Come è ben noto, per Rorty lo svanire di fondamenti fissi non va rimpianto ma vissuto come un momento di vittoria e di presa di potere. Questo entra ovviamente in chiaro contrasto col clima intellettuale dell’inizio del ’900, in cui dominava il pensiero tragico, e pertanto la perdita di un possibile Grund veniva appunto percepito in termini di spaesamento. In fin dei conti, per Rorty l’uomo e la donna non devono più modellarsi guardando un oltre a loro stessi, ma devono giustificarsi solo di fronte alla comunità umana, in un contesto in cui la questione su ciò che è l’umano non ha una risposta fissa, ma dipende sempre dalle nostre definizioni. L’illuminismo secondo Rorty ci ha liberati dal dominio di Dio ed ora noi dobbiamo liberarci dal concetto assolutistico di Verità che per Rorty ha sostituito Dio nella narrazione scientistica dell’illuminismo. Emancipandoci anche da questo concetto forte di Verità, e cioè dal dominio culturale di una certa descrizione dell’attività scientifica , secondo Rorty finalmente non dovremo più chinarci di fronte a nessuno al di fuori di noi stessi. Questa sua posizione, incentrata esclusivamente sull’autodefinizione dell’umano (e il cui scopo era antiautoritario ed emancipatorio), oggi a 15 anni dalla morte di Rorty può creare nuovi problemi. Si tratta perciò, a mio avviso, di storicizzare la posizione di Rorty, di vederla come una risposta a uno specifico contesto in uno specifico momento storico, e di trovare poi le risposte giuste al nostro momento storico – anche usando i mezzi messi a disposizione da Rorty. In particolare, seguendo lo spirito del conceptual engineering nella versione adottata da Sally Haslanger , credo che bisognerebbe cambiare approccio e prospettiva e sostituire domande descrittive con domande prescrittive. Invece di chiedere: «Cos’è l’umano?» o «come ci si sente a essere umani e umane?», potremmo chiedere: «Cosa vogliamo che il concetto di “umanità” faccia per noi?», oppure: «Come dobbiamo descrivere l’umano per far sì che tale concetto ci permetta di seguire i nostri scopi?» , passando così da domande metafisiche a domande che rispondono a un criterio di utilità per le nostre più svariate prassi. Questo passaggio metodologico, a mio avviso, è in piena coerenza con l’approccio rortiano, e permette perciò di oltrepassare Rorty con Rorty

“Humanity” – un concetto ancora utile? E a quali fini? Qualche meta-considerazione con Richard Rorty e Sally Haslanger

Huetter-Almerigi
2022

Abstract

Come è ben noto, per Rorty lo svanire di fondamenti fissi non va rimpianto ma vissuto come un momento di vittoria e di presa di potere. Questo entra ovviamente in chiaro contrasto col clima intellettuale dell’inizio del ’900, in cui dominava il pensiero tragico, e pertanto la perdita di un possibile Grund veniva appunto percepito in termini di spaesamento. In fin dei conti, per Rorty l’uomo e la donna non devono più modellarsi guardando un oltre a loro stessi, ma devono giustificarsi solo di fronte alla comunità umana, in un contesto in cui la questione su ciò che è l’umano non ha una risposta fissa, ma dipende sempre dalle nostre definizioni. L’illuminismo secondo Rorty ci ha liberati dal dominio di Dio ed ora noi dobbiamo liberarci dal concetto assolutistico di Verità che per Rorty ha sostituito Dio nella narrazione scientistica dell’illuminismo. Emancipandoci anche da questo concetto forte di Verità, e cioè dal dominio culturale di una certa descrizione dell’attività scientifica , secondo Rorty finalmente non dovremo più chinarci di fronte a nessuno al di fuori di noi stessi. Questa sua posizione, incentrata esclusivamente sull’autodefinizione dell’umano (e il cui scopo era antiautoritario ed emancipatorio), oggi a 15 anni dalla morte di Rorty può creare nuovi problemi. Si tratta perciò, a mio avviso, di storicizzare la posizione di Rorty, di vederla come una risposta a uno specifico contesto in uno specifico momento storico, e di trovare poi le risposte giuste al nostro momento storico – anche usando i mezzi messi a disposizione da Rorty. In particolare, seguendo lo spirito del conceptual engineering nella versione adottata da Sally Haslanger , credo che bisognerebbe cambiare approccio e prospettiva e sostituire domande descrittive con domande prescrittive. Invece di chiedere: «Cos’è l’umano?» o «come ci si sente a essere umani e umane?», potremmo chiedere: «Cosa vogliamo che il concetto di “umanità” faccia per noi?», oppure: «Come dobbiamo descrivere l’umano per far sì che tale concetto ci permetta di seguire i nostri scopi?» , passando così da domande metafisiche a domande che rispondono a un criterio di utilità per le nostre più svariate prassi. Questo passaggio metodologico, a mio avviso, è in piena coerenza con l’approccio rortiano, e permette perciò di oltrepassare Rorty con Rorty
2022
Humanity. Tra paradigmi perduti e nuove traiettorie. Volume II
147
162
Huetter-Almerigi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/881102
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