I temi che caratterizzano la teoria sulla città di Aldo Rossi e che ne informano tutta la sua produzione architettonica sia teorica, sia progettuale sono legati a pensieri attorno a una riflessione metodologica delle questioni disciplinari che attraversano in modo predominante molte delle teorie del secondo novecento. Questi riportano al centro del dibattito il tema della storia, della memoria, dell’identità e del fare progressivo dell’architettura a partire dall’osservazione logica della realtà che la genera. Dell’intuizione della città analoga, che attraverserà in modo più o meno predominante tutta la sua produzione architettonica, si sono delineati alcuni tratti fondanti, illustrati tramite una ristretta selezione di opere. Rossi traccia i contorni e in un certo qual modo una presa di coscienza della concezione di città analoga nella descrizione della omonima tavola - opera collettiva ideata assieme a F. Reinhart, B. Rechlin E. Consolascio - realizzata per la Biennale di Venezia del 1976, «La definizione di città analoga è nata nella rilettura del mio libro L’architettura della città. Nella prefazione alla seconda edizione, scritta alcuni anni dopo, mi sembrava che descrizione e conoscenza dovevano dar luogo a uno stadio ulteriore; la capacità dell’immaginazione che nasceva dal concreto. In questo senso accentuavo il quadro del Canaletto dove, attraverso uno straordinario collage, si costruisce una Venezia immaginaria impiantata su quella vera. E la costruzione avviene mediante progetti e cose, inventate o reali, citate e messe insieme, proponendo un’alternativa al reale. A mio giudizio questo quadro ha un significato storico-politico importante; ed è un significato progressivo.» (“Lotus International”, n. 13, 1976, p. 6). L’architettura della città esistente, ma e soprattutto quella immaginata, viene quindi vista come fattore propulsivo in quanto espressione collettiva di una comunità che in essa vi si riconosce e si modifica. Dai primi studi in cui il rapporto tipo e morfologia (progetto per il quartiere di San Rocco a Monza, insediamento del Galaratese) definiscono una precisa città dei vivi, alla città dei morti (Cimitero di Modena) in cui fissità e reiterazione ne astraggono il significato, per finire con le realizzazioni berlinesi in cui l’isolato diventa il termine di paragone e palinsesto della complessità urbana. Il Teatro del Mondo, nel suo apparire e viaggiare per il mondo - Venezia, Dubrovnik e Genova - nonché scomparire, proprio perché architettura effimera, è forse l’emblema ed evidenza formale della ricerca di Rossi nel pensare, disegnare e progettare architetture per uno e nessun luogo, per quel tempo e per tutti i tempi. Il procedimento analogico diventa quindi evidente con il TdM e reso esplicito in quanto pensiero costruito. Nel suo errare o vagabondare, riesce sempre a instaurare nei luoghi in cui si ferma uno stretto legame con essi e a dare vita a inediti paesaggi.
F.S. Fera (2022). Il Teatro del Mondo e la città analoga di Aldo Rossi. Parma : Festival Architettura Edizioni.
Il Teatro del Mondo e la città analoga di Aldo Rossi
F. S. Fera
2022
Abstract
I temi che caratterizzano la teoria sulla città di Aldo Rossi e che ne informano tutta la sua produzione architettonica sia teorica, sia progettuale sono legati a pensieri attorno a una riflessione metodologica delle questioni disciplinari che attraversano in modo predominante molte delle teorie del secondo novecento. Questi riportano al centro del dibattito il tema della storia, della memoria, dell’identità e del fare progressivo dell’architettura a partire dall’osservazione logica della realtà che la genera. Dell’intuizione della città analoga, che attraverserà in modo più o meno predominante tutta la sua produzione architettonica, si sono delineati alcuni tratti fondanti, illustrati tramite una ristretta selezione di opere. Rossi traccia i contorni e in un certo qual modo una presa di coscienza della concezione di città analoga nella descrizione della omonima tavola - opera collettiva ideata assieme a F. Reinhart, B. Rechlin E. Consolascio - realizzata per la Biennale di Venezia del 1976, «La definizione di città analoga è nata nella rilettura del mio libro L’architettura della città. Nella prefazione alla seconda edizione, scritta alcuni anni dopo, mi sembrava che descrizione e conoscenza dovevano dar luogo a uno stadio ulteriore; la capacità dell’immaginazione che nasceva dal concreto. In questo senso accentuavo il quadro del Canaletto dove, attraverso uno straordinario collage, si costruisce una Venezia immaginaria impiantata su quella vera. E la costruzione avviene mediante progetti e cose, inventate o reali, citate e messe insieme, proponendo un’alternativa al reale. A mio giudizio questo quadro ha un significato storico-politico importante; ed è un significato progressivo.» (“Lotus International”, n. 13, 1976, p. 6). L’architettura della città esistente, ma e soprattutto quella immaginata, viene quindi vista come fattore propulsivo in quanto espressione collettiva di una comunità che in essa vi si riconosce e si modifica. Dai primi studi in cui il rapporto tipo e morfologia (progetto per il quartiere di San Rocco a Monza, insediamento del Galaratese) definiscono una precisa città dei vivi, alla città dei morti (Cimitero di Modena) in cui fissità e reiterazione ne astraggono il significato, per finire con le realizzazioni berlinesi in cui l’isolato diventa il termine di paragone e palinsesto della complessità urbana. Il Teatro del Mondo, nel suo apparire e viaggiare per il mondo - Venezia, Dubrovnik e Genova - nonché scomparire, proprio perché architettura effimera, è forse l’emblema ed evidenza formale della ricerca di Rossi nel pensare, disegnare e progettare architetture per uno e nessun luogo, per quel tempo e per tutti i tempi. Il procedimento analogico diventa quindi evidente con il TdM e reso esplicito in quanto pensiero costruito. Nel suo errare o vagabondare, riesce sempre a instaurare nei luoghi in cui si ferma uno stretto legame con essi e a dare vita a inediti paesaggi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.