Il termine “riconoscimento” evoca immediatamente la tesi, spesso contrapposta all’universalismo liberale , secondo cui l’appartenenza a una tradizione (forma di vita, cultura) influenza, plasma o determina più o meno completamente l’identità personale. Questa tesi ha implicazioni sia morali che politiche. Sul piano morale, essa ci impegna all’accettazione e al rispetto degli elementi di una tradizione che sono ritenuti centrali per l’identità dei suoi membri. Sul piano politico, essa richiede di rimuovere ciò che può costituire una minaccia per l’identità di particolari gruppi o individui “riconoscendo” (cioè promuovendo o almeno non ostacolando) gli elementi distintivi della loro tradizione. Il problema è che questi elementi possono risultare inaccettabili o non degni di rispetto dalla prospettiva della tradizione dominante, oppure il loro riconoscimento può avere conseguenze insostenibili sotto altri aspetti. Come ci comporteremo in questi casi? Quali sono i limiti alle richieste di riconoscimento di particolarità culturali? Queste domande non ammettono una risposta semplice e immediata. E tuttavia sembra chiaro che esse non possono essere eluse. Ciò significa che qualsiasi concezione del riconoscimento che aspiri a costituire la base per una politica del riconoscimento dovrà contenere dei criteri per confrontarsi con esse. In quanto segue, esaminerò due concezioni del riconoscimento. La prima concezione, che deriva dalla tradizione hegeliana, lega il riconoscimento all’identità ed entrambi a ciò che ha valore per una vita buona (una vita gratificante e degna di essere vissuta). La seconda, più in linea con i principi del liberalismo, mette in causa l’idea di giustizia sociale. Nel delineare queste concezioni e nel discutere i rispettivi pregi e difetti mi baserò interamente sulla presentazione e le influenti considerazioni svolte in proposito da Nancy Fraser . Come vedremo, queste portano a concludere che la seconda concezione è superiore alla prima sotto il profilo indicato. Essa sembra infatti fornire un criterio imparziale (eticamente neutro) per fissare limiti morali alla accettabilità delle richieste di riconoscimento. Esaminerò quindi questo criterio in applicazione a questioni di riconoscimento che coinvolgono pratiche religiose. Nella seconda parte di questo scritto svilupperò ulteriormente l’argomento esponendo alcune delle ragioni per cui ritengo che si dovrebbe andare in generale piuttosto cauti nel valutare il peso degli elementi identitari nelle rivendicazioni di riconoscimento. Questo mi porterà a discutere alcuni aggiustamenti all’idea di una politica del riconoscimento basata sull’identità (cioè basata su una concezione dell’identità come una categoria originaria che determina ciò che gli individui “realmente” sono). Infine, concluderò con alcune osservazioni sul concetto di “tradizioni” e con una vivida illustrazione di come le pratiche di una società multiculturale possono cambiare (e di fatto stanno cambiando), insieme alle nostre idee di appartenenza e identità, anche i nostri modi di vedere il mondo (e non solo il mondo sociale).

A. Artosi (2010). Identità, conflitto e riconoscimento. ROMA : Ediesse.

Identità, conflitto e riconoscimento

ARTOSI, ALBERTO
2010

Abstract

Il termine “riconoscimento” evoca immediatamente la tesi, spesso contrapposta all’universalismo liberale , secondo cui l’appartenenza a una tradizione (forma di vita, cultura) influenza, plasma o determina più o meno completamente l’identità personale. Questa tesi ha implicazioni sia morali che politiche. Sul piano morale, essa ci impegna all’accettazione e al rispetto degli elementi di una tradizione che sono ritenuti centrali per l’identità dei suoi membri. Sul piano politico, essa richiede di rimuovere ciò che può costituire una minaccia per l’identità di particolari gruppi o individui “riconoscendo” (cioè promuovendo o almeno non ostacolando) gli elementi distintivi della loro tradizione. Il problema è che questi elementi possono risultare inaccettabili o non degni di rispetto dalla prospettiva della tradizione dominante, oppure il loro riconoscimento può avere conseguenze insostenibili sotto altri aspetti. Come ci comporteremo in questi casi? Quali sono i limiti alle richieste di riconoscimento di particolarità culturali? Queste domande non ammettono una risposta semplice e immediata. E tuttavia sembra chiaro che esse non possono essere eluse. Ciò significa che qualsiasi concezione del riconoscimento che aspiri a costituire la base per una politica del riconoscimento dovrà contenere dei criteri per confrontarsi con esse. In quanto segue, esaminerò due concezioni del riconoscimento. La prima concezione, che deriva dalla tradizione hegeliana, lega il riconoscimento all’identità ed entrambi a ciò che ha valore per una vita buona (una vita gratificante e degna di essere vissuta). La seconda, più in linea con i principi del liberalismo, mette in causa l’idea di giustizia sociale. Nel delineare queste concezioni e nel discutere i rispettivi pregi e difetti mi baserò interamente sulla presentazione e le influenti considerazioni svolte in proposito da Nancy Fraser . Come vedremo, queste portano a concludere che la seconda concezione è superiore alla prima sotto il profilo indicato. Essa sembra infatti fornire un criterio imparziale (eticamente neutro) per fissare limiti morali alla accettabilità delle richieste di riconoscimento. Esaminerò quindi questo criterio in applicazione a questioni di riconoscimento che coinvolgono pratiche religiose. Nella seconda parte di questo scritto svilupperò ulteriormente l’argomento esponendo alcune delle ragioni per cui ritengo che si dovrebbe andare in generale piuttosto cauti nel valutare il peso degli elementi identitari nelle rivendicazioni di riconoscimento. Questo mi porterà a discutere alcuni aggiustamenti all’idea di una politica del riconoscimento basata sull’identità (cioè basata su una concezione dell’identità come una categoria originaria che determina ciò che gli individui “realmente” sono). Infine, concluderò con alcune osservazioni sul concetto di “tradizioni” e con una vivida illustrazione di come le pratiche di una società multiculturale possono cambiare (e di fatto stanno cambiando), insieme alle nostre idee di appartenenza e identità, anche i nostri modi di vedere il mondo (e non solo il mondo sociale).
2010
Simboli e pratiche religiose nell'Italia "multiculturale". Quale riconoscimento per i migranti?
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39
A. Artosi (2010). Identità, conflitto e riconoscimento. ROMA : Ediesse.
A. Artosi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/86088
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