L’efficienza della clausola claims made - nel gestire i rischi dal carattere lungolatente e nel soddisfare così le impellenti esigenze dell’industria assicurativa, attraverso soluzioni economicamente accettabili anche per gli assicurati - ha determinato non solo una diffusione veloce del modello nei mercati internazionali ma anche una progressiva sostituzione, in pressochè tutti gli ambiti di assicurazione della responsabilità civile, della forma tradizionale su cui è conformato il disposto dell’art. 1917 c.c. Tale percorso è stato caratterizzato da un’iniziale “debole barriera” o resistenza - in ragione dell’evidente stacco tra la formulazione claims made ed i principi cardine e le norme imperative del nostro ordinamento in tema di contratto di assicurazione - salvo poi un’accettazione da parte del diritto vivente e finanche il riconoscimento da parte del legislatore, in modo da superare i dubbi di validità. E’ rimasta tuttavia sostanzialmente sullo sfondo la principale insidia al corretto funzionamento della garanzia a richiesta fatta, rappresentata dal difficile coordinamento ed adeguamento del predetto modello – per certi aspetti alieno – con il disposto degli art. 1892 e 1893 c.c. e più in generale con gli obblighi di informazione dell’assicurato nel momento del passaggio da una polizza all’altra. Appare evidente, invece, che un corretto funzionamento del meccanismo claims made – al fine di evitare vuoti di copertura nel passaggio da una polizza all’altra, che avvalorerebbero letture invalidanti del sistema “a richiesta fatta” – impone che le norme sulle dichiarazioni precontrattuali dell’assicurando siano interpretate ed applicate secondo buona fede, tenendo in considerazione il mutato contesto dell’assicurazione della responsabilità civile, contraddistinto, a differenza del sistema tradizionale (act committed) dell’art. 1917 c.c., dall’estensione della copertura anche a fatti accaduti prima del periodo di efficacia della polizza.

Il fatto noto nella successione di polizze claims made

Giovanni Facci
2023

Abstract

L’efficienza della clausola claims made - nel gestire i rischi dal carattere lungolatente e nel soddisfare così le impellenti esigenze dell’industria assicurativa, attraverso soluzioni economicamente accettabili anche per gli assicurati - ha determinato non solo una diffusione veloce del modello nei mercati internazionali ma anche una progressiva sostituzione, in pressochè tutti gli ambiti di assicurazione della responsabilità civile, della forma tradizionale su cui è conformato il disposto dell’art. 1917 c.c. Tale percorso è stato caratterizzato da un’iniziale “debole barriera” o resistenza - in ragione dell’evidente stacco tra la formulazione claims made ed i principi cardine e le norme imperative del nostro ordinamento in tema di contratto di assicurazione - salvo poi un’accettazione da parte del diritto vivente e finanche il riconoscimento da parte del legislatore, in modo da superare i dubbi di validità. E’ rimasta tuttavia sostanzialmente sullo sfondo la principale insidia al corretto funzionamento della garanzia a richiesta fatta, rappresentata dal difficile coordinamento ed adeguamento del predetto modello – per certi aspetti alieno – con il disposto degli art. 1892 e 1893 c.c. e più in generale con gli obblighi di informazione dell’assicurato nel momento del passaggio da una polizza all’altra. Appare evidente, invece, che un corretto funzionamento del meccanismo claims made – al fine di evitare vuoti di copertura nel passaggio da una polizza all’altra, che avvalorerebbero letture invalidanti del sistema “a richiesta fatta” – impone che le norme sulle dichiarazioni precontrattuali dell’assicurando siano interpretate ed applicate secondo buona fede, tenendo in considerazione il mutato contesto dell’assicurazione della responsabilità civile, contraddistinto, a differenza del sistema tradizionale (act committed) dell’art. 1917 c.c., dall’estensione della copertura anche a fatti accaduti prima del periodo di efficacia della polizza.
2023
347
9791221103243
Giovanni Facci
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