Il digestato è il residuo della digestione anaerobica di biomasse vegetali e animali. Si tratta di un prodotto di composizione e consistenza variabili, prevalentemente fluido. Al pari dei liquami zootecnici, non rientra in nessuna delle categorie previste dalla norma che regola la disciplina dei fertilizzanti (D.Lgs. 217/96), il che non ne vincola la possibilità di collocazione attraverso spandimento. Il suo utilizzo è regolato da una complessa legislazione a livello nazionale e regionale, progressivamente apertasi alla possibilità di impiego agronomico. Le potenzialità agronomico-ambientali derivanti dall’uso del prodotto sono avvalorate da una serie di esperienze sperimentali effettuate in Italia e all’estero. Dal punto di vista agronomico, il digestato ha offerto performance in linea con le caratteristiche del refluo e con i dosaggi saggiati. Ciò è emerso da una rete di prove sperimentali e dimostrative attualmente in corso in Emilia-Romagna, che prevedono il confronto fra digestato e azoto minerale su diverse colture energetiche. Anche all’estero il prodotto si è dimostrato analogo negli effetti fertilizzanti ai liquami, con i vantaggi conseguenti alla produzione di energia, all’eliminazione di odori, ecc.. Dal punto di vista ambientale, ci si è focalizzati sulle emissioni in atmosfera di ammoniaca (NH3), sostanza corresponsabile dei fenomeni di acidificazione ed eutrofizzazione, e sul rilascio di protossido d’azoto (N2O) e metano (CH4), due potenti gas a “effetto serra”. In base alla bibliografia, la somministrazione del digestato aumenta le perdite per volatilizzazione di ammoniaca rispetto ai liquami pre-digestione, mentre contiene l’emissione di N2O dal terreno. Poche sono, invece, le notizie riguardanti le perdite di metano in atmosfera, che sembrano comunque più legate alla fase di stoccaggio che di utilizzo agronomico. L’effetto della digestione dei residui colturali in alternativa al loro interramento si è tradotto anche in una riduzione del contenuto di azoto nitrico del terreno, da cui deriva un più ridotto rischio di lisciviazione, che rappresenta un beneficio aggiuntivo. Prove in corso da parte di chi scrive testimoniano che, con un tempestivo interramento superficiale, anche la volatilizzazione dell’ammoniaca può essere contenuta a pochi punti percentuali. In conclusione, l’effluente della digestione anaerobica possiede un potere nutritivo non inferiore alle matrici di origine. Il prodotto si presta, inoltre, ad azioni migliorative, come la separazione solido/liquido e l’eventuale compostaggio della prima frazione. A ciò si aggiunge che l’attuale normativa permette un interessante distinguo per l’utilizzo in zone vulnerabili ai nitrati: il limite di 170 kg/ha di N distribuito vale, infatti, solo per la frazione dell’azoto di origine zootecnica, consentendo per la frazione di origine vegetale un dosaggio meno restrittivo.
Lorenzo Barbanti, Simone Capponi (2010). Applicazioni agronomiche del digestato. VERONA : Edizioni L'Informatore Agrario S.p.A..
Applicazioni agronomiche del digestato
BARBANTI, LORENZO;CAPPONI, SIMONE
2010
Abstract
Il digestato è il residuo della digestione anaerobica di biomasse vegetali e animali. Si tratta di un prodotto di composizione e consistenza variabili, prevalentemente fluido. Al pari dei liquami zootecnici, non rientra in nessuna delle categorie previste dalla norma che regola la disciplina dei fertilizzanti (D.Lgs. 217/96), il che non ne vincola la possibilità di collocazione attraverso spandimento. Il suo utilizzo è regolato da una complessa legislazione a livello nazionale e regionale, progressivamente apertasi alla possibilità di impiego agronomico. Le potenzialità agronomico-ambientali derivanti dall’uso del prodotto sono avvalorate da una serie di esperienze sperimentali effettuate in Italia e all’estero. Dal punto di vista agronomico, il digestato ha offerto performance in linea con le caratteristiche del refluo e con i dosaggi saggiati. Ciò è emerso da una rete di prove sperimentali e dimostrative attualmente in corso in Emilia-Romagna, che prevedono il confronto fra digestato e azoto minerale su diverse colture energetiche. Anche all’estero il prodotto si è dimostrato analogo negli effetti fertilizzanti ai liquami, con i vantaggi conseguenti alla produzione di energia, all’eliminazione di odori, ecc.. Dal punto di vista ambientale, ci si è focalizzati sulle emissioni in atmosfera di ammoniaca (NH3), sostanza corresponsabile dei fenomeni di acidificazione ed eutrofizzazione, e sul rilascio di protossido d’azoto (N2O) e metano (CH4), due potenti gas a “effetto serra”. In base alla bibliografia, la somministrazione del digestato aumenta le perdite per volatilizzazione di ammoniaca rispetto ai liquami pre-digestione, mentre contiene l’emissione di N2O dal terreno. Poche sono, invece, le notizie riguardanti le perdite di metano in atmosfera, che sembrano comunque più legate alla fase di stoccaggio che di utilizzo agronomico. L’effetto della digestione dei residui colturali in alternativa al loro interramento si è tradotto anche in una riduzione del contenuto di azoto nitrico del terreno, da cui deriva un più ridotto rischio di lisciviazione, che rappresenta un beneficio aggiuntivo. Prove in corso da parte di chi scrive testimoniano che, con un tempestivo interramento superficiale, anche la volatilizzazione dell’ammoniaca può essere contenuta a pochi punti percentuali. In conclusione, l’effluente della digestione anaerobica possiede un potere nutritivo non inferiore alle matrici di origine. Il prodotto si presta, inoltre, ad azioni migliorative, come la separazione solido/liquido e l’eventuale compostaggio della prima frazione. A ciò si aggiunge che l’attuale normativa permette un interessante distinguo per l’utilizzo in zone vulnerabili ai nitrati: il limite di 170 kg/ha di N distribuito vale, infatti, solo per la frazione dell’azoto di origine zootecnica, consentendo per la frazione di origine vegetale un dosaggio meno restrittivo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.