In spite of the enunciation of the wide guarantees enjoyed by religious freedom and its manifestations, the 'right to a place of worship' and the possibility of using suitable spaces for this purpose is a theme that periodically reappears at the center of the public debate in today's multicultural and pluralistic societies. Such an attention clearly finds its primary impulse in the requests from 'new' religious communities which, although present in an increasingly consistent measure on our national territory, not infrequently they are completely devoid of spaces suitable for constituting what is now peacefully recognized as a 'physical prerequisite' for the exercise of freedom of worship itself. Such a transformation has naturally affected first of all the juridical and administrative level, by not only directing the development of the reference discipline, but – fundamentally – by questioning the role and the very meaning of the notion of 'place of worship' in the context designed from State law: a notion whose distinctive characteristics have in fact been deemed necessary to be identified again in the light of the need to include a plurality of cases which until now had been substantially ignored by our legal system. In the face of such a scenario, alongside the analysis of the evolutionary prospects to which the legislation can open up, we have also witnessed the formulation of concrete proposals aimed at overcoming – or at least mitigating – the main criticalities: among these, an hypothesis prefigured in a recurring way has proved to be, for example, the one relating to the sharing of places of worship, or the transfer of spaces no longer used by the original communities to different confessions, whose faithful cannot rely on suitable structures for carrying out their own celebrations. On some occasions, these suggestions have therefore come together spontaneously with the reflections prompted by the different but contiguous phenomenon of the increasingly frequent abandonment of Catholic churches: a trend that has now become consolidated, with very problematic implications, even beyond of our national borders, arriving to touch – with different incidences, but in a transversal way – almost all the so-called 'Countries of ancient evangelization'. In examining the effective feasibility of similar initiatives, however, it is essential to proceed away from easy enthusiasm, bearing in mind that they can prove to be truly decisive – and, before that, admissible – only if they are authentically respectful of the different identities of each community involved: an outcome that cannot be taken for granted, but requires to be made the object of a careful evaluation, capable of understanding and taking into due consideration all the relevant elements, according to an operation which – although based primarily on theological reasons – can only make use of legal instruments as well. It is in this sense that we therefore propose, precisely taking into consideration the specific condition of the Catholic churches, to determine if and to what extent the perspective described can find acceptance in the light of Canon law: an attempt that will necessarily have to start, first of all, by the very concepts of 'sacred place' and 'church-building' as defined by the current Codex Iuris Canonici, to which a specific Title of the fourth Book De Ecclesiae munere sanctificandi is specifically dedicated, as well as by the criteria and methods established for their concrete use (can. 1210) and for the hypothesis of their relegation to profane use, with consequent change of use of the property (can. 1222). In order to translate the general framework thus outlined into the specific terms of the question of our interest and to identify an essential nucleus of good practices that can from time to time guide the appropriate assessments in this regard, the provisions of the Code will naturally have to be integrated with the guiding principles and operational indications that can be obtained – at the respective, different levels – from the interventions of the dicasteries of the Roman Curia and from the documents of the Italian Bishops' Conference: let's just think, with reference to the last profile mentioned, about the contribution recently provided by the "Procedural Guidelines for the Modification of Parishes and the Closure, Relegation and Alienation of Churches" by the Congregation for the clergy and the "Guidelines: Decommissioning and Ecclesial Reuse of Churches" by the Pontifical Council for Culture. The results obtained will in turn be able to finally be compared with the other essential elements of comparison for such an itinerary, which are the principles on ecumenism and the guidelines on interreligious dialogue: in this sense, it will be also possible to rely on the contribution provided respectively by the Pontifical Council for Promoting Christian Unity and the Pontifical Council for Interreligious Dialogue, as well as on the precious support provided by the precise instructions formulated by the Italian Bishops' Conference for specific cases, such as the criteria dictated for the possible concession of places of worship in the Vademecum for the pastoral care of Catholic parishes towards non-Catholic Orientals drawn up by the National Office for Ecumenism and Interreligious Dialogue and the National Office for Legal Problems.

Nonostante l'enunciazione delle ampie garanzie assicurate alla libertà religiosa e alle sue manifestazioni, quello relativo al 'diritto al luogo di culto' e alla possibilità di fruire di spazi adeguati a tale scopo è un tema che periodicamente si ripresenta con forza al centro del dibattito pubblico nelle odierne società multiculturali e pluraliste: un'attenzione che chiaramente trova il suo impulso primario soprattutto nelle istanze delle 'nuove' comunità religiose che, benché presenti in misura sempre più consistente sul nostro territorio nazionale (o la cui presenza si attesta comunque in proporzioni del tutto inedite rispetto a quanto era possibile riscontrare fino a tempi ancora recenti), non di rado risultano affatto prive di spazi idonei a costituire quello che pure è ormai pacificamente riconosciuto come un 'presupposto fisico' all'esercizio della stessa libertà di culto. Una simile trasformazione ha naturalmente investito innanzitutto il piano giuridico e amministrativo, non solo informando e indirizzando lo sviluppo della disciplina di riferimento, ma – in radice – ponendo in discussione il ruolo e il significato stesso della nozione di 'luogo di culto' nel contesto disegnato dal diritto statuale: nozione di cui si è infatti ritenuto necessario individuare nuovamente i caratteri distintivi alla luce del bisogno di ricomprendervi una pluralità di fattispecie che fino ad ora erano state sostanzialmente ignorate dal nostro ordinamento. A fronte di un simile scenario, a fianco dell’analisi delle prospettive evolutive a cui può aprirsi la normativa in questione si è assistito inoltre alla formulazione di proposte concrete e innovative volte a superare – o perlomeno a mitigare – le criticità principali: tra queste, ipotesi prefigurate in modo ricorrente si sono rivelate ad esempio quelle relative alla condivisione di luoghi di culto, o alla cessione di spazi non più utilizzati dalle comunità originarie a confessioni diverse, i cui fedeli non possono contare su strutture idonee allo svolgimento delle proprie celebrazioni. In alcune occasioni, tali suggestioni sono perciò venute coniugandosi spontaneamente con le riflessioni sollecitate dal fenomeno – differente ma contiguo, rispetto a quello in parola – della sempre più frequente dismissione di chiese cattoliche: tendenza ormai consolidatasi, con risvolti assai problematici, anche al di là dei nostri confini nazionali, arrivando a toccare – con incidenza diversa, ma in modo trasversale – pressoché tutti i cosiddetti 'Paesi di antica evangelizzazione'. Nel vagliare l'effettiva realizzabilità di simili iniziative è tuttavia indispensabile procedere al riparo da facili entusiasmi, tenendo conto che esse possono rivelarsi davvero risolutive – e, prima ancora, ammissibili – solo laddove risultino autenticamente rispettose delle diverse identità di ciascuna comunità coinvolta: presupposto che non rende certo scontato tale esito, il quale dovrà anzi a maggior ragione essere fatto oggetto di accurate valutazioni, capaci di comprendere e tenere nella giusta considerazione tutti gli elementi rilevanti, secondo un'operazione che – benché fondata su ragioni primariamente teologiche – non può che avvalersi di strumenti anche giuridici. È in questo senso che ci proponiamo perciò, prendendo appunto in esame la condizione specifica delle chiese cattoliche, di determinare se e in quale misura la prospettiva descritta possa trovare accoglienza alla luce del diritto canonico: un tentativo che dovrà inderogabilmente prendere le mosse, innanzitutto, dai concetti stessi di 'luogo sacro' e di 'chiesa-edificio' così come definiti dal vigente Codex Iuris Canonici, ai quali è appositamente dedicato un apposito Titolo del quarto Libro De Ecclesiae munere sanctificandi, nonché dai criteri e dalle modalità predisposti per il loro concreto utilizzo (can. 1210) e per l'ipotesi di una loro riduzione a uso profano, con conseguente mutamento di destinazione dell'immobile (can. 1222). Al fine di tradurre il quadro generale così delineato nei termini specifici della questione di nostro interesse e allo scopo di individuare un nucleo essenziale di buone prassi che possano di volta in volta guidare le opportune valutazioni in merito, le disposizioni codiciali dovranno naturalmente essere poi integrate con i principi direttivi e le indicazioni operative ricavabili – ai rispettivi, differenti livelli – dagli interventi dei dicasteri della Curia romana e dai documenti della Conferenza Episcopale Italiana: si pensi ad esempio, con riferimento all'ultimo profilo richiamato, all'apporto recentemente fornito dalle Linee guida per la modifica di parrocchie e la chiusura e l’alienazione di chiese della Congregazione per il clero e dalle Linee guida sulla dismissione e il riuso ecclesiale di chiese del Pontificio Consiglio della cultura. I risultati così ottenuti potranno a loro volta essere finalmente confrontati con l'altro elemento di paragone indispensabile per un simile itinerario, consistente cioè nei principi in materia di ecumenismo e negli orientamenti sul dialogo interreligioso: potendo contare anche in questa occasione sul contributo fornito rispettivamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani e dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, nonché sul prezioso sostegno costituito dalle istruzioni puntuali formulate dalla Conferenza Episcopale Italiana per specifiche fattispecie, qual è il caso dei criteri dettati per l’eventuale concessione di luoghi di culto nel Vademecum per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali non cattolici stilato dall'Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e dall'Ufficio nazionale per i problemi giuridici.

La concessione di luoghi di culto tra ecumenismo e dialogo interreligioso: criteri e limiti nella prospettiva canonistica

Tomer, Alberto
2023

Abstract

Nonostante l'enunciazione delle ampie garanzie assicurate alla libertà religiosa e alle sue manifestazioni, quello relativo al 'diritto al luogo di culto' e alla possibilità di fruire di spazi adeguati a tale scopo è un tema che periodicamente si ripresenta con forza al centro del dibattito pubblico nelle odierne società multiculturali e pluraliste: un'attenzione che chiaramente trova il suo impulso primario soprattutto nelle istanze delle 'nuove' comunità religiose che, benché presenti in misura sempre più consistente sul nostro territorio nazionale (o la cui presenza si attesta comunque in proporzioni del tutto inedite rispetto a quanto era possibile riscontrare fino a tempi ancora recenti), non di rado risultano affatto prive di spazi idonei a costituire quello che pure è ormai pacificamente riconosciuto come un 'presupposto fisico' all'esercizio della stessa libertà di culto. Una simile trasformazione ha naturalmente investito innanzitutto il piano giuridico e amministrativo, non solo informando e indirizzando lo sviluppo della disciplina di riferimento, ma – in radice – ponendo in discussione il ruolo e il significato stesso della nozione di 'luogo di culto' nel contesto disegnato dal diritto statuale: nozione di cui si è infatti ritenuto necessario individuare nuovamente i caratteri distintivi alla luce del bisogno di ricomprendervi una pluralità di fattispecie che fino ad ora erano state sostanzialmente ignorate dal nostro ordinamento. A fronte di un simile scenario, a fianco dell’analisi delle prospettive evolutive a cui può aprirsi la normativa in questione si è assistito inoltre alla formulazione di proposte concrete e innovative volte a superare – o perlomeno a mitigare – le criticità principali: tra queste, ipotesi prefigurate in modo ricorrente si sono rivelate ad esempio quelle relative alla condivisione di luoghi di culto, o alla cessione di spazi non più utilizzati dalle comunità originarie a confessioni diverse, i cui fedeli non possono contare su strutture idonee allo svolgimento delle proprie celebrazioni. In alcune occasioni, tali suggestioni sono perciò venute coniugandosi spontaneamente con le riflessioni sollecitate dal fenomeno – differente ma contiguo, rispetto a quello in parola – della sempre più frequente dismissione di chiese cattoliche: tendenza ormai consolidatasi, con risvolti assai problematici, anche al di là dei nostri confini nazionali, arrivando a toccare – con incidenza diversa, ma in modo trasversale – pressoché tutti i cosiddetti 'Paesi di antica evangelizzazione'. Nel vagliare l'effettiva realizzabilità di simili iniziative è tuttavia indispensabile procedere al riparo da facili entusiasmi, tenendo conto che esse possono rivelarsi davvero risolutive – e, prima ancora, ammissibili – solo laddove risultino autenticamente rispettose delle diverse identità di ciascuna comunità coinvolta: presupposto che non rende certo scontato tale esito, il quale dovrà anzi a maggior ragione essere fatto oggetto di accurate valutazioni, capaci di comprendere e tenere nella giusta considerazione tutti gli elementi rilevanti, secondo un'operazione che – benché fondata su ragioni primariamente teologiche – non può che avvalersi di strumenti anche giuridici. È in questo senso che ci proponiamo perciò, prendendo appunto in esame la condizione specifica delle chiese cattoliche, di determinare se e in quale misura la prospettiva descritta possa trovare accoglienza alla luce del diritto canonico: un tentativo che dovrà inderogabilmente prendere le mosse, innanzitutto, dai concetti stessi di 'luogo sacro' e di 'chiesa-edificio' così come definiti dal vigente Codex Iuris Canonici, ai quali è appositamente dedicato un apposito Titolo del quarto Libro De Ecclesiae munere sanctificandi, nonché dai criteri e dalle modalità predisposti per il loro concreto utilizzo (can. 1210) e per l'ipotesi di una loro riduzione a uso profano, con conseguente mutamento di destinazione dell'immobile (can. 1222). Al fine di tradurre il quadro generale così delineato nei termini specifici della questione di nostro interesse e allo scopo di individuare un nucleo essenziale di buone prassi che possano di volta in volta guidare le opportune valutazioni in merito, le disposizioni codiciali dovranno naturalmente essere poi integrate con i principi direttivi e le indicazioni operative ricavabili – ai rispettivi, differenti livelli – dagli interventi dei dicasteri della Curia romana e dai documenti della Conferenza Episcopale Italiana: si pensi ad esempio, con riferimento all'ultimo profilo richiamato, all'apporto recentemente fornito dalle Linee guida per la modifica di parrocchie e la chiusura e l’alienazione di chiese della Congregazione per il clero e dalle Linee guida sulla dismissione e il riuso ecclesiale di chiese del Pontificio Consiglio della cultura. I risultati così ottenuti potranno a loro volta essere finalmente confrontati con l'altro elemento di paragone indispensabile per un simile itinerario, consistente cioè nei principi in materia di ecumenismo e negli orientamenti sul dialogo interreligioso: potendo contare anche in questa occasione sul contributo fornito rispettivamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani e dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, nonché sul prezioso sostegno costituito dalle istruzioni puntuali formulate dalla Conferenza Episcopale Italiana per specifiche fattispecie, qual è il caso dei criteri dettati per l’eventuale concessione di luoghi di culto nel Vademecum per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali non cattolici stilato dall'Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e dall'Ufficio nazionale per i problemi giuridici.
2023
Pluralismo confessionale e dinamiche interculturali. Le 'best practices' per una società inclusiva
1111
1144
Tomer, Alberto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/923540
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