Background: Le comuni tecniche di mastopessi generalmente comportano l’interruzione del derma con possibile danno neurovascolare al complesso areola-capezzolo. La rotazione di lembi dermici al di dietro della ghiandola per sostenerla comporta inoltre modificazioni significative della struttura ghiandolare con possibili conseguenze sulla diagnostica senologica e più in generale sulla prevenzione e stadi azione delle neoplasie. Inoltre, uno dei potenziali inconvenienti della mastopessi con tecniche tradizionali è il “bottoming-out”. Metodo e pazienti: la tecnica che presentiamo è basata sul classico pattern di disepitelizzazione a T invertita. Da cinque a sette microincisioni nel derma sono eseguite lungo una linea 3-4 mm al di sopra del solco. Attraverso queste la fascia viene agganciata e suturata al derma profondo, bloccando il solco (“ferretto”). Il cono mammario viene infine riconfezionato ripiegando su se stesso il derma disepitelizzato lungo due nervature a T invertita che sostengono la mammella. Fra il 2001 ed il 2008 abbiamo trattato 95 pazienti con ptosi di 2° o 3° grado con questa tecnica. I risultati sono stati valutati a tre mesi ed a due anni dall’intervento. Risultati: i risultati estetici sono stati molto validi in tutti i casi senza significative differenze nel controllo a distanza. Non si sono verificate complicanze significative correlabili alla tecnica e, soprattutto, nessun caso di “bottoming-out”. Conclusioni: la tecnica proposta consente di ottenere una valida e stabile correzione della ptosi con una buona stabilizzazione del solco sottomammario e minimi effetti sul trofismo del complesso areola-capezzolo. Il bloccaggio trans-dermico del solco ne previene la migrazione ed il “bottoming-out”.
La mastopessi a “reggiseno col ferretto”: proposta di una nuova tecnica
PANETTIERE, PIETRO;
2010
Abstract
Background: Le comuni tecniche di mastopessi generalmente comportano l’interruzione del derma con possibile danno neurovascolare al complesso areola-capezzolo. La rotazione di lembi dermici al di dietro della ghiandola per sostenerla comporta inoltre modificazioni significative della struttura ghiandolare con possibili conseguenze sulla diagnostica senologica e più in generale sulla prevenzione e stadi azione delle neoplasie. Inoltre, uno dei potenziali inconvenienti della mastopessi con tecniche tradizionali è il “bottoming-out”. Metodo e pazienti: la tecnica che presentiamo è basata sul classico pattern di disepitelizzazione a T invertita. Da cinque a sette microincisioni nel derma sono eseguite lungo una linea 3-4 mm al di sopra del solco. Attraverso queste la fascia viene agganciata e suturata al derma profondo, bloccando il solco (“ferretto”). Il cono mammario viene infine riconfezionato ripiegando su se stesso il derma disepitelizzato lungo due nervature a T invertita che sostengono la mammella. Fra il 2001 ed il 2008 abbiamo trattato 95 pazienti con ptosi di 2° o 3° grado con questa tecnica. I risultati sono stati valutati a tre mesi ed a due anni dall’intervento. Risultati: i risultati estetici sono stati molto validi in tutti i casi senza significative differenze nel controllo a distanza. Non si sono verificate complicanze significative correlabili alla tecnica e, soprattutto, nessun caso di “bottoming-out”. Conclusioni: la tecnica proposta consente di ottenere una valida e stabile correzione della ptosi con una buona stabilizzazione del solco sottomammario e minimi effetti sul trofismo del complesso areola-capezzolo. Il bloccaggio trans-dermico del solco ne previene la migrazione ed il “bottoming-out”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.