La pandemia da Covid-19 ha dissestato la già fragile quotidianità dei malati di Fibrosi Idiopatica Polmonare (IPF). Malattia “rara” ma con un’elevata frequenza - circa 3 milioni di persone nel mondo, tra 80mila e 111mila in Europa e circa 12mila in Italia (EU-IPFF, 2021). Nel periodo emergenziale di riferimento, da ciò che emerge da interviste esplorative e una survey online in corso di somministrazione - avere una diagnosi di IPF ha significato non solo collocarsi tra i soggetti a maggiore rischio ma anche dover fare a meno degli pneumologi, i clinici di riferimento impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19. Questi pazienti, che già sperimentano ostacoli significativi, si sono trovati a resistere - sia nelle fasi di emergenza acuta che in quelle più moderate, - alla rapida riconversione dell’attività assistenziale e ospedaliera, alla sospensione di procedure e visite non urgenti ma anche ad una stasi della ricerca e dei trial clinici. Nonostante l’attivazione di alcuni servizi quali la consegna dei farmaci a domicilio, le misure di sanità pubblica, completamente orientate al non diffondersi del virus, hanno determinato un’esperienza negativa per quei casi, come questo, non eclatanti ma altamente critici (Osborn, 2003). Purtroppo, però, questa malattia, cronico-degenerativa e irreversibile, è talmente complessa da non potersi permettere il lusso di essere messa in pausa. Vivere con l’IPF durante il Covid-19 ha significato «molto di più che provare disagio fisico, riconoscere i sintomi e aver bisogno di cure» (Charmaz, 2000:277). Le misure di confinamento domiciliare e le restrizioni hanno, infatti, determinato una lenta e inesorabile esacerbazione nelle condizioni di salute dei pazienti aggravando la cicatrizzazione del tessuto polmonare, in una continua “fame d’aria” (dispnea) che, in alcuni casi, ha condotto alla morte. I caregiver, si sono fatti, ancor più carico della gestione imprevedibile della malattia non potendo sempre contare sull’appoggio e sulla lucidità dei medici. La valutazione dell’esperienza di malattia, pertanto, attraverso la qualità della vita attesa e percepita (Strauss et al., 1975) si è espressa soprattutto attraverso sentimenti di paura, ansia, rabbia, preoccupazione. A tal proposito, le Associazioni di pazienti hanno incarnato delle fondamentali biosocialità (Rabinow, 1996) impegnate nel superamento dell’autoreferenzialità della burocrazia istituzionale sanitaria (Giarelli et. al., 2020) e nell’ordinare il disordine informativo e mediatico. In questo senso, esse hanno creato nuove opportunità per vivere la malattia anche nell’ambiente digitale re-immaginando nuove traiettorie della fibrosi polmonare idiopatica e intensificando ancor più i legami tra chi ha offerto una lay expertise e chi l’ha ricevuta (Mol, 2008). Pertanto questo contributo mira ad indagare le vulnerabilità dei malati di IPF durante il Covid-19 dando voce in primo luogo a pazienti, caregiver ed associazioni di pazienti focalizzandoci, come scelta metodologica, sul vissuto di illness nella gestione di una doppia rottura sia biografica che sociografica.

Fibrosi polmonare idiopatica: le cicatrici invisibili dei «guerrieri stanchi» durante la pandemia / Plava A.. - ELETTRONICO. - (2022), pp. 134-154.

Fibrosi polmonare idiopatica: le cicatrici invisibili dei «guerrieri stanchi» durante la pandemia

Plava A.
2022

Abstract

La pandemia da Covid-19 ha dissestato la già fragile quotidianità dei malati di Fibrosi Idiopatica Polmonare (IPF). Malattia “rara” ma con un’elevata frequenza - circa 3 milioni di persone nel mondo, tra 80mila e 111mila in Europa e circa 12mila in Italia (EU-IPFF, 2021). Nel periodo emergenziale di riferimento, da ciò che emerge da interviste esplorative e una survey online in corso di somministrazione - avere una diagnosi di IPF ha significato non solo collocarsi tra i soggetti a maggiore rischio ma anche dover fare a meno degli pneumologi, i clinici di riferimento impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19. Questi pazienti, che già sperimentano ostacoli significativi, si sono trovati a resistere - sia nelle fasi di emergenza acuta che in quelle più moderate, - alla rapida riconversione dell’attività assistenziale e ospedaliera, alla sospensione di procedure e visite non urgenti ma anche ad una stasi della ricerca e dei trial clinici. Nonostante l’attivazione di alcuni servizi quali la consegna dei farmaci a domicilio, le misure di sanità pubblica, completamente orientate al non diffondersi del virus, hanno determinato un’esperienza negativa per quei casi, come questo, non eclatanti ma altamente critici (Osborn, 2003). Purtroppo, però, questa malattia, cronico-degenerativa e irreversibile, è talmente complessa da non potersi permettere il lusso di essere messa in pausa. Vivere con l’IPF durante il Covid-19 ha significato «molto di più che provare disagio fisico, riconoscere i sintomi e aver bisogno di cure» (Charmaz, 2000:277). Le misure di confinamento domiciliare e le restrizioni hanno, infatti, determinato una lenta e inesorabile esacerbazione nelle condizioni di salute dei pazienti aggravando la cicatrizzazione del tessuto polmonare, in una continua “fame d’aria” (dispnea) che, in alcuni casi, ha condotto alla morte. I caregiver, si sono fatti, ancor più carico della gestione imprevedibile della malattia non potendo sempre contare sull’appoggio e sulla lucidità dei medici. La valutazione dell’esperienza di malattia, pertanto, attraverso la qualità della vita attesa e percepita (Strauss et al., 1975) si è espressa soprattutto attraverso sentimenti di paura, ansia, rabbia, preoccupazione. A tal proposito, le Associazioni di pazienti hanno incarnato delle fondamentali biosocialità (Rabinow, 1996) impegnate nel superamento dell’autoreferenzialità della burocrazia istituzionale sanitaria (Giarelli et. al., 2020) e nell’ordinare il disordine informativo e mediatico. In questo senso, esse hanno creato nuove opportunità per vivere la malattia anche nell’ambiente digitale re-immaginando nuove traiettorie della fibrosi polmonare idiopatica e intensificando ancor più i legami tra chi ha offerto una lay expertise e chi l’ha ricevuta (Mol, 2008). Pertanto questo contributo mira ad indagare le vulnerabilità dei malati di IPF durante il Covid-19 dando voce in primo luogo a pazienti, caregiver ed associazioni di pazienti focalizzandoci, come scelta metodologica, sul vissuto di illness nella gestione di una doppia rottura sia biografica che sociografica.
2022
Malati sospesi. I pazienti cronici nell’era Covid
134
154
Fibrosi polmonare idiopatica: le cicatrici invisibili dei «guerrieri stanchi» durante la pandemia / Plava A.. - ELETTRONICO. - (2022), pp. 134-154.
Plava A.
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/889782
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact