Il mal rosso è una malattia contagiosa, a eziologia batterica che, nel suino, può decorrere in forma acuta, subacuta o cronica. È caratterizzata da forme setticemiche, manifestazioni esantematiche e lesioni a carattere proliferativo, sia endocardiche valvolari, sia articolari. L’agente responsabile è Erysipelothrix rhusiopathiae, isolato per la prima volta nel suino da Louis Pasteur nel 1892; da allora, la malattia è comparsa sporadicamente, per assumere, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, una connotazione epidemica periodica, con intervalli inter epidemici di un decennio circa. In assenza di misure di controllo e prevenzione, il mal rosso può penalizzare l’intera filiera di produzione della carne suina. Le perdite economiche più rilevanti sono riferibili ai casi di morte improvvisa e alle setticemie acute che si manifestano nelle fasi di magronaggio e ingrasso; nei suini che sopravvivono alle forme acute, si osservano frequentemente zoppìa cronica e artrite. Trattandosi di un agente di zoonosi, in sede di macellazione e in applicazione di specifiche norme sanitarie, è prevista la distruzione delle carcasse degli animali batteriologicamente positivi. E. rhusiopathiae sopravvive nelle carni conservate mediante essiccamento, affumicatura e salagione; rimane inoltre vitale per alcuni mesi in quelle congelate o conservate a bassa temperatura. Oltre che nel suino, E. rhusiopathiae è stato isolato dalla mucillaggine cutanea dei pesci marini e d’acqua dolce, da almeno 30 specie di uccelli selvatici e da 50 specie di mammiferi. La maggior parte dei casi umani di malattia sono invece conseguenza dell’esposizione occupazionale (macellai, operatori dei macelli industriali, veterinari, agricoltori, pescatori e addetti alla trasformazione dei prodotti ittici) e l’infezione avviene principalmente attraverso soluzioni di continuo della cute. Nell’uomo, analogamente a quanto si osserva nel suino, si manifestano tre forme cliniche di malattia: una cutanea localizzata (nota come erisipeloide), una cutanea generalizzata e una setticemica, in alcuni casi associata a endocardite. La forma più comune è l’erisipeloide, una lesione di colore violaceo e dai margini netti, dolorosa o pruriginosa, generalmente a carico della mano o delle dita; altri sintomi sono febbre, dolori articolari localizzati, linfoadenite e linfoadenopatia. La malattia è generalmente autolimitante e si risolve in 3-4 settimane anche in assenza di terapia; in rari casi, tuttavia, può cronicizzare in forme di patologia focale a carico delle articolazioni, dei reni e delle valvole cardiache.
Fabio Ostanello, A.D.L. (2023). Mal rosso. Milano : Point Veterinaire Italie S.r.l..
Mal rosso
Fabio Ostanello;Alessia De Lucia;
2023
Abstract
Il mal rosso è una malattia contagiosa, a eziologia batterica che, nel suino, può decorrere in forma acuta, subacuta o cronica. È caratterizzata da forme setticemiche, manifestazioni esantematiche e lesioni a carattere proliferativo, sia endocardiche valvolari, sia articolari. L’agente responsabile è Erysipelothrix rhusiopathiae, isolato per la prima volta nel suino da Louis Pasteur nel 1892; da allora, la malattia è comparsa sporadicamente, per assumere, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, una connotazione epidemica periodica, con intervalli inter epidemici di un decennio circa. In assenza di misure di controllo e prevenzione, il mal rosso può penalizzare l’intera filiera di produzione della carne suina. Le perdite economiche più rilevanti sono riferibili ai casi di morte improvvisa e alle setticemie acute che si manifestano nelle fasi di magronaggio e ingrasso; nei suini che sopravvivono alle forme acute, si osservano frequentemente zoppìa cronica e artrite. Trattandosi di un agente di zoonosi, in sede di macellazione e in applicazione di specifiche norme sanitarie, è prevista la distruzione delle carcasse degli animali batteriologicamente positivi. E. rhusiopathiae sopravvive nelle carni conservate mediante essiccamento, affumicatura e salagione; rimane inoltre vitale per alcuni mesi in quelle congelate o conservate a bassa temperatura. Oltre che nel suino, E. rhusiopathiae è stato isolato dalla mucillaggine cutanea dei pesci marini e d’acqua dolce, da almeno 30 specie di uccelli selvatici e da 50 specie di mammiferi. La maggior parte dei casi umani di malattia sono invece conseguenza dell’esposizione occupazionale (macellai, operatori dei macelli industriali, veterinari, agricoltori, pescatori e addetti alla trasformazione dei prodotti ittici) e l’infezione avviene principalmente attraverso soluzioni di continuo della cute. Nell’uomo, analogamente a quanto si osserva nel suino, si manifestano tre forme cliniche di malattia: una cutanea localizzata (nota come erisipeloide), una cutanea generalizzata e una setticemica, in alcuni casi associata a endocardite. La forma più comune è l’erisipeloide, una lesione di colore violaceo e dai margini netti, dolorosa o pruriginosa, generalmente a carico della mano o delle dita; altri sintomi sono febbre, dolori articolari localizzati, linfoadenite e linfoadenopatia. La malattia è generalmente autolimitante e si risolve in 3-4 settimane anche in assenza di terapia; in rari casi, tuttavia, può cronicizzare in forme di patologia focale a carico delle articolazioni, dei reni e delle valvole cardiache.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.