In virtù di un’attività musicale votata a uno sperimentalismo colto ed eclettico, Sylvano Bussotti (1931-2021) ha realizzato spartiti ricchi di forme ed elementi visivi riconducibili ai più disparati stili artistici novecenteschi, dalla deformazione espressionista al collage dadaista, dall’automatismo grafico surrealista alla poesia visiva. I suoi primi spartiti figurati si inseriscono nella tradizione della partitura ornata iniziata in età barocca ma risentono anche degli influssi espressionisti della pittura dello zio materno, Tono Zancanaro. Attorno al 1958 si verifica tuttavia un’evoluzione stilistica significativa: avvicinatosi a Pierre Boulez e a John Cage, Bussotti abbandona la notazione musicale tradizionale e il pentagramma per sperimentare un grafismo gestuale di segni lievi e “ipocodificati” (Daniele Lombardi). Esempi emblematici di questa fase sono i Piano Pieces for David Tudor realizzati nel 1959. Vent’anni dopo, Gilles Deleuze e Félix Guattari riprenderanno uno di questi spartiti per inserirlo in apertura al loro libro più importante, Mille Piani, testo capitale del pensiero postmoderno. Attraverso un’analisi comparata di queste partiture intendo dimostrare la relazione che esse hanno con il disegno di Paul Klee, artista presente anche nella dissertazione filosofica di Deleuze e Guattari. A sostegno di quest’analisi stilistica saranno rilevanti sia il rapporto tra Bussotti e Boulez, grande ammiratore di Klee e autore del libro Il paese fertile dedicato al rapporto dell’artista con la musica, sia la riscoperta italiana dell’artista tedesco iniziata con la retrospettiva alla Biennale di Venezia del 1954. Ma in virtù della specifica funzione degli spartiti, sarà necessario rilevare che Bussotti reinterpreta l’astrazione di Klee per riprogettare uno spazio già di per sé astratto, al fine di eludere le convenzioni simboliche proprie della scrittura musicale tradizionale.
Pasquale Fameli (2022). Scrittura a due voci. Grafismi di Bussotti nel segno di Klee. Milano : Electa.
Scrittura a due voci. Grafismi di Bussotti nel segno di Klee
Pasquale Fameli
2022
Abstract
In virtù di un’attività musicale votata a uno sperimentalismo colto ed eclettico, Sylvano Bussotti (1931-2021) ha realizzato spartiti ricchi di forme ed elementi visivi riconducibili ai più disparati stili artistici novecenteschi, dalla deformazione espressionista al collage dadaista, dall’automatismo grafico surrealista alla poesia visiva. I suoi primi spartiti figurati si inseriscono nella tradizione della partitura ornata iniziata in età barocca ma risentono anche degli influssi espressionisti della pittura dello zio materno, Tono Zancanaro. Attorno al 1958 si verifica tuttavia un’evoluzione stilistica significativa: avvicinatosi a Pierre Boulez e a John Cage, Bussotti abbandona la notazione musicale tradizionale e il pentagramma per sperimentare un grafismo gestuale di segni lievi e “ipocodificati” (Daniele Lombardi). Esempi emblematici di questa fase sono i Piano Pieces for David Tudor realizzati nel 1959. Vent’anni dopo, Gilles Deleuze e Félix Guattari riprenderanno uno di questi spartiti per inserirlo in apertura al loro libro più importante, Mille Piani, testo capitale del pensiero postmoderno. Attraverso un’analisi comparata di queste partiture intendo dimostrare la relazione che esse hanno con il disegno di Paul Klee, artista presente anche nella dissertazione filosofica di Deleuze e Guattari. A sostegno di quest’analisi stilistica saranno rilevanti sia il rapporto tra Bussotti e Boulez, grande ammiratore di Klee e autore del libro Il paese fertile dedicato al rapporto dell’artista con la musica, sia la riscoperta italiana dell’artista tedesco iniziata con la retrospettiva alla Biennale di Venezia del 1954. Ma in virtù della specifica funzione degli spartiti, sarà necessario rilevare che Bussotti reinterpreta l’astrazione di Klee per riprogettare uno spazio già di per sé astratto, al fine di eludere le convenzioni simboliche proprie della scrittura musicale tradizionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.