Ispirandosi al modello fondamentale del cardinale Gabriele Paleotti il suo successore alla guida dalla Chiesa bolognese Prospero Lambertini, destinato a divenire pontefice con il nome di Benedetto XIV, si prodigò per il riassetto e l’abbellimento della capitolare di San Pietro secondo criteri severamente volti alla propaganda videi attraverso l’immagine, commissionando ad artisti di grande talento quale Donato Creti solenni pale d’altare il cui credo consapevole era quello di ammaestrare, attraverso l’esempio dei santi, il fedele, in un’epoca di difficile trapasso tra l’adesione al cattolicesimo d’antica tradizione, la laicità dei molti e l’avversione alla religiosità dei padri della nouvelle philosophie. Da questa esperienza discese la consapevolezza della necessità del suo intervento sul farsi dell’arte, non solo nelle scelte per i restauri e nelle commissioni di dipinti che fece nei diciotto anni del suo pontificato, soprattutto in occasione del Giubileo del 1750, ma anche in ciò che poteva essere fatto per l’incamminamento dei giovani alla pittura, operando di conseguenza per il ristabilimento dell’arte sui più solidi schemi della cultura classicista.
Donatella Biagi (2022). Prospero Lambertini a Bologna: prove di committenza. Roma : Edizioni di storia e letteratura.
Prospero Lambertini a Bologna: prove di committenza
Donatella Biagi
2022
Abstract
Ispirandosi al modello fondamentale del cardinale Gabriele Paleotti il suo successore alla guida dalla Chiesa bolognese Prospero Lambertini, destinato a divenire pontefice con il nome di Benedetto XIV, si prodigò per il riassetto e l’abbellimento della capitolare di San Pietro secondo criteri severamente volti alla propaganda videi attraverso l’immagine, commissionando ad artisti di grande talento quale Donato Creti solenni pale d’altare il cui credo consapevole era quello di ammaestrare, attraverso l’esempio dei santi, il fedele, in un’epoca di difficile trapasso tra l’adesione al cattolicesimo d’antica tradizione, la laicità dei molti e l’avversione alla religiosità dei padri della nouvelle philosophie. Da questa esperienza discese la consapevolezza della necessità del suo intervento sul farsi dell’arte, non solo nelle scelte per i restauri e nelle commissioni di dipinti che fece nei diciotto anni del suo pontificato, soprattutto in occasione del Giubileo del 1750, ma anche in ciò che poteva essere fatto per l’incamminamento dei giovani alla pittura, operando di conseguenza per il ristabilimento dell’arte sui più solidi schemi della cultura classicista.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.