La formazione degli insegnanti della scuola secondaria ha costituito un problema aperto e di difficile soluzione almeno dagli anni del secondo dopoguerra, in parallelo allo sviluppo e alla “democratizzazione” del sistema scolastico italiano. Il tentativo più significativo di soluzione al problema, emerso negli anni 2000 con l’istituzione delle SSIS, è stato abortito nel 2009, in uno dei numerosi stop and go del “riformismo compulsivo” messo in atto dai governi della “seconda Repubblica” sulla scuola italiana. Risulta infatti difficile perfino ricostruire in maniera storicamente ordinata la serie di itinerari normativi intrecciati e sovrapposti in materia di formazione professionale degli insegnanti, in particolare nell’ultimo decennio in cui si sono succeduti TFA, PAS, TFI e per ultimo i 24cfu. A oggi, quindi, non solo la questione permane irrisolta, ma si può dire che esso sia stata “occultata”, se non “rimossa”, vista la modifica del D.L 59/2017, intervenuta con la L. 145/2018 (commi 792-796) e siano in atto processi di vera e propria “de-formazione” inziale dei futuri insegnanti, continuamente storditi dal susseguirsi di progetti di reclutamento, avviati, rimandati e/o bloccati, ed esposti alla precarietà delle proposte formative, spesso disorganiche e frammentate, messe in piedi dalle Università italiane dietro esplicita richiesta normativa funzionale alle esigenze concorsuali. Il “riformismo compulsivo” degli ultimi venti anni ha generato, inoltre, nuove stratificazioni della “pedagogia di Stato” (la buro-pedagogia dell’amministrazione scolastica nei suoi vari livelli) in un contesto scolastico sempre più sollecitato alle innovazioni tecnologiche e al “passaggio” al paradigma delle “competenze”. In attesa della “riforma” prossima ventura, è forse necessaria una maggiore attenzione delle discipline pedagogiche a promuovere, e condividere con le diverse aree disciplinari coinvolte nei 24cfu, l’individuazione degli obbiettivi formativi fondamentali per la costruzione della professionalità docente nella scuola secondaria dentro un rapporto sistematico con le scuole e il territorio di riferimento delle diverse sedi universitarie. Si tratta di una necessità strutturale del lavoro educativo e della ricerca pedagogica, che non possono riferirsi astrattamente a “canoni” e “modelli” atemporali, collocati in un empireo astorico e privo di riscontri nella realtà quotidiana del nostro tempo così come “progetti” a-topici, riferiti a protocolli indifferenziati senza riferimenti al contesto territoriale e culturale e ai suoi orizzonti. Tanto più ciò è necessario quanto più la cultura “materiale” contemporanea conosce rapidi cambiamenti e trasformazioni radicali, al punto da far uso della metafora della “società liquida” e di paradigmi esistenziali all’insegna della “fluidità”, di pari passo con la precarizzazione delle condizioni socio-economiche.
Caputo Michele (2022). Contro la de-formazione iniziale degli insegnanti: proposte pedagogiche in-attuali. Lecce : Pensa MultiMedia.
Contro la de-formazione iniziale degli insegnanti: proposte pedagogiche in-attuali
Caputo Michele
2022
Abstract
La formazione degli insegnanti della scuola secondaria ha costituito un problema aperto e di difficile soluzione almeno dagli anni del secondo dopoguerra, in parallelo allo sviluppo e alla “democratizzazione” del sistema scolastico italiano. Il tentativo più significativo di soluzione al problema, emerso negli anni 2000 con l’istituzione delle SSIS, è stato abortito nel 2009, in uno dei numerosi stop and go del “riformismo compulsivo” messo in atto dai governi della “seconda Repubblica” sulla scuola italiana. Risulta infatti difficile perfino ricostruire in maniera storicamente ordinata la serie di itinerari normativi intrecciati e sovrapposti in materia di formazione professionale degli insegnanti, in particolare nell’ultimo decennio in cui si sono succeduti TFA, PAS, TFI e per ultimo i 24cfu. A oggi, quindi, non solo la questione permane irrisolta, ma si può dire che esso sia stata “occultata”, se non “rimossa”, vista la modifica del D.L 59/2017, intervenuta con la L. 145/2018 (commi 792-796) e siano in atto processi di vera e propria “de-formazione” inziale dei futuri insegnanti, continuamente storditi dal susseguirsi di progetti di reclutamento, avviati, rimandati e/o bloccati, ed esposti alla precarietà delle proposte formative, spesso disorganiche e frammentate, messe in piedi dalle Università italiane dietro esplicita richiesta normativa funzionale alle esigenze concorsuali. Il “riformismo compulsivo” degli ultimi venti anni ha generato, inoltre, nuove stratificazioni della “pedagogia di Stato” (la buro-pedagogia dell’amministrazione scolastica nei suoi vari livelli) in un contesto scolastico sempre più sollecitato alle innovazioni tecnologiche e al “passaggio” al paradigma delle “competenze”. In attesa della “riforma” prossima ventura, è forse necessaria una maggiore attenzione delle discipline pedagogiche a promuovere, e condividere con le diverse aree disciplinari coinvolte nei 24cfu, l’individuazione degli obbiettivi formativi fondamentali per la costruzione della professionalità docente nella scuola secondaria dentro un rapporto sistematico con le scuole e il territorio di riferimento delle diverse sedi universitarie. Si tratta di una necessità strutturale del lavoro educativo e della ricerca pedagogica, che non possono riferirsi astrattamente a “canoni” e “modelli” atemporali, collocati in un empireo astorico e privo di riscontri nella realtà quotidiana del nostro tempo così come “progetti” a-topici, riferiti a protocolli indifferenziati senza riferimenti al contesto territoriale e culturale e ai suoi orizzonti. Tanto più ciò è necessario quanto più la cultura “materiale” contemporanea conosce rapidi cambiamenti e trasformazioni radicali, al punto da far uso della metafora della “società liquida” e di paradigmi esistenziali all’insegna della “fluidità”, di pari passo con la precarizzazione delle condizioni socio-economiche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.