Il quadro normativo dedicato alla circolazione delle merci dell’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra Unione europea e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (ASCC) si caratterizza per la scelta di una disciplina marcatamente ispirata al modello del sistema dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) . Detto modello, però, viene superato dall’ASCC, che realizza un assetto simile agli accordi di libero scambio di nuova generazione dell’Unione europea. L’approccio alla circolazione delle merci è, quindi, “WTO-Plus” , per realizzare una zona di libero scambio che si inserisce in un avanzato partenariato economico, caratterizzato da politiche di sostenibilità volte “a mantenere elevali livelli … di protezione nei settori del lavoro e degli standard sociali, dell’ambiente, della lotta ai cambiamenti climatici e della fiscalità” , come pure dall’impegno a garantire una concorrenza aperta e leale, la connettività transfrontaliera, ed anche una energia sostenibile, rinnovabile e impiegata in modo efficiente . L’ASCC non rappresenta, però, un miglioramento del quadro giuridico delle relazioni, anche economiche, esistente tra le parti contraenti prima della sua conclusione. Infatti, per la prima volta nella storia delle relazioni esterne dell’Unione europea, un accordo di liberalizzazione degli scambi è stato utilizzato per ridurre il livello di integrazione economica e, più in generale, di reciproca apertura tra l’Unione ed il paese partner: l’ASCC, adottando la formula dell’area di libero scambio, “associa” alla UE un Paese, la Gran Bretagna, che, prima dell’Accordo qui oggetto di analisi, era, invece, uno Stato membro a pieno titolo dell’Unione, dunque del mercato interno, delle politiche unionali, più in generale del processo di integrazione europea. Tale esito è l’inevitabile approdo cui hanno condotto le posizioni negoziali molto rigide di Londra, che escludevano la giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea dai meccanismi di applicazione del futuro Accordo, si prefiggevano di interrompere la libera circolazione delle persone, e, infine, intendevano consentire il pieno controllo normativo del Regno Unito sulle discipline regolamentari e tecniche, sulla politica di concorrenza e delle sovvenzioni pubbliche, e sulla protezione sociale e dell’ambiente. L’approccio britannico ha comportato l’impossibilità di adottare il modello norvegese (Norway Model), creato dall’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) che integra pienamente Norvegia, Islanda e Liechtenstein nel mercato interno dell’Unione , richiedendo, però, ai tre Paesi dell’Associazione europea di libero scambio di adottare automaticamente la nuova legislazione mano a mano approvata dall’Unione. Parimenti, anche la soluzione dell’unione doganale non è stata percorribile, poiché la Turkey Solution -espressione che deriva dalla consolidata unione doganale tra la UE e la Turchia- implicava che il Regno Unito rinunciasse alla sua politica commerciale con i Paesi terzi, laddove Londra, al contrario, voleva, con la Brexit, riconquistare piena autonomia riguardo al trattamento da riservare ai Paesi terzi, anche attraverso la conclusione degli accordi sulla liberalizzazione degli scambi e la tutela degli investimenti . Nel prosieguo del presente lavoro, dopo aver tratteggiato il quadro del coordinamento con il sistema multilaterale e l’integrazione del diritto OMC nell’ASCC, considerando anche le clausole sulle eccezioni agli obblighi di liberalizzazione, verranno illustrate l’intesa “zero tariffe – zero quote” insieme alle regole di origine, per poi passare al principio del trattamento nazionale e alla disciplina sulle misure tecniche, sanitarie e fitosanitarie. Quindi, si proporranno alcune prime conclusioni sul regime di circolazione delle merci definito dall’ASCC.

La circolazione delle merci

Elisa Baroncini
2022

Abstract

Il quadro normativo dedicato alla circolazione delle merci dell’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra Unione europea e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (ASCC) si caratterizza per la scelta di una disciplina marcatamente ispirata al modello del sistema dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) . Detto modello, però, viene superato dall’ASCC, che realizza un assetto simile agli accordi di libero scambio di nuova generazione dell’Unione europea. L’approccio alla circolazione delle merci è, quindi, “WTO-Plus” , per realizzare una zona di libero scambio che si inserisce in un avanzato partenariato economico, caratterizzato da politiche di sostenibilità volte “a mantenere elevali livelli … di protezione nei settori del lavoro e degli standard sociali, dell’ambiente, della lotta ai cambiamenti climatici e della fiscalità” , come pure dall’impegno a garantire una concorrenza aperta e leale, la connettività transfrontaliera, ed anche una energia sostenibile, rinnovabile e impiegata in modo efficiente . L’ASCC non rappresenta, però, un miglioramento del quadro giuridico delle relazioni, anche economiche, esistente tra le parti contraenti prima della sua conclusione. Infatti, per la prima volta nella storia delle relazioni esterne dell’Unione europea, un accordo di liberalizzazione degli scambi è stato utilizzato per ridurre il livello di integrazione economica e, più in generale, di reciproca apertura tra l’Unione ed il paese partner: l’ASCC, adottando la formula dell’area di libero scambio, “associa” alla UE un Paese, la Gran Bretagna, che, prima dell’Accordo qui oggetto di analisi, era, invece, uno Stato membro a pieno titolo dell’Unione, dunque del mercato interno, delle politiche unionali, più in generale del processo di integrazione europea. Tale esito è l’inevitabile approdo cui hanno condotto le posizioni negoziali molto rigide di Londra, che escludevano la giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea dai meccanismi di applicazione del futuro Accordo, si prefiggevano di interrompere la libera circolazione delle persone, e, infine, intendevano consentire il pieno controllo normativo del Regno Unito sulle discipline regolamentari e tecniche, sulla politica di concorrenza e delle sovvenzioni pubbliche, e sulla protezione sociale e dell’ambiente. L’approccio britannico ha comportato l’impossibilità di adottare il modello norvegese (Norway Model), creato dall’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) che integra pienamente Norvegia, Islanda e Liechtenstein nel mercato interno dell’Unione , richiedendo, però, ai tre Paesi dell’Associazione europea di libero scambio di adottare automaticamente la nuova legislazione mano a mano approvata dall’Unione. Parimenti, anche la soluzione dell’unione doganale non è stata percorribile, poiché la Turkey Solution -espressione che deriva dalla consolidata unione doganale tra la UE e la Turchia- implicava che il Regno Unito rinunciasse alla sua politica commerciale con i Paesi terzi, laddove Londra, al contrario, voleva, con la Brexit, riconquistare piena autonomia riguardo al trattamento da riservare ai Paesi terzi, anche attraverso la conclusione degli accordi sulla liberalizzazione degli scambi e la tutela degli investimenti . Nel prosieguo del presente lavoro, dopo aver tratteggiato il quadro del coordinamento con il sistema multilaterale e l’integrazione del diritto OMC nell’ASCC, considerando anche le clausole sulle eccezioni agli obblighi di liberalizzazione, verranno illustrate l’intesa “zero tariffe – zero quote” insieme alle regole di origine, per poi passare al principio del trattamento nazionale e alla disciplina sulle misure tecniche, sanitarie e fitosanitarie. Quindi, si proporranno alcune prime conclusioni sul regime di circolazione delle merci definito dall’ASCC.
2022
L’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra Unione europea e Regno Unito
69
85
Elisa Baroncini
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/890306
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