A partire dall’esperienza del corso di formazione permanente Prospettive di genere nella didattica delle discipline, promosso nell’anno accademico 2016-2017 dal CSGE-Centro Studi sul Genere e l’Educazione dell’Università di Bologna e che vedrà, in questo A.A. la seconda edizione, si vuole proporre una riflessione sulla necessità di pensare la formazione didattica delle figure professionali nei contesti educativi e scolastici come una dimensione in continua ricerca, imprescindibile proprio per rispondere alle istanze educative sulle questioni di genere. Il percorso ha promosso una formazione e un’educazione al rispetto delle differenze e delle pari opportunità sviluppando riflessioni critiche e strumenti trasversali alle diverse discipline e alle relazioni in classe, per sostenere un approccio di genere nella scuola e, più in generale, nel sistema formativo a partire dalla prima infanzia. Nel controverso dibattito sull’educazione alle differenze di genere e alle pari opportunità si è ritenuto, infatti, necessario centrare l’attenzione sugli aspetti metodologici attraverso cui poter “dare forma” a percorsi di educazione e di apprendimento che intreccino obiettivi disciplinari e di formazione extrascolastica a chiavi di lettura per acquisire consapevolezza continua anche rispetto ai propri posizionamenti di genere, col fine di riconoscere stereotipi e pregiudizi alla base delle differenze di genere e dei ruoli attribuiti loro nella nostra società, di smantellare modelli stereotipati di educazione e rappresentazione di genere nelle pratiche quotidiane e di promuovere il rispetto delle diversità. L’ambito scolastico è uno spazio privilegiato per combattere la discriminazione e la violenza di genere: l’importanza della formazione del personale docente in questo senso è fondamentale e funzionale non solo alla prevenzione ma anche allo sviluppo di una cultura dei diritti e delle pari opportunità (si pensi, ad esempio, al fenomeno del cosiddetto soffitto di cristallo). La proposta, infatti, di una dimensione educativa che rifletta sul genere e sugli stereotipi culturali, non è quella di relegare l’educazione al genere ad un ambito disciplinare a sé, quello che potremmo definire un curricolo di genere, bensì ad una dimensione trasversale, una chiave per leggere la realtà, per scoprire nuovi percorsi di senso, nuovi significati possibili che nascono dal rendere visibile, dal liberare, finalmente, il “discorso” delle donne e non solo: i saperi, come i corpi non sono mai neutri né neutrali. Un curricolo “inclusivo del genere” costituisce una sfida per una didattica capace di intrecciare la prospettiva dell’apprendimento con quella della costruzione di conoscenza come processo relazionale di educazione alla cittadinanza, al bene comune e alla responsabilità condivisa. La stessa trasversalità è stata la base sulla quale il Comitato Scientifico - composto da studiose appartenenti al CSGE - ha progettato il corso, individuando obiettivi specifici che andassero oltre i contenuti disciplinari per sviluppare una più ampia prospettiva di genere, in un orizzonte teorico che si inserisce nell’approccio del problematicismo pedagogico e in una dimensione di ricerca educativa continua, di messa in discussione del sapere dogmatico. Lo smascheramento degli stereotipi passa necessariamente attraverso una didattica mirata e allo stesso tempo in ricerca, che non può e non deve essere episodica o saltuaria, come oggi generalmente avviene con la realizzazione di progetti periodici gestiti da figure esterne alla scuola. Ogni insegnante curricolare dovrebbe dare una prospettiva di genere alla propria didattica, un punto di vista capace di decostruire i pregiudizi e costruire visioni complesse e differenti. Lo sguardo di genere deve coinvolgere ogni attività della prassi didattica: dalla formazione alla programmazione, dal linguaggio alle metodologie per sviluppare un’autentica consapevolezza critica rispetto ai complessi modelli culturali della società contemporanea. La permanenza nella società degli stereotipi di genere è da ricondurre anche alla non-esistenza di una politica scolastica e educativa che prepari gli insegnanti di ogni ordine e grado in modo sistemico ad affrontare il proprio ambito disciplinare attraverso anche questo sguardo (si rileva, infatti la mancanza di un curriculum formativo obbligatorio rispetto ai gender studies nei percorsi di Scienze della Formazione, nonché nei corsi abilitanti per insegnanti e nei corsi di aggiornamento). Certo è che, negli ultimi anni, sono nate “dal basso” diverse sperimentazioni da parte di insegnanti, senza tuttavia ricevere adeguato supporto del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca. Sperimentazioni che stanno costruendo modelli di pratiche didattiche fuori e dentro la scuola, l’Università, nei territori. D’altra parte, non possiamo ritenere la scuola immune da una tradizione culturale che ha escluso le donne dalle scienze e gli uomini dalle sfere educative e di cura. Anche la crescente e apparentemente irreversibile femminilizzazione del corpo docente, causa-effetto di una svalutazione socio-economica della professione, costituisce un elemento di complessità relativo all’identità di genere. Come professionisti/e dell’educazione il nostro compito è quello di promuovere azioni educative trasversali volte, da un lato, a favorire il riconoscimento nei bambini e nelle bambine dei condizionamenti sociali provocati da rappresentazioni binarie; dall’altro a prevenire fenomeni violenti e discriminatori che ricalcano una visione patriarcale della società.

Prospettive di genere, didattica e formazione degli insegnanti

Nardone R.
;
Zanetti F.
2022

Abstract

A partire dall’esperienza del corso di formazione permanente Prospettive di genere nella didattica delle discipline, promosso nell’anno accademico 2016-2017 dal CSGE-Centro Studi sul Genere e l’Educazione dell’Università di Bologna e che vedrà, in questo A.A. la seconda edizione, si vuole proporre una riflessione sulla necessità di pensare la formazione didattica delle figure professionali nei contesti educativi e scolastici come una dimensione in continua ricerca, imprescindibile proprio per rispondere alle istanze educative sulle questioni di genere. Il percorso ha promosso una formazione e un’educazione al rispetto delle differenze e delle pari opportunità sviluppando riflessioni critiche e strumenti trasversali alle diverse discipline e alle relazioni in classe, per sostenere un approccio di genere nella scuola e, più in generale, nel sistema formativo a partire dalla prima infanzia. Nel controverso dibattito sull’educazione alle differenze di genere e alle pari opportunità si è ritenuto, infatti, necessario centrare l’attenzione sugli aspetti metodologici attraverso cui poter “dare forma” a percorsi di educazione e di apprendimento che intreccino obiettivi disciplinari e di formazione extrascolastica a chiavi di lettura per acquisire consapevolezza continua anche rispetto ai propri posizionamenti di genere, col fine di riconoscere stereotipi e pregiudizi alla base delle differenze di genere e dei ruoli attribuiti loro nella nostra società, di smantellare modelli stereotipati di educazione e rappresentazione di genere nelle pratiche quotidiane e di promuovere il rispetto delle diversità. L’ambito scolastico è uno spazio privilegiato per combattere la discriminazione e la violenza di genere: l’importanza della formazione del personale docente in questo senso è fondamentale e funzionale non solo alla prevenzione ma anche allo sviluppo di una cultura dei diritti e delle pari opportunità (si pensi, ad esempio, al fenomeno del cosiddetto soffitto di cristallo). La proposta, infatti, di una dimensione educativa che rifletta sul genere e sugli stereotipi culturali, non è quella di relegare l’educazione al genere ad un ambito disciplinare a sé, quello che potremmo definire un curricolo di genere, bensì ad una dimensione trasversale, una chiave per leggere la realtà, per scoprire nuovi percorsi di senso, nuovi significati possibili che nascono dal rendere visibile, dal liberare, finalmente, il “discorso” delle donne e non solo: i saperi, come i corpi non sono mai neutri né neutrali. Un curricolo “inclusivo del genere” costituisce una sfida per una didattica capace di intrecciare la prospettiva dell’apprendimento con quella della costruzione di conoscenza come processo relazionale di educazione alla cittadinanza, al bene comune e alla responsabilità condivisa. La stessa trasversalità è stata la base sulla quale il Comitato Scientifico - composto da studiose appartenenti al CSGE - ha progettato il corso, individuando obiettivi specifici che andassero oltre i contenuti disciplinari per sviluppare una più ampia prospettiva di genere, in un orizzonte teorico che si inserisce nell’approccio del problematicismo pedagogico e in una dimensione di ricerca educativa continua, di messa in discussione del sapere dogmatico. Lo smascheramento degli stereotipi passa necessariamente attraverso una didattica mirata e allo stesso tempo in ricerca, che non può e non deve essere episodica o saltuaria, come oggi generalmente avviene con la realizzazione di progetti periodici gestiti da figure esterne alla scuola. Ogni insegnante curricolare dovrebbe dare una prospettiva di genere alla propria didattica, un punto di vista capace di decostruire i pregiudizi e costruire visioni complesse e differenti. Lo sguardo di genere deve coinvolgere ogni attività della prassi didattica: dalla formazione alla programmazione, dal linguaggio alle metodologie per sviluppare un’autentica consapevolezza critica rispetto ai complessi modelli culturali della società contemporanea. La permanenza nella società degli stereotipi di genere è da ricondurre anche alla non-esistenza di una politica scolastica e educativa che prepari gli insegnanti di ogni ordine e grado in modo sistemico ad affrontare il proprio ambito disciplinare attraverso anche questo sguardo (si rileva, infatti la mancanza di un curriculum formativo obbligatorio rispetto ai gender studies nei percorsi di Scienze della Formazione, nonché nei corsi abilitanti per insegnanti e nei corsi di aggiornamento). Certo è che, negli ultimi anni, sono nate “dal basso” diverse sperimentazioni da parte di insegnanti, senza tuttavia ricevere adeguato supporto del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca. Sperimentazioni che stanno costruendo modelli di pratiche didattiche fuori e dentro la scuola, l’Università, nei territori. D’altra parte, non possiamo ritenere la scuola immune da una tradizione culturale che ha escluso le donne dalle scienze e gli uomini dalle sfere educative e di cura. Anche la crescente e apparentemente irreversibile femminilizzazione del corpo docente, causa-effetto di una svalutazione socio-economica della professione, costituisce un elemento di complessità relativo all’identità di genere. Come professionisti/e dell’educazione il nostro compito è quello di promuovere azioni educative trasversali volte, da un lato, a favorire il riconoscimento nei bambini e nelle bambine dei condizionamenti sociali provocati da rappresentazioni binarie; dall’altro a prevenire fenomeni violenti e discriminatori che ricalcano una visione patriarcale della società.
2022
La ricerca educativa per la formazione degli insegnanti ( Convegno Università degli Studi di Perugia, 27-28 ottobre 2022). Book of abstracts.
167
168
Nardone R., Zanetti F.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/937936
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