Uno dei principali meriti della Narrative Art, emersa nei primi anni Settanta tra Europa e Stati Uniti, è stato quello di riscattare mezzi informativi come fotografia e scrittura dalla strenuità assiomatica del Concettuale analitico. Autori come David Askevold, Didier Bay, Christian Boltanski, Peter Hutchinson o Jean Le Gac hanno riassegnato all’immagine fotografica il suo valore testimoniale, lavorando sul recupero della memoria involontaria, del ricordo personale, o sul riscatto dell’effimero, di ciò che appare trascurabile o marginale. Al tempo stesso, autori come Mac Adams, Bill Beckley e James Collins hanno invece pensato la ‘narratività’ in termini cinematografici, richiamandosi a generi di grande successo popolare quali il giallo, il noir e il thriller. Le soluzioni di questi autori riaffermano quindi consolidati rapporti di continuità tra cinema e fotografia, ma trovano nella fissità di quest’ultima la via per produrre la sorpresa o la suspense propria di quei generi. Nella celebre intervista rilasciata a François Truffaut del 1966, Alfred Hitchcock afferma che questi effetti dipendono dalla maggiore o minore quantità di informazioni fornite allo spettatore, in modo da formulare nella propria mente una serie di ipotesi e di previsioni sulla fabula. La sorpresa si produce facendo accadere qualcosa di inatteso in una situazione ordinaria, banale o priva di interesse, che porti lo spettatore a porsi domande sui motivi di quanto accaduto. Lo stato di incertezza ansiosa noto come suspense si produce al contrario fornendo allo spettatore alcune informazioni su ciò che potrebbe accadere agli ignari protagonisti. Il primo effetto è sicuramente ravvisabile nei Mysteries di Adams, che mostra un ‘prima’ banale e un ‘dopo’ delittuoso senza fornire alcuna spiegazione. Nei lavori di Beckley, invece, è soprattutto la frammentarietà delle informazioni testuali in relazione a dettagli visivi eccessivamente parziali a impedire la comprensione dei fatti. Lo spettatore non è informato in anticipo su quanto sta per accadere, ma è portato a raccogliere gli indizi per formulare una serie di ipotesi sugli avvenimenti. Collins, che ha anche il merito di essere il primo teorico della Narrative Art, punta invece sui fattori della seduzione e dell’erotismo, ma si pone all’interno dell’immagine come un osservatore dalle intenzioni ambigue che fissa con uno sguardo ossessivo le donne al centro delle scene. Lo stesso Collins ha dichiarato l’ossessività del suo sguardo sulle donne nelle opere realizzate tra il 1973 e il 1977 e ha riassunto il senso di ambiguità che le attraversa nel motto “se in dubbio, allontanati”, come a indicare il pericolo imminente che sembra annunciare la sua presenza. Lo spettatore non informato resterà dubbioso di fronte alla scarsa chiarezza della situazione, mente il fruitore informato sarà calato nella suspense e portato a ipotizzare lo sviluppo della situazione verso conseguenze sconfortanti. Fissità e frammentarietà sono le qualità che portavano Roland Barthes (La camera chiara, [1980] 2003, p. 91) a definire la fotografia un’immagine ‘senza avvenire’ capace di rifluire «dalla presentazione alla ritenzione». Proprio questo carattere ritentivo e la mancanza di un avvenire forniscono le condizioni ideali per suscitare sia la sorpresa sia la suspense. Ma la ricostruzione di situazioni per frammenti indiziari e il senso di mistero e di ambiguità che i tre autori mutuano dal noir o dal thriller sono anche le strategie ideali per tematizzare il rapporto obliquo e irrisolto tra immagine e immagine o tra immagine e testo proprio delle poetiche della Narrative Art.

Il fascino (in)discreto dell'indizio. Adams, Beckley e Collins tra sorpresa, suspense e seduzione / Pasquale Fameli. - STAMPA. - (2022), pp. 38-46.

Il fascino (in)discreto dell'indizio. Adams, Beckley e Collins tra sorpresa, suspense e seduzione

Pasquale Fameli
2022

Abstract

Uno dei principali meriti della Narrative Art, emersa nei primi anni Settanta tra Europa e Stati Uniti, è stato quello di riscattare mezzi informativi come fotografia e scrittura dalla strenuità assiomatica del Concettuale analitico. Autori come David Askevold, Didier Bay, Christian Boltanski, Peter Hutchinson o Jean Le Gac hanno riassegnato all’immagine fotografica il suo valore testimoniale, lavorando sul recupero della memoria involontaria, del ricordo personale, o sul riscatto dell’effimero, di ciò che appare trascurabile o marginale. Al tempo stesso, autori come Mac Adams, Bill Beckley e James Collins hanno invece pensato la ‘narratività’ in termini cinematografici, richiamandosi a generi di grande successo popolare quali il giallo, il noir e il thriller. Le soluzioni di questi autori riaffermano quindi consolidati rapporti di continuità tra cinema e fotografia, ma trovano nella fissità di quest’ultima la via per produrre la sorpresa o la suspense propria di quei generi. Nella celebre intervista rilasciata a François Truffaut del 1966, Alfred Hitchcock afferma che questi effetti dipendono dalla maggiore o minore quantità di informazioni fornite allo spettatore, in modo da formulare nella propria mente una serie di ipotesi e di previsioni sulla fabula. La sorpresa si produce facendo accadere qualcosa di inatteso in una situazione ordinaria, banale o priva di interesse, che porti lo spettatore a porsi domande sui motivi di quanto accaduto. Lo stato di incertezza ansiosa noto come suspense si produce al contrario fornendo allo spettatore alcune informazioni su ciò che potrebbe accadere agli ignari protagonisti. Il primo effetto è sicuramente ravvisabile nei Mysteries di Adams, che mostra un ‘prima’ banale e un ‘dopo’ delittuoso senza fornire alcuna spiegazione. Nei lavori di Beckley, invece, è soprattutto la frammentarietà delle informazioni testuali in relazione a dettagli visivi eccessivamente parziali a impedire la comprensione dei fatti. Lo spettatore non è informato in anticipo su quanto sta per accadere, ma è portato a raccogliere gli indizi per formulare una serie di ipotesi sugli avvenimenti. Collins, che ha anche il merito di essere il primo teorico della Narrative Art, punta invece sui fattori della seduzione e dell’erotismo, ma si pone all’interno dell’immagine come un osservatore dalle intenzioni ambigue che fissa con uno sguardo ossessivo le donne al centro delle scene. Lo stesso Collins ha dichiarato l’ossessività del suo sguardo sulle donne nelle opere realizzate tra il 1973 e il 1977 e ha riassunto il senso di ambiguità che le attraversa nel motto “se in dubbio, allontanati”, come a indicare il pericolo imminente che sembra annunciare la sua presenza. Lo spettatore non informato resterà dubbioso di fronte alla scarsa chiarezza della situazione, mente il fruitore informato sarà calato nella suspense e portato a ipotizzare lo sviluppo della situazione verso conseguenze sconfortanti. Fissità e frammentarietà sono le qualità che portavano Roland Barthes (La camera chiara, [1980] 2003, p. 91) a definire la fotografia un’immagine ‘senza avvenire’ capace di rifluire «dalla presentazione alla ritenzione». Proprio questo carattere ritentivo e la mancanza di un avvenire forniscono le condizioni ideali per suscitare sia la sorpresa sia la suspense. Ma la ricostruzione di situazioni per frammenti indiziari e il senso di mistero e di ambiguità che i tre autori mutuano dal noir o dal thriller sono anche le strategie ideali per tematizzare il rapporto obliquo e irrisolto tra immagine e immagine o tra immagine e testo proprio delle poetiche della Narrative Art.
2022
Paradigmi del fotografico
38
46
Il fascino (in)discreto dell'indizio. Adams, Beckley e Collins tra sorpresa, suspense e seduzione / Pasquale Fameli. - STAMPA. - (2022), pp. 38-46.
Pasquale Fameli
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/919506
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