Nella metà del settecento compare a Torino un anonimo libretto che il titolo invita a collocare all’interno del genere delle ars moriendi e più precisamente sulla scia del magistero di sant’Ignazio. Si tratta di una miscellanea composta da quattro opere, alcune in versione integrale, altre parziale, di cui tre sono traduzioni dallo spagnolo e dal francese come recita il titolo. La prima è dovuta –spiega il traduttore– all’eccellenza dell’opera di un agostiniano spagnolo, «efficace a movere gli affetti, disporvi la volontà ed accompagnarla con l’opera», qualità che si possono trovare anche nella “lettera” di Quevedo, l’altro testo spagnolo tradotto. Al di là della presentazione ostentatamente ortodossa del titolo, tuttavia, le opere scelte mostrano un interesse intellettuale più aperto, che arriva a proporre con titolo e nome contraffatti una celebre opera della spiritualità francese condannata dall’Inquisizione e due testi spagnoli concepiti dall’élite culturale spagnola laica del secolo precedente. L’opera attribuita all’agostiniano è stata infatti composta da Luisa de Padilla, condesa de Aranda, scrittrice amica di Gracián, mentre la “lettera” quevediana è l’inquietta e senecana Carta a Antonio de Mendoza. Di entrambe non erano note traduzioni.

Texto y contexto de dos traducciones olvidadas: la Carta a Antonio de Mendoza de Quevedo y la Instrucción al Exercicio de la muerte de Luisa de Padilla, condesa de Aranda

Nider, Valentina
2012

Abstract

Nella metà del settecento compare a Torino un anonimo libretto che il titolo invita a collocare all’interno del genere delle ars moriendi e più precisamente sulla scia del magistero di sant’Ignazio. Si tratta di una miscellanea composta da quattro opere, alcune in versione integrale, altre parziale, di cui tre sono traduzioni dallo spagnolo e dal francese come recita il titolo. La prima è dovuta –spiega il traduttore– all’eccellenza dell’opera di un agostiniano spagnolo, «efficace a movere gli affetti, disporvi la volontà ed accompagnarla con l’opera», qualità che si possono trovare anche nella “lettera” di Quevedo, l’altro testo spagnolo tradotto. Al di là della presentazione ostentatamente ortodossa del titolo, tuttavia, le opere scelte mostrano un interesse intellettuale più aperto, che arriva a proporre con titolo e nome contraffatti una celebre opera della spiritualità francese condannata dall’Inquisizione e due testi spagnoli concepiti dall’élite culturale spagnola laica del secolo precedente. L’opera attribuita all’agostiniano è stata infatti composta da Luisa de Padilla, condesa de Aranda, scrittrice amica di Gracián, mentre la “lettera” quevediana è l’inquietta e senecana Carta a Antonio de Mendoza. Di entrambe non erano note traduzioni.
2012
Il prisma di Proteo: riscritture, ricodificazioni, traduzioni fra Italia e Spagna (sec.XVI-XVII)
481
504
Nider, Valentina
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