della proliferazione di queste immagini su supporti e contesti discorsivi diversi, cercheremo di dimostrare il contrario: che non è la storia a fare le immagini, ma la proliferazione e la rimediazione (Bolter e Grusin 1999) delle immagini, nonché la loro stratificazione nella “memoria visiva” di una cultura (Mitchell 2015), che determinano le letture storiche degli eventi e dei personaggi che vi hanno partecipato. Nel proporre questa genealogia, oltre a evidenziarne alcune caratteristiche formali (Goodman 1977; Barthes 1980; Floch 1986, 1995) e la permanenza di temi e motivi visivi (Panofsky [1955] 2010; Calabrese [1986] 1992; Marrone 1995), cercheremo anche di differenziare gli ambiti semantici – politici, memoriali, pedagogici – che dominano in ciascuno contesto d’apparizione dell’immagine, mostrando come la sua “aura” e i suoi effetti di sacralità (Benjamin [1935] 1968; Otto [1917] 1923), saldino il testo visivo a particolari forme di circolazione dell’immagine nell’economia simbolica del discorso antimafia.

Carlo Andrea Tassinari (2023). Falcone e Borsellino. Milano : Meltemi.

Falcone e Borsellino

Carlo Andrea Tassinari
2023

Abstract

La costruzione dell’immaginario antimafia successivo alle stragi del 23 maggio e del 19 luglio 1992, in cui muoiono Falcone e Borsellino, è profondamente legato a un apparato iconografico (Puccio-Den 2009, 2022) che ruota intorno a un’immagine particolare: lo scatto del fotografo Toni Gentile. La fotografia, in bianco e nero, ritrae i giudici insieme, a mezzobusto, piegati l’uno verso l’altro nell’atto intimo di scherzare, sottraendosi temporaneamente al contesto istituzionale che la scrivania e i microfoni dietro ai quali sono seduti suggerisce. Questa immagine è indicata unanimemente come uno dei principali simboli della cultura della legalità, dell’onestà e del coraggio. A questo titolo, dalla prima pagine de Il messaggero su cui è apparsa per la prima volta, dopo la morte di Borsellino, è stata oggetto di innumerevoli riprese: negli striscioni delle manifestazioni organizzate dalle associazioni del Comitato dei lenzuoli e Palermo Anno Uno dopo le stragi; nei numerosissimi documentari che e reportage che hanno immediatamente conferito il carattere di “presente storico” agli eventi; in opere di arte pubblica, a Palermo e altrove, per la commemorazione del 23 maggio; in infinite rimediazioni, sui social e come nello spazio urbano, che riprendono la struttura plastica e figurativa della fotografia trasferendo il legame che vi è rappresentato su figure di altri attori, sostituendo Falcone e Borsellino o mostrando simultaneamente l’immagine fonte e quella derivata. Tuttavia, la “simbolicità” (Eco 1984) di questa foto, nei suoi usi politici, memoriali, pedagogici, non ha ancora ricevuto spiegazioni convincenti. La più in voga, tanto presso la pubblicistica (Scianna 2017) che nel discorso accademico (Ravveduto 2019: 146-147), è la sua capacità di condensazione di un “momento storico”. In questo intervento, nel rintracciare una genealogia della proliferazione di queste immagini su supporti e contesti discorsivi diversi, cercheremo di dimostrare il contrario: che non è la storia a fare le immagini, ma la proliferazione e la rimediazione (Bolter e Grusin 1999) delle immagini, nonché la loro stratificazione nella “memoria visiva” di una cultura (Mitchell 2015), che determinano le letture storiche degli eventi e dei personaggi che vi hanno partecipato. Nel proporre questa genealogia, oltre a evidenziarne alcune caratteristiche formali (Goodman 1977; Barthes 1980; Floch 1986, 1995) e la permanenza di temi e motivi visivi (Panofsky [1955] 2010; Calabrese [1986] 1992; Marrone 1995), cercheremo anche di differenziare gli ambiti semantici – politici, memoriali, pedagogici – che dominano in ciascuno contesto d’apparizione dell’immagine, mostrando come la sua “aura” e i suoi effetti di sacralità (Benjamin [1935] 1968; Otto [1917] 1923), saldino il testo visivo a particolari forme di circolazione dell’immagine nell’economia simbolica del discorso antimafia.
2023
Simboli d'oggi. Critica dell'inflazione semiotica
281
312
Carlo Andrea Tassinari (2023). Falcone e Borsellino. Milano : Meltemi.
Carlo Andrea Tassinari
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/948163
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