Nel subcontinente indiano la necessità di raccogliere e contenere l’acqua ha condotto alla realizzazione di manufatti in grado di rispondere a queste esigenze esercitando, al tempo stesso, un ruolo centrale anche in relazione alla fondazione di numerose città e villaggi. Gli edifici costruiti a questo scopo non sono tuttavia definibili come semplici “macchine”, la necessità di soddisfare degli aspetti tecnici, pur presente, è infatti accompagnata dalla ricerca di una spazialità che non si esaurisce di certo nella volontà di rispondere ad un presupposto di tipo funzionale ma rivela profondi legami con il valore spirituale riconosciuto all’acqua e con i rituali e le pratiche ad esso legati. Alimentando l’importanza dei luoghi in cui si collocano, spesso legati ad un’origine mitologica, e perpetuando immaginari simbolici appartenenti a culture millenarie, questi edifici realizzati tra il VI e il XX secolo, purtroppo in gran parte abbandonati, rappresentano la cristallizzazione di veri e propri modelli architettonici e costituiscono al tempo stesso un patrimonio architettonico tanto vasto quanto singolare. Distribuiti nella gran parte del territorio, anche se concentrati prevalentemente nelle regioni più aride del paese, cisterne e pozzi esibiscono strutture formali determinate da matrici compositive analoghe. Dal punto di vista tipologico il baoli (pozzo a gradini), il kund (pozzo a gradini/cisterna) e il tank (cisterna) rappresentano gli organismi primari di un sistema eterogeneo che accomuna tutti gli edifici destinati alla raccolta dell’acqua. Considerate la vastità del tema e le innumerevoli declinazioni spaziali e formali assunte dai pozzi e dalle cisterne, in questa sede l’attenzione si concentra sull’individuazione delle relazioni di reciproca appartenenza che stabiliscono una corrispondenza particolare tra tipo e luogo. La prima parte del volume, dedicata alla messa a fuoco dei principali temi legati alle architetture per l’acqua in India, è seguita dallo studio di ventidue casi ritenuti utili per la verifica delle ipotesi della ricerca. In questa sezione si cerca perciò di mettere in luce le prerogative fisiche, geografiche e topografiche dei siti esaminati ma anche i caratteri fondativi delle architetture individuate. L’ultima parte del volume è dedicata invece all’individuazione di una serie di itinerari che intendono restituire, seppur parzialmente, la vastità di un patrimonio di architetture legate all’acqua, ricco e diversificato, che necessita e merita indubbiamente di essere maggiormente conosciuto, salvaguardato e valorizzato. Senza tralasciare le ragioni di ordine culturale che conferiscono all’acqua un’origine sacra ma anche il potere di rappresentare simbolicamente la proiezione riflessa dell’universo e le forze cosmologiche che relazionano il cielo e la terra, il lavoro di ricerca qui presentato si sviluppa cercando di trovare una risposta ad una serie di interrogativi: le architetture per l’acqua, oggi in gran parte abbandonate, continuano ad accertare l’immagine identitaria dei luoghi e delle comunità insediate? Ossia, queste strutture ipogee, originariamente progettate per rispondere ad esigenze di natura funzionale, ma pensate anche per esercitare un ruolo politico e simbolico sul territorio, avvalorano ancora l’importanza del luogo in cui sorgono? E ancora, esiste un principio di armonia tra le specifiche configurazioni tipologiche - il baoli, il kund e il tank - e la forma pura, di matrice organica o razionale, diretta alla celebrazione del “vuoto creativo” da cui tutto ha origine?
S. Rossl (2022). India. Water Architecture. Topos. Siracusa : LetteraVentidue.
India. Water Architecture. Topos
S. Rossl
2022
Abstract
Nel subcontinente indiano la necessità di raccogliere e contenere l’acqua ha condotto alla realizzazione di manufatti in grado di rispondere a queste esigenze esercitando, al tempo stesso, un ruolo centrale anche in relazione alla fondazione di numerose città e villaggi. Gli edifici costruiti a questo scopo non sono tuttavia definibili come semplici “macchine”, la necessità di soddisfare degli aspetti tecnici, pur presente, è infatti accompagnata dalla ricerca di una spazialità che non si esaurisce di certo nella volontà di rispondere ad un presupposto di tipo funzionale ma rivela profondi legami con il valore spirituale riconosciuto all’acqua e con i rituali e le pratiche ad esso legati. Alimentando l’importanza dei luoghi in cui si collocano, spesso legati ad un’origine mitologica, e perpetuando immaginari simbolici appartenenti a culture millenarie, questi edifici realizzati tra il VI e il XX secolo, purtroppo in gran parte abbandonati, rappresentano la cristallizzazione di veri e propri modelli architettonici e costituiscono al tempo stesso un patrimonio architettonico tanto vasto quanto singolare. Distribuiti nella gran parte del territorio, anche se concentrati prevalentemente nelle regioni più aride del paese, cisterne e pozzi esibiscono strutture formali determinate da matrici compositive analoghe. Dal punto di vista tipologico il baoli (pozzo a gradini), il kund (pozzo a gradini/cisterna) e il tank (cisterna) rappresentano gli organismi primari di un sistema eterogeneo che accomuna tutti gli edifici destinati alla raccolta dell’acqua. Considerate la vastità del tema e le innumerevoli declinazioni spaziali e formali assunte dai pozzi e dalle cisterne, in questa sede l’attenzione si concentra sull’individuazione delle relazioni di reciproca appartenenza che stabiliscono una corrispondenza particolare tra tipo e luogo. La prima parte del volume, dedicata alla messa a fuoco dei principali temi legati alle architetture per l’acqua in India, è seguita dallo studio di ventidue casi ritenuti utili per la verifica delle ipotesi della ricerca. In questa sezione si cerca perciò di mettere in luce le prerogative fisiche, geografiche e topografiche dei siti esaminati ma anche i caratteri fondativi delle architetture individuate. L’ultima parte del volume è dedicata invece all’individuazione di una serie di itinerari che intendono restituire, seppur parzialmente, la vastità di un patrimonio di architetture legate all’acqua, ricco e diversificato, che necessita e merita indubbiamente di essere maggiormente conosciuto, salvaguardato e valorizzato. Senza tralasciare le ragioni di ordine culturale che conferiscono all’acqua un’origine sacra ma anche il potere di rappresentare simbolicamente la proiezione riflessa dell’universo e le forze cosmologiche che relazionano il cielo e la terra, il lavoro di ricerca qui presentato si sviluppa cercando di trovare una risposta ad una serie di interrogativi: le architetture per l’acqua, oggi in gran parte abbandonate, continuano ad accertare l’immagine identitaria dei luoghi e delle comunità insediate? Ossia, queste strutture ipogee, originariamente progettate per rispondere ad esigenze di natura funzionale, ma pensate anche per esercitare un ruolo politico e simbolico sul territorio, avvalorano ancora l’importanza del luogo in cui sorgono? E ancora, esiste un principio di armonia tra le specifiche configurazioni tipologiche - il baoli, il kund e il tank - e la forma pura, di matrice organica o razionale, diretta alla celebrazione del “vuoto creativo” da cui tutto ha origine?File | Dimensione | Formato | |
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