Gli anathemata d’oro dedicati dai Dinomenidi nel santuario di Apollo a Delfi erano destinati a perpetuare nel tempo e nello spazio il successo dei tiranni tanto in battaglia, quanto nelle gare di corsa nei grandi santuari della Grecia. La Nike che sosteneva entrambi i tripodi, tuttavia, piuttosto che rappresentare un’allusione diretta a importanti vittorie militari, faceva riferimento alla realizzazione di una politica “vincente” nella lunga durata, che aveva portato alla formazione di uno stato territoriale di grandi proporzioni nella Sicilia sud-orientale. In un certo senso, i due tripodi celebravano un successo (olbos), che è letteralmente iscritto nella stessa scelta dell’etnico adottivo utilizzato dai tiranni nella loro qualità di privati dedicanti. Gelone si definisce Syrakosios; con ogni probabilità, anche Ierone doveva indicare il proprio etnico nella dedica del proprio tripode. Proprio in occasione della vittoria alle Pitiche del 470 a.C., Pindaro lo aveva celebrato in quanto fondatore di una nuova città, Aitna, che di fatto coincideva con l’antica apoikia di Katane.28 Dopo la sua morte, tuttavia, i vecchi coloni riuscirono a rimpossessarsi della loro città, scacciando i coloni del tiranno. In tale prospettiva, potrebbe essere affascinante reintegrare l’etnico Aitnaios nella rasura visibile sulla base del tripode di Ierone. Ad ogni buon conto, sembra legittimo concludere che i tripodi delfici dei Dinomenidi possono essere interpretati sullo sfondo di una coerente strategia di comunicazione, mirata ad eludere l’assenza di un esplicito riconoscimento ufficiale dell’esercizio del proprio potere ed incentrata sulle connotazioni aristocratiche tradizionalmente riconosciute all’oro nella Grecia tardo arcaica.
Privitera Santo (2014). L’oro dopo la vittoria. Il donario delfico dei Dinomenidi tra battaglie e vittorie agonistiche. Trento : Università di Trento.
L’oro dopo la vittoria. Il donario delfico dei Dinomenidi tra battaglie e vittorie agonistiche
Privitera Santo
2014
Abstract
Gli anathemata d’oro dedicati dai Dinomenidi nel santuario di Apollo a Delfi erano destinati a perpetuare nel tempo e nello spazio il successo dei tiranni tanto in battaglia, quanto nelle gare di corsa nei grandi santuari della Grecia. La Nike che sosteneva entrambi i tripodi, tuttavia, piuttosto che rappresentare un’allusione diretta a importanti vittorie militari, faceva riferimento alla realizzazione di una politica “vincente” nella lunga durata, che aveva portato alla formazione di uno stato territoriale di grandi proporzioni nella Sicilia sud-orientale. In un certo senso, i due tripodi celebravano un successo (olbos), che è letteralmente iscritto nella stessa scelta dell’etnico adottivo utilizzato dai tiranni nella loro qualità di privati dedicanti. Gelone si definisce Syrakosios; con ogni probabilità, anche Ierone doveva indicare il proprio etnico nella dedica del proprio tripode. Proprio in occasione della vittoria alle Pitiche del 470 a.C., Pindaro lo aveva celebrato in quanto fondatore di una nuova città, Aitna, che di fatto coincideva con l’antica apoikia di Katane.28 Dopo la sua morte, tuttavia, i vecchi coloni riuscirono a rimpossessarsi della loro città, scacciando i coloni del tiranno. In tale prospettiva, potrebbe essere affascinante reintegrare l’etnico Aitnaios nella rasura visibile sulla base del tripode di Ierone. Ad ogni buon conto, sembra legittimo concludere che i tripodi delfici dei Dinomenidi possono essere interpretati sullo sfondo di una coerente strategia di comunicazione, mirata ad eludere l’assenza di un esplicito riconoscimento ufficiale dell’esercizio del proprio potere ed incentrata sulle connotazioni aristocratiche tradizionalmente riconosciute all’oro nella Grecia tardo arcaica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.